Dopo l’enorme riscontro ottenuto da Silent Hill, Konami non doveva far altro che alzare l’asticella. E lo fa, a dir poco, con il secondo titolo della saga, un balzo gigantesco in termini di qualità e impegno di progettazione. Una chiara mira artistica, un obiettivo raggiunto. Se Silent Hill si concentra principalmente sul sentimento della paura derivante da spaesamento e ignoranza (intesa come non-conoscenza e non-comprensione) di mondi e entità estranee, il secondo gioco e sequel fa ben di più.
Il miscuglio di citazioni, metafore, simbolismi e interpretazioni che vorticano nel gioco creano un lavoro ambizioso ed epocale, che guarda al futuro e alle infinite possibilità del videogioco come mezzo espressivo. La paura non è più al centro: ora c’è il trauma, e la psiche. La trama resuscita metaforicamente eventi segnanti di un passato oscuro per rappresentare tramite l’orrore la concretizzazione di sentimenti quali il senso di colpa e il rancore. La psicologia del gioco scava molto più a fondo rispetto al primo, sì da segnare il giocatore quanto i personaggi stessi. Se Silent Hill dà inizio alla saga con un exploit videoludico inaspettato e memorabile, questo secondo capitolo, che consolida il successo del brand su Playstation 2, è quello che la concretizza e le regala lo status di opera di culto. Tanto più che è questo il titolo in cui compare l’icona che più spesso si lega al gioco, il mostro Pyramid Head.
Dall’ambientazione nella provincia americana alle riprese stilistiche, spesso citate, dei lavori di Hitchcock, Lynch e Cronenberg, fino al ripensamento della trama di Delitto e Castigo, con un novello Raskolnikov che vaga in una nebbia fisica e mentale: Silent Hill 2 è una vera scossa all’anima.
4) Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, Konami, 2001
A cura di Andrea Campana
Anni e anni prima dei meme, dei social, delle fake news e della disinformazione della moderna era di Internet, c’era Metal Gear Solid 2. Come il precedente, un gioco stealth apparentemente incentrato sulla missione di un mercenario, Raiden, in un mondo complesso di spie e contro-spie. Apparentemente. In realtà, come usuale nell’opera di Kojima, c’è molto di più. Come già Solid Snake, ma in maniera infinitamente più complessa e stratificata, Raiden si troverà di fronte ad un mondo che mette lui e suoi comprimari di fronte ad infiniti (e avveniristici) dilemmi.
Dal dubbio Tolstojano sulla effettiva libertà d’azione dell’individuo agli intricati labirinti di significati ricreati dal controllo dell’informazione e dalla diffusione delle teorie della cospirazione, il “gioco”, si prefigura presto come un’immensa riflessione tecno-filosofica che supera persino sé stessa. La meta-testualità, già ben presente e apprezzabile in Metal Gear Solid, è qui solo l’inizio. In tempi di PlayStation 2, Kojima ha a disposizione molti più mezzi (tecnologici) e ha le idee immensamente più chiare e confuse, al tempo stesso, nel comporre quello che vorrà diventare il suo più grande capolavoro.
In confronto a Metal Gear Solid 2, Sons of Liberty, il primo titolo della saga sembra aver solo grattato una superficie ruvida e fatta di strati di paranoia. Un esempio di capolavoro, se mai ce n’è stato uno, che trascende ed enfatizza ogni possibilità del medium.
3) Kingdom Hearts, Square, 2002
A cura di Andrea Campana
A inizio anni ’00, a molti sembra un sogno di vedere Disney e Square Enix unire le forze per un nuovissimo videogioco che prenda il meglio delle due tradizioni rispettive. Kingdom Hearts, gioco di punta per PlayStation 2, rispetta da subito le aspettative. Personaggi in puro stile Final Fantasy (e personaggi di Final Fantasy) incontrano i familiari volti di Pippo, Paperino e Topolino in un’unione unica tra animazione e videogioco RPG 3D all’avanguardia. Grafiche cartoonistiche ma anche realistiche, gameplay scorrevole e fluido, storia essenziale e… magica.
