I 13 migliori film del 1990 da vedere [LISTA]

Anche il 1990 inaugura un decennio denso di titoli immancabili a qualsiasi cinefilo. Vediamo 12 grandi titoli che vi daranno i brividi.

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5) Allucinazione perversa – Adrian Lyne (1990)

Allucinazione perversa, Adrian Lyne

Jacob Singer (Tim Robbins) è un postino reduce dal Vietnam che ha sposato Jezebel (Elizabeth Peña), con cui conduce una vita normale. Una notte, durante un viaggio in metropolitana, comincia ad avvistare delle presenze minacciose attorno a sé. Ma non è tutto: degli strani incubi relativi a un inquietante avvenimento in Vietnam cominciano a tormentarlo sempre più spesso…

La sceneggiatura del film appartiene a Bruce Joel Rubin, che lo stesso anno scrisse Ghost (vincendo l’Oscar). Il titolo italiano Allucinazione perversa suggerisce uno stratagemma commerciale per cavalcare il successo del precedente film di Adrien Lyne, Attrazione fatale (1987). Invece, il titolo originale, Jacob’s Ladder, fa riferimento a un passo della Bibbia in cui si parla di un sogno in cui Giacobbe vide una scala rivolta al cielo con gli angeli.

Allucinazione perversa, oltre ad essere un film contro la guerra, la sperimentazione e le droghe, verte infatti soprattutto su Terra e Aldilà. Senza entrare troppo nel dettaglio, l’opera propone, sia metaforicamente che realmente, figure di angeli e demoni che ruotano attorno alla vita di Jacob. L’intreccio fonderà sempre di più realtà a finzione, alimentando un interrogativo: ma Jacob è vivo o morto in Vietnam?

L’influenza del film fu notevole. I demoni presenti nell’ospedale hanno ispirato largamente la serie videoludica cult Silent Hill, anche nelle atmosfere. Gli effetti speciali, tutti filmati sul set, in particolare dei movimenti accelerati delle teste, hanno lasciato eredità in The Ring, Scream e tante altre opere. La buona riuscita del film è da imputare anche alle splendide interpretazioni di Tim Robbins e Danny Aiello (nei panni di Louis). Presente nel cast anche Macaulay Culkin, in scena anche con Mamma ho perso l’aereo (1990).

6) Nikita – Luc Besson (1990)

Nikita, Luc Besson, 1990

La tossicodipendente Nikita (Anne Parillaud) perde tutti i membri della band di teppisti in uno scontro a fuoco con la polizia. La ragazza, tuttavia, uccide a sangue freddo un agente in perlustrazione, venendo di conseguenza condannata all’ergastolo. Il suo caso attira l’attenzione dei servizi segreti francesi, che la riabilitano e le offrono di lavorare per loro…

Ispirato all’omonimo singolo di Elton John del 1985, Nikita è una pietra miliare del cinema d’azione. Grazie a questo titolo il regista Luc Besson ottiene il meritato successo internazionale, che gli permette di lanciare una prolifica carriera. Stilisticamente, Nikita ripone la tensione soprattutto nelle carrellate e nelle lunghe inquadrature a camera fissa, come dimostra la celebre scena della sparatoria al ristorante.

La tensione è scaricata dalle relazioni amorose di Nikita, la prima con il suo addestratore Bob (Tchéky Karyo) e la seconda, più lunga, con il cassiere Marco (Jean-Hugues Anglade). Aggiungendo poi nomi come Jean Reno, Philippe Leroy e Jeanne Moreau possiamo completare il quadro di un cast stellare.

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La buona sceneggiatura del film è però retta soprattutto dalla splendida interpretazione della pluripremiata Anne Parillaud. L’attrice ha saputo catturare appieno il duplice carattere selvaggio e femminile di Nikita. Ma dobbiamo anche ricordare le musiche di Éric Serra, che impiegano una batteria a tratti seducente e a tratti incalzante.

7) Sogni – Akira Kurosawa (1990)

Sogni, Akira Kurosawa

Sogni è un’antologia di 8 brevi episodi. Raggi di sole nella pioggia narra di un bambino punito per aver spiato un matrimonio dei demoni-volpe. Il pescheto racconta degli spiriti degli alberi di pesco che si materializzano al figlio della famiglia che li ha abbattuti. La tormenta mostra una capocordata che incontra un demone durante una tormenta. Il tunnel racconta di un reduce di guerra che incontra gli spiriti dei compagni caduti.

Si passa poi alla parentesi artistica con Corvi e Fuji in rosso. Il primo mostra un uomo che incontra Van Gogh (Martin Scorsese). Il secondo, invece, ispirandosi ai lavori di Hokusai, narra di un’improvvisa attività vulcanica del Fuji che sta per abbattersi su una centrale nucleare.

