Qui rido io: Recensione del film di Mario Martone con Toni Servillo
Dopo l'accoglienza trionfale alla Mostra del Cinema di Venezia (#Venezia78), Qui rido io di Mario Martone, con un grandioso Toni Servillo nella parte di Eduardo Scarpetta, arriva al cinema questo 9 Settembre. La nostra recensione.
Accolto da una pioggia scrosciante di applausi, Qui rido io di Mario Martone, con un magnifico Toni Servillo nella partedi Eduardo Scarpetta, conquista la Mostra del Cinema di Venezia. E in attesa di scoprire se vincerà il Leone d’oro, o magari la Coppa Volpi per il Miglior attore protagonista, il film arriva direttamente al cinema questo 9 Settembre.
L’incontro tra Mario Martone e Toni Servillo risale ai primi anni ’80. Nel 1986, dalle esperienze del Teatro Studio di Caserta e del gruppo Falso Movimento prende vita il gruppo Teatri Uniti, di cui Servillo resta tutt’oggi Direttore artistico. Dopo una vita dedicata allo studio del teatro partenopeo, i due amici porgono così il loro omaggio alla vita e l’estro di Scarpetta.
Già dalle prime anticipazioni era lecito aspettarsi un film epocale. D’altra parte, solo immaginare Toni Servillo che indossa la maschera di Scarpetta, l’autore di Miseria e nobiltà e Il medico dei pazzi, non poteva che far presagire grandi cose. Eppure, oggi possiamo affermare che Qui rido io è un’opera in grado di sbaragliare anche le più alte aspettative.
Nelle stesse parole di Mario Martone, il film rappresenta “l’immaginario romanzo di Eduardo Scarpetta e della sua tribù”. Una moglie, due amanti, nove figli, tra cui i piccoli Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, destinati un giorno a eclissare la stessa fama del padre: questi i protagonisti di un grandioso affresco corale, che si rivela anzitutto un’appassionata lettera d’amore.
E la lettera d’amore naturalmente è per il Teatro, visto da dietro le quinte, nell’infinito esercizio delle prove, attraverso gli occhi dei commedianti, del piccolo Eduardo e del grande Scarpetta, rappresentato al tramonto della sua mirabolante carriera.
Qui rido io: il Trama
Nella Napoli della Belle Epoque, all’alba del ‘900, Eduardo Scarpetta (Toni Servillo) è il re del botteghino. Di umili origini, ha conquistato il pubblico grazie alla maschera di Felice Sciosciammocca, tanto celebre che ha ormai soppiantato perfino Pulcinella nel cuore dei napoletani.
I piccoli Eduardo, Titina e Peppino De Filippo lo chiamano zio, consapevoli si tratti in realtà del loro padre. Fin da piccoli vengono introdotti alla pratica teatrale, così come suo figlio, Vincenzo Scarpetta (interpretato da Eduardo Scarpetta, che nella vita reale è effettivamente trisnipote dell’attore), destinato a ereditare la gestione della compagnia e del Teatro Metastasio.
Il figlio di Iorio si rivelerà il suo primo insuccesso, mentre D’annunzio trascina clamorosamente Scarpetta in tribunale. Sarà la prima causa per diritto d’autore nella storia del nostro paese, ma anche l’inizio del declino di un’attore apparentemente invincibile.
Qui rido io: Recensione
Nella sequenza iniziale di Qui rido io, Mario Martone ci introduce alla leggendaria figura di Eduardo Scarpetta, amorevolmente interpretato da Toni Servillo. Lo vediamo in camerino, lo seguiamo dietro le quinte, fino al suo trionfale ingresso in scena.
La macchina da presa segue l’attore fino al proscenio, mentre il pubblico esplode in un applauso selvaggio. Una sequenza da brividi, che sembra racchiudere la magia stessa del Teatro e dello spettacolo dal vivo.
Mario Martone e Toni Servillo ci riportano così indietro nel tempo, riportano in vita una figura e un segmento di Storia apparentemente lontanissimo, dimenticato, travolto dal ‘900 e l’avvento della modernità .
Sarà proprio quell’Eduardo bambino, il figlio naturale che osserva lo “zio” con immensa attenzione e ammirazione, il commediografo che saprà farsi interprete della rivoluzione e del Teatro moderno. Felice Sciosciammocca non resta oggi che una maschera folkloristica, memoria del Teatro dialettale d’impronta più smaccatamente popolare.
Qui rido io rappresenta così Scarpetta all’apice del successo e insieme a ridosso della fine, mentre si trova al centro di un assurdo processo, osteggiato dai giovani autori napoletani come emblema dell’intrattenimento più biecamente triviale, sostenuto solo da Benedetto Croce (qui interpretato dal bravissimo Lino Musella).
Martone costruisce così il suo affresco su molteplici piani, celebrando l’artista e l’uomo senza mistificazioni, mentre realtà e farsa, verità e rappresentazione sembrano continuamente fondersi e confondersi.
Qui rido io: uno struggente spettacolo d’umanità , per uno dei più bei film di Mario Martone.
Qui rido io è un’opera così impeccabile e intensa che la critica non può che retrocedere. L’unica possibile recensione, forse, dovrebbe limitarsi a un invito: quello di andare al cinema e sperimentare nel buio della sala, attraverso l’incanto del grande schermo questo emozionante viaggio nel tempo.
E chissà che Mario Martone, dopo Capri Revolution (2018) e Il sindaco del Rione Sanità (2019), quest’anno non possa ambire al suo primo Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, che per il 2021 regala un’edizione oggettivamente storica.
Quanto alla Coppa Volpi per il Miglior attore protagonista, la gara sembra tutta tra Oscar Isaac per Il collezionista di carte di Paul Schrader e il nostro Toni Servillo. E in attesa di scoprire chi sarà il vincitore, vi ricordiamo che due dei più bei film della Mostra vi aspettano già al cinema, per celebrare la rinascita della sala dopo tanti, troppi mesi così confusi e oscuri.