Prima di complicare tutto inutilmente con trame fittissime e cervellotiche perse tra spin-off inessenziali e sequel tanto chiassosi quanto ripetitivi, Kingdom Hearts si fa notare come un vero e proprio gioiello. C’è il viaggio dell’eroe, l’avventura del ragazzo che cresce e la scoperta dei mondi al di fuori del proprio. L’esplorazione di questi mondi (letteralmente, luoghi estranei) avviene in un grande scontro con delle forze oscure che costringono i protagonisti, come nelle migliori storie, a guardare anche dentro sé stessi. La maturazione di Sora, con a fianco i fedeli Paperino e Pippo, è il fulcro del gioco, ma non lo sovrasta.
In Kingdom Hearts si possono apprezzare le rivisitazioni dei migliori film Disney, riadattati come luoghi fisici (digitali, cioè) e con vicende piegate alla peculiarità della trama. I migliori (e peggiori) villain concorrono ad antagonizzare le peripezie dei protagonisti, e figurano anche tantissimi comprimari “storici”. L’equilibrio tra la componente Disney e la componente Square Enix è sempre perfettamente stabile, si che non ci si sbilancia da una parte o dall’altra, mantenendo un’esperienza di gioco fanciullesca, immacolata e profonda in un ambiente unico e irripetibile.
2) God of War, Santa Monica Studios, 2005
Uno di quei titoli che hanno segnato la storia del gaming in maniera talmente indelebile da aver consegnato un personaggio iconico alla storia. Stiamo parlando ovviamente di Kratos, il Fantasma di Sparta (qui tutta la sua storia), sterminatore di Dei. Il gioco ebbe il merito di rivoluzionare il mondo dei giochi action e dei combattimenti all’arma bianca inserendo elementi e meccaniche che da quel momento in poi sarebbero divenute lo standard per qualsiasi gioco futuro appartenente a quel genere.
Una storia intrigante e a tratti anche commovente radicata a pieno nella mitologia greca, un personaggio leggendario, un gameplay frenetico e soddisfacente oltre ogni misura. Questa la ricetta che ha permesso a God of War non solo di divenire uno dei migliori titolo mai apparsi su Playstation 2, ma di entrare di diritto nella storia del gaming.
Come se non bastasse i ragazzi dei Santa Monica Studios sono riusciti anche a reinventare il personaggio di Kratos e il Gameplay di God of War per dargli nuova vita nelle fredde terre nordiche molti anni dopo quanto visto in Grecia. Un gioco senza tempo che non poteva mancare in questa classifica.
1) GTA San Andreas, Rockstar, 2004
Quarto capitolo della storica saga di GTA, San Andreas aveva un compito davvero arduo: quello di proseguire sulla gloriosa strada tracciata dal suo predecessore, Vice City, uscito 2 anni prima. Ebbene questo titolo è divenuto col tempo uno dei più leggendari mai arrivati su Playstation 2, solidificando un successo che Rockstar non avrebbe mai più lasciato andare.
Le avventure di Carl “CJ” Johnson a Los Santos, San Andreas, versione alternativa di Los Angeles, California, sono tra quelle che maggiormente sono rimaste nel cuore dei migliaia di fan che questo immortale brand ha. Il gioco, rispetto ai predecessori, rivoluziona totalmente alcune meccaniche. Per la prima nela saga è infatti possibile personalizzare il proprio personaggio in tutto e per tutto. Dal vestiario al taglio di capelli passando per l’alimentazione. Dopo molte ore di gioco CJ diverrà a tutti gli effetti un nostro alter ego. Inoltre è possibile anche personalizzare auto, avere relazioni, acquistare case, nuotare (questo è il primo titolo nel quale compare l’esplorazione subacquea) e molto altro.
Insomma se, come detto, al primo posto di questa classifica avremmo dovuto inserire un titolo che, col senno di poi, è risultato essere un’autentica rivoluzione nel mondo del gaming, beh, non poteva che essere questo. Non per niente si tratta del gioco più venduto di sempre su Playstation 2 con le sue 17,33 milioni di copie. Imperituro.
S*hit, Here We Go Again.
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