I 10 migliori bassisti della storia del rock [LISTA]

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5. John Paul Jones

Un basso vibrante e imponente, solido come la roccia e parco di ridondanza, quello di John Paul Jones. Artista formato, anche tastierista e responsabile degli arrangiamenti di molti brani degli anni ’60, il basssista dei Led Zeppelin percepisce il suo ruolo come quello di un pilastro ritmico, assunto a quattr’occhi con l’altrettanto austera batteria di John Bonham.

Anziché suonare settantamila note al secondo (cosa che molti considerano, sbagliando, bravura), John Paul Jones utilizza il suo strumento per creare basi ritmiche dalle fondamenta incrollabili e dallo stile unico. I suoi riff possenti fanno il paio con quelli di Jimmy Page, doppiandoli e dialogandoci per i lunghi passaggi che conosciamo.

Nel fare questo, maneggia abilmente gli stili a sua disposizione a quel tempo (tra anni ’60 e ’70), passando dal blues al funk e non tralasciandone l’importanza nella creazione dei caratteristici groove con i quali i Led Zeppelin si distinguono da ogni band loro coeva. Cinquanta anni dopo, è ancora per tutti una leggenda.

4. Les Claypool

Completamente folle, totalmente ingestibile e iconoclasta fino al midollo, Les Claypool non è un bassista: è un anti-bassista. Nel senso che il suo approccio allo strumento si emancipa da qualunque concezione classica che vi si possa legare. Les non “suona” il basso: lo tormenta, con lo scopo di trarvi qualunque suono possibile. E più è disturbante, meglio è.

Nella sua attività con i Primus, il gruppo funk metal che ha scosso gli anni ‘90 con la propria atipicità, Claypool non ha mai rinunciato a far risuonare le sue quattro corde in maniera totalmente inconcepibile, spesso rendendo persino superficiali gli accompagnamenti di batteria e chitarra. Il suo basso, di fatto, vive di vita propria.

Come stile, evidente in canzoni come questa My Name Is Mud, o in Jerry Was a Race Car Driver, spinge su ironia, satira e proiezione di un’immagine (che è la sua, in quanto anche cantante e frontman) bizzarra e a tratti inquietante. Il suo modo di suonare il basso non è nient’altro che l’espressione più puramente strumentale dell’irrequietezza della sua personalità artistica.

3. Michael Balzary

Proprio lui. Sappiamo che lo stavate aspettando, e in effetti non poteva mancare. Flea, colonna portante della musica dei Red Hot Chili Peppers da quasi quattro decenni, è una delle superstar delle quattro corde. E lo è non solo in base alla sua tecnica straordinaria, ma anche in virtù della sua personalità esplosiva.

Un personaggio inarrestabile, capace di suonare il suo basso con perizia e competenza mentre tranquillamente si esprime in boccacce, salta su e giù, strepita e grida. I suoi riff e le sue sleppate con i Chili Peppers sono leggendarie e tradiscono una formazione musicale che passa per il jazz (Flea è anche trombettista) il funk e il punk.

Ma le sue linee di basso non sono sempre aggressive e rumorose. Specie in congiunzione con la sensibilità musicale di John Frusciante, il bassista è in grado in diverse canzoni di tessere panorami sonori trasformando il suo strumento d’accompagnamento ritmico in una sorgente di melodie. Un gigante, infinitamente ispirato.

2. Tony Levin

Tony Levin non spicca sugli altri bassisti di questa lista tanto per quanto riguarda le sue capacità tecniche e la sua bravura (del resto, questo non è un elenco dei bassisti “più bravi”). Di lui, piuttosto, c’è da ricordare l’enorme impatto come sessionman e come componente dei King Crimson, controcanto ideale della rivoluzione synth prog operata da Robert Fripp a partire da Discipline (1981).

Altresì, la sua figura è celeberrima come sidekick di Peter Gabriel, specie a inizio carriera e nelle incursioni dell’ex cantante dei Genesis nella new wave. Il suono al basso di Tony Levin è davvero unico, e si riconosce subito. Complice l’utilizzo frequente del Chapman Stick e delle Funk Fingers, protesi percussive da lui ideate per suonare il suo strumento con un effetto simile a quello della batteria.

Tutto questo è, naturalmente, solo grattare la superficie. Levin è attivo come bassista fin dal 1968 e ha suonato con una quantità impressionante di artisti importanti, da David Bowie a Ritchie Sambora, da Paul Simon a Bryan Ferry e persino con il nostro Claudio Baglioni. Ed è famoso anche per i numerosi progetti a cui prende parte con i migliori musicisti, tra i quali il Liquid Tension Experiment.

1. John Entwistle

Di tutti i grandi bassisti nella storia del rock, John Entwistle è fondamentalmente il primo. Pochi nella sua era tra i bassisti lo eguagliano e tantissimi imparano da lui. Nel panorama rock anni ’60 forse solo Jack Bruce e Paul McCartney possono rivaleggiare con il suo eclettismo e la sua incapacità di trattenere le onde di note che furiescono dal suo basso.

Le sue linee, altamente eclettice e tecniche, si scontrano con la ritmica impetuosa e distruttiva di Keith Moon e con la chitarra poliglotta di Pete Townshend in un insieme musicale unico e che non è più stato eguagliato. Non meno importanti la sua verve, il suo personaggio (quello “calmo” degli Who) e il suo contributo attivo come compositore e cantante della band.

Capace di maneggiare stili diversi e di cambiarli di canzone in canzone o, anche, nel corso di un’unica performance, Entwistle è un bassista che vede lo strumento come un’estensione di sé, più che come un mezzo per produrre suoni. Tale è la naturale capacità che possiede di sfruttare il suo basso in maniera rivoluzionaria da aprire, per tutti i bassisiti a venire, le porte di una nuova accezione dello strumento.