A un anno di distanza da Favolacce, vincitore del premio per la sceneggiatura al Festival di Berlino nel 2020, Fabio e Damiano D’Innocenzo tornano in una kermesse internazionale per presentare il loro ultimo lavoro: America Latina.
La pellicola, presentata in anteprima mondiale alla 78a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, vede come protagonista assoluto un Elio Germano oscuro e misterioso, che si fa il centro emotivo di un universo narrativo complicato e disturbante.
America Latina, la trama
Massimo (Elio Germano) è un dentista con un ottimo stipendio, che gli permette di vivere in una villa di latina che sembra essere uscita da un film a stelle e strisce. Pacato, gentile e amorevole, Massimo è un marito attento e fedele e un padre che adora le sue due figlie, al punto da commuoversi ogni volta che la più piccola si mette a suonare al piano.
L’unico vizio che l’uomo si concede è quello di bere qualche birra con Simone (Maurizio Lastrico), suo vecchio amico che non sembra fortunato quanto lui.
Un giorno, scendendo nel seminterrato per portare a termine una anonima e insignificante questione domestica, Massimo fa una scoperta incredibile e terrificante al tempo stesso, che rischia non solo di farlo impazzire, ma anche di mandare in frantumi tutto quello che ha costruito nel corso della sua vita e della sua carriera.
America Latina: Recensione
Tra luce e ombra
America Latina è uno di quei film di cui è molto difficile scrivere: si ha come la sensazione che a ogni parola si corra il rischio di scivolare in fastidiosi spoiler che potrebbero rovinare l’esperienza di visione.
In effetti l’ultima fatica registica dei Fratelli D’Innocenzo è di quei film che godono della più completa ignoranza, di quell’oscurità che colpisce lo spettatore che si siede in sala senza sapere assolutamente nulla di quello che andrà a vedere sullo schermo.
America Latina è, prima di tutto, un film su un uomo. Elio Germano è lì che riempie lo schermo, che quasi lo divora con la sua presenza. Uno spazio scenico che l’attore romano rende suo e impedisce al pubblico di distogliere lo sguardo.
Più che alla trama in sé e al concatenamento degli eventi, America Latina pone la sua attenzione sul suo protagonista. Non importa quello che succede: importa soprattutto il punto di vista che Massimo sviluppa sugli eventi che gli si muovono intorno.
In questo senso America Latina si può descrivere come un film che riflette sulla dicotomia tra luce e ombra, intesa non solo come gioco di colori e sfumature, ma come contrapposizione tra la verità e le proprie percezioni.
Un’idea che i due registi riescono a rendere con una regia che proprio con ombra e luce gioca moltissimo: lame di luminosità che accedono lo sguardo di Elio Germano e fitte d’ombra dove si nascondono i suoi dubbi. Una luce che riesce a creare sdoppiamenti e riflessi che danno moltissimi indizi sulla direzione del film e che pure lo spingono a rimanere ancorato in una sorta di cupa rassegnazione.
La regia di Damiano e Fabio D’Innocento è una regia che si fa sentire, ma che non pesa mai sullo spettatore. È una forma d’arte visibile ma non invadente, che finisce quasi con l’essere un protagonista aggiunto, nell’accezione più positiva del termine.
Un thriller atipico
Se si volesse dare un’etichetta ad America Latina si potrebbe dire che è un thriller con un protagonista forse indatto a portare sulle proprie spalle il peso del genere.
Questo, tuttavia, non deve essere percepito come un aspetto negativo: è proprio questo stridore di genere e protagonista, di storia e realizzazione che fa sì che America Latina sia un film che rimane a sedimentare nelle coscienze dello spettatore.
Nel bene o nel male si tratta di uno di quei film destinati a far parlare di sé, perché non concede consolazione, né una facile spiegazione che possa condurre lo spettatore a dormire sonni tranquilli.
È un thriller che del genere ha le atmosfere e i colori e che pure sembra richiamare un certo tipo di cinema più autoriale e quasi femminile, come ad esempio quello di Sofia Coppola o di Deniz Gamze Ergüven.
Tuttavia, nonostante tutti questi aspetti più che positivi, America Latina rimane ancorato in una sorta di confusione di fondo.
E se è vero che da una parte questa confusione è ciò che conduce il pubblico a interrogarsi sull’arte e sulla verità, dall’altra da al film un senso di incompiutezza e di inganno che potrebbe infastidire più di uno spettatore.