Gianna è il mitico successo di Rino Gaetano del 1978. Ancora oggi la ricordiamo tutti a memoria, ma chi è veramente “Gianna”?
Gianna è di certo una delle canzoni più celebri e apprezzate di Rino Gaetano, nonché uno dei suoi brani più popolari. Presentata al Festival di Sanremo nel 1978, tre anni prima della morte del grande autore, ottenne un grande successo a livello di classifica e conquistò il pubblico di tutta Italia, tanto che ancora oggi tutti la ricordano a memoria.
La canzone sembra parlare di una certa Gianna, che è in realtà, come solito nella poetica di Gaetano, una metafora. Un’entità astratta che coincide, in questo caso, con il mondo della politica, sempre guardato dal cantante con scetticismo e spesso al centro della sua satira.
“Gianna, Gianna, Gianna sosteneva tesi e illusioni Gianna, Gianna, Gianna prometteva pareti e fiumi“
La politica, come sappiamo e in particolar modo negli anni ’70, è ed era ponderazioni e argomentazioni a non finire. Spesso castelli campati in aria, ancora più spesso promesse irrealizzabili pronunciate per accattivarsi le simpatie di un elettorato mai pago. Insomma, Gianna promette e, si intende, poi non mantiene.
“Gianna, Gianna, aveva un coccodrillo e un dottore Gianna non perdeva neanche un minuto per fare l’amore“
Uno dei versi più criptici e di difficile interpretazione di Gaetano. Qui si potrebbe indovinare: il coccodrillo e il dottore potrebbero essere due figure professionali, come l’avvocato e appunto il medico, che rappresentino le classi sociali più abbienti e più vicine agli ambienti politici e ai seggi del parlamento.
Il verso successivo invece è di facile interpretazione. A Gianna, cioè alla politica, l’amore non interessa. Sia come atto fisico, sia come concetto. Non c’è tempo, l’amore non rende e non occorre a nulla; non c’è da investirci energie e soldi. Ma, come vedremo tra poco, per Gaetano è invece proprio questa la via per sconfiggere il cinismo di “Gianna”.
“Ma la notte la festa è finita, evviva la vita La gente si sveste, comincia un mondo Un mondo diverso, ma fatto di sesso, chi vivrà vedrà“
Nel refrain Gaetano inneggia al libero amore, alla vita notturna e trasgressiva e, liberamente, al sesso. La liberazione degli istinti umani e primordiali, insomma, in un senso molto “hippie” e libero dalle logiche razionali e dalla progettualità schematica dei programmi di partito.
“Gianna,Gianna, Gianna non cercava il suo pigmalione Gianna difendeva il suo salario dall’inflazione”
Il riferimento ad un pigmalione, ossia un mentore che valorizzi le doti di un giovane, potrebbe avere un doppio significato. Da una parte, Gianna non vuole veder valorizzate le sue “doti”, ossia: la politica non vuole dare del suo meglio, sta bene così com’è. Dall’altra, si potrebbe pensare semplicemente che Gianna sia indifferente nei confronti dei giovani, di quel che hanno da dire e da dimostrare.
La politica che difende il suo salario dall’inflazione ci fa pensare a politiche del lavoro particolarmente mirate ad una preservazione dello status quo. Spingendoci oltre, possiamo chiaramente avvicinarci alla classica immagine popolaresca del politico “attaccato alla poltrona”, che reclama il suo stipendio anche quando l’economia va a rotoli.
“Gianna, Gianna, Gianna non credeva a canzoni o UFO Gianna aveva un fiuto eccezionale per il tartufo“
La nostra “ragazza” è estremamente razionale, è indifferente alle espressioni culturali (le canzoni) e al potere della fantasia (gli UFO, come per esempio quelli richiamati da Eugenio Finardi in Extraterrestre). In generale, si parla di un mondo di “adulti”, per la maggior parte ancora preservatosi intatto fin dal dopoguerra, che nel 1978 sembra del tutto ignaro dei “bambini” nel frattempo cresciuti sotto ben altri influssi.
Per quanto riguarda il fiuto per il tartufo: sappiamo che il tartufo è un fungo raro, gustosissimo, particolarmente pregiato e perciò anche molto costoso. Associando in questo caso il personaggio ai cani che si addestrano proprio per cercare il tartufo (con il fiuto, appunto), Gaetano rende l’idea di una politica attenta solo al profitto, pronta a fiutare “l’affare” e schiava del capitalismo.
“Ma la notte la festa è finita, evviva la vita La gente si sveste, comincia un mondo Un mondo diverso, ma fatto di sesso, chi vivrà vedrà“
Il cantante reitera il suo inno all’amore libero, figlio della rivoluzione culturale degli anni ’60 (della quale è figlio lui stesso, del resto, assieme alla sua musica). Insiste sul concetto: l’amore, l’affetto e i contatti umani, così come la voglia di vivere la vita appieno, sono aspetti dell’esistenza che la politica non potrà mai capire e comprendere.
“Ma dove vai? Vieni qua, ma che fai? Dove vai? Con chi ce l’hai? Vieni qua, ma che fai? Dove vai? Con chi ce l’hai? Di chi sei? Ma che vuoi? Dove vai? Con chi ce l’hai? Butta là, vieni qua, chi la prende e chi la dà“
“Dove sei? Dove stai? Fatti sempre i fatti tuoi Di chi sei? Ma che vuoi? Il dottore non c’è mai Prendi e vai, ma che fai? Tu non prendi se non dai Vieni qua, ma che fai? Dove vai? Con chi ce l’hai? Di chi sei? Ma che vuoi? Dove vai? Con chi ce l’hai?“
Il famoso corale finale sembra rappresentare una sorta di enorme confusione, un dialogo tra più persone che discutono alacremente senza mai giungere ad una conclusione o alla realizzazione di qualcosa di concreto. Le infinite discussioni in parlamento? Può darsi. In ogni caso, l’allegoria è così ben completa.