Jack Terry (John Travolta) è un fonico di film di serie b. Durante la post-produzione dell’ultimo film, il ragazzo deve uscire all’esterno per imprimere nel nastro il fruscio del vento. Recatosi a lavorare, dopo alcuni suoni ode un rumore intenso e nota un’automobile che cade dentro al fiume. Dopo aver soccorso la superstite, Jack vuole capire cosa fosse quel colpo assordante…
Blow Out è forse il thriller poliziesco più riuscito di Brian De Palma. Il titolo è un chiaro riferimento a Blow-up di Antonioni (1966), ma alcuni dettagli della storia e dello stile ricordando anche Hitchcock, Argento e Coppola. Oltre alle consuete citazioni, tipiche del suo stile, il regista ha voluto realizzare una personale opera sul cinema, un medium in cui il contenuto è lo stile.
Visivamente, infatti, il film è tra i più suggestivi del regista. Il suo solito split diopter shot, trucco utilizzato per mettere a fuoco sia primo piano che sfondo, come nella scena con il gufo, crea un notevole effetto di tensione. Poi, alcuni momenti del film sono illuminati da una soffusa luce rossa, anche se l’illuminazione raggiunge l’apice nell’amarissimo finale. Infine, Brian De Palma abbonda con le panoramiche, anche a 360°, le carrellate e utilizza anche lo split screen.
Il suono ha una parte importante nel film, un po’ come fu in M – Il mostro di Düsseldorf (1931) e si collega al tema dei voyerismo. Già con Vestito per uccidere (1980) il regista toccò tale tema ispirandosi alle relazioni fedifraghe del padre, ma in Blow Out la dimensione è più profonda. Infatti, l’incidente d’auto che Jack osserva e poi studia fa l’eco all’omicidio di JFK, un caso amato e approfondito da De Palma.
Dopo Carrie, il regista torna a collaborare con John Travolta, forte del successo di La febbre del sabato sera e Grease (1978). De Palma dirige gli attori sulle splendide note del compositore italiano Pino Donaggio, con cui il regista ha collaborato per vari suoi thriller.
Tony Montana (Al Pacino) e Manny Ribera (Steven Bauer) sono due criminali cubani in fuga dal regime di Fidel Castro a Miami. In carcere vengono loro promessi dei documenti per iniziare una vita nuova in cambio dell’assassinio di un ex generale cubano. Il mandante dell’omicidio è Frank Lopez (Robert Loggia), un signore della droga…
Remake dell’omonimo film di Howard Hawks e Richard Rosson del 1932, Scarface è un intramontabile gangster movie di tipo rise and fall. Insieme alla serie Miami Vice, di Michael Mann, l’opera è divenuta il manifesto degli anni Ottanta e ha ispirato, tra gli altri, Grand Theft Auto: Vice City. Ma il fascino di Scarface non smette tuttora di ammaliare, tanto che siamo in attesa di un ulteriore reboot: per sapere di più sulle profonde radici della sua immortale storia, leggete qui.
L’opera di Brian De Palma è notevole sotto svariati punti di vista. La sceneggiatura appartiene al grande Oliver Stone, che trovò nella scrittura un modo per fuggire dalla morsa della cocaina. I dialoghi sono fortemente realistici e sporchi, tanto che il linguaggio scurrile del film comportò diversi problemi con la censura.
Il regista ha dimostrato una perfetta sintonia con la sceneggiatura, realizzando una messa in scena di pari intensità. Le lente carrellate, solenni e riflessive, contrastano perfettamente con il montaggio dinamico delle sparatorie. La violenta scena della motosega e l’utilizzo di uno stuntman al posto di un fantoccio nella scena dell’impiccagione conferiscono un realismo senza pari. Brian De Palma riuscì a bissare il successo ottenuto nell’ambito del gangster movie puro con l’indimenticabile Carlito’s Way (1993).
Infine, tutti i personaggi presentano una ragguardevole profondità, secondari inclusi. In un cast ricco di stelle, Al Pacino è mostruoso nel ruolo del protagonista e padroneggia la sua inflessione cubana. Ma occorre ricordare anche Michelle Pfeiffer, Steven Bauer (nominato all’Oscar con Al Pacino), Robert Loggia, F. Murray Abraham e Mary Mastrantonio. Infine, elevano l’opera le splendide musiche elettroniche di Giorgio Moroder, meritevoli di una nomination all’Oscar.
Più che un gangster movie, The Untouchables – Gli intoccabili è un noir d’azione di stampo biografico. Il film, infatti, racconta la storia di Eliot Ness (Kevin Costner), l’agente federale che incriminò Al Capone (Robert De Niro) per evasione fiscale. Il titolo fa riferimento all’impavida squadra del poliziotto e le vicende narrate fondono realtà storica con finzione.
Torna quindi il personaggio di Al Capone, che ricordiamo essere alla base del protagonista di Scarface. L’interpretazione di Robert De Niro, con accento italo-americano, contribuisce a rinnovare il fascino perverso da sempre suscitato dal criminale e molto influente nella Settima Arte. Da ricordare, però, anche l’inflessione irlandese dello scozzese Sean Connery, premiato con l’Oscar per la parte del cinico poliziotto Jimmy Malone. Nel cast sono presenti anche Andy García e Charles Martin Smith.
Gli intoccabili mette prima di tutto in scena una storia di speranza. La drammatica diffusione della criminalità all’epoca del proibizionismo, cui fa l’eco quella dei rivoltosi anni Settanta, sembrava infatti inarrestabile. Ma se il fittizio Jimmy Malone rappresenta il poliziotto cinico a causa della sua disillusione, il reale Eliot Ness rappresenta un concreto barlume di speranza.
Brian De Palma, però, si serve del film anche per reiterare il suo grande amore per il cinema, concentrandosi qui sull’epoca del muto. E non bisogna però considerare solo il classico gangster movie (e Hitchcock nelle scene di tensione), ma anche il film d’avanguardia. In particolare, la famosissima scena della carrozzina sulle scale è una citazione tanto lampante quanto originale all’intramontabile La corazzata Potëmkin (1925).
Stilisticamente, il regista dirige scene d’azione spettacolari, la cui ironia sicuramente smorza il lato più drammatico e violento della vicenda. Il ritmo perfetto del film è sottolineato dalla splendida colonna sonora di Ennio Morricone, candidato al premio Oscar. La sceneggiatura, invece, è del pluripremiato drammaturgo David Mamet.
Insomma, Brian De Palma è un regista tutt’altro che “solo chiacchiere e distintivo”.