Chiudono l’antologia due episodi sulla morte, ossia Il demone che piange e Il villaggio dei mulini. Il primo, la cui ambientazione ricorda quella di Nausicaä della Valle del vento, mostra il mondo in seguito all’esplosione nucleare; gli esseri umani sono diventati tutti demoni selvaggi e cannibali. Il secondo, che si ispira ai film di Ozu, è un racconto didattico sui pericoli del progresso tecnologico e sull’importanza dei legami con la natura.

Gli ultimi quattro episodi sono vissuti in prima persona dall’alter-ego del regista, interpretato da Akira Terao. Sogni è infatti un’opera fortemente intima del maestro Akira Kurosawa e contiene temi tipici della sua filmografia, quali guerra, natura, disciplina e folklore. Gli episodi seguono il ciclo della vita e delle stagioni e hanno una notevole potenza visiva, pari a quella di Kwaidan (Masaki Kobayashi, 1964). Lo stile onirico e meditativo, infine, ottiene un forte effetto ipnotico sullo spettatore.

8) Boiling Point – I nuovi gangster – Takeshi Kitano (1990)

Boiling Point - I nuovi gangster, Takeshi Kitano

Masaki (YÅ«rei Yanagi) è un ragazzo schivo e ingenuo che divide la sua vita tra partite di baseball e lavoro in una stazione di benzina. Se nello sport non si dimostra capace, lo stesso vale per il lavoro. Un giorno, infatti, uno yakuza si lamenta dell’operato del ragazzo, che cerca di aggredirlo senza successo…

Boiling Point è il secondo film di Takeshi Kitano, che dopo un film intenso come Violent Cop predilige l’umorismo nero e il disinteresse. Infatti, il film presenta molte scene umoristiche amare, diverse dal tipo di divertimento cui il Kitano comico ci aveva abituato. Il disinteresse si evince dai tempi dilatati delle riprese e dall’assenza di colonna sonora a veicolare alcun tipo di emozione. Nonostante ciò, Masaki e altri personaggi con lui acquisiranno una nuova consapevolezza nel finale del film.

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Insomma, il regista sembra quasi cercare di deridere la yakuza attraverso un trama comunque intricata ma priva di alcun tipo di sentimento. La criminalità appare quasi come fumettistica, la violenza fa più ridere che rabbrividire. Alcune scene sembrano infatti uscire da una serie anime più che da un lungometraggio live action.

Takeshi Kitano, come di consueto, fa parte del cast del film. Il suo ruolo è quello di Uehara, yakuza sadico e psicopatico senza scrupoli privo di alcun tipo di morale. Il suo personaggio è talmente fuori dagli schemi che sembra addirittura ribellarsi alla macchina da presa e alla finzione cinematografica. Insomma, Uehara incarna pienamente la visione disinteressata e derisoria di Kitano sia nei confronti della yakuza sia della vita stessa.

9) Bullet in the Head – John Woo (1990)

Bullet in the Head, John Woo

Hong Kong, anni Sessanta. Ben (Tony Leung), Frank (Jacky Cheung) e Paul (Waise Lee) sono tre amici inseparabili facenti parte di una banda criminale. Durante il matrimonio di Ben, Frank viene quasi ucciso da un boss rivale, perciò, dopo la festa, i due amici si vendicano uccidendolo. L’assassinio, però, costa caro: i tre sono costretti a fuggire a Saigon, dove imperversa la guerra…

Bullet in the Head è probabilmente il capolavoro del maestro del cinema d’azione John Woo, che uscì stremato dalle riprese del film. Ispirandosi a varie pellicole del cinema occidentale, amato da Woo, l’opera offre uno spietato ritratto della guerra e dell’avidità umana. Non manca però una certa ironia nella sceneggiatura, ben interpretata da un cast formidabile. Oltre alla straordinaria prova di Jacky Cheung, premiato in patria, ricordiamo un Tony Leung, prima del successo ottenuto con Wong Kar-wai.

Il film si contraddistingue per le forti emozioni che suscita e per il notevole tasso di violenza. John Woo elabora infatti un resoconto realistico e spietato del contesto bellico, la cui efferatezza non risparmia nemmeno gli innocenti. Molti sono, infatti, gli stermini o le uccisioni di massa nel film, tra cui spicca quello di Saigon, personale rilettura di Woo del massacro di Piazza Tiananmen (1989). E la musica di Romeo Díaz e James Wong Jim rende il tutto ancora più straziante e toccante.

Attribuisce ulteriore valore all’opera l’elegante messa in scena di John Woo. La sequenza di carrellate ponderate e lente racchiude una carica di tensione destinata ad esplodere in sparatorie spettacolari ma mai esagerate. Il ralenti è particolarmente utilizzato dal regista cinese, a volte in maniera quasi autoironica. Lo stile di Woo è a tratti concettuale, come nella scena dell’uccisone del ribelle di Saigon che, cadendo, svela sullo sfondo la statua di una Deposizione del Cristo.