La recensione di Dishonored, il capolavoro di Arkane Studios da scoprire o perché no, riscoprire grazie ad Xbox Game Pass.
Lo scorso 9 luglio lo State of Play 2021 ci mostrava un ricco gameplay di Deathloop. Il trailer si è in parte concentrato sull’uso del teletrasporto, utile per muoversi rapidamente da un punto all’altro della mappa per far fuori nel minor tempo possibile, le nostre vittime. Ecco che proprio quella meccanica, ha riportato gli amanti dei giochi di Arkane Studios indietro nel tempo. Precisamente nel lontano 2012, anno in cui la software house francese decise di lanciare sul mercato una nuova Ip. Oggi, dopo aver parlato accuratamente di Prey, è il turno della recensione di Dishonored. Un titolo seminale e un eccellente esempio di immersive sim, marchio di fabbrica Arkane.
Grazie al Game Pass e ad Xbox Series X, possiamo riscoprire Dishonored in una veste diversa grazie all’fps boost. Questo, insieme a caricamenti pressoché inesistenti, garantiscono al giocatore un’esperienza del tutto rinnovata. Un’occasione in più invece per chi, questo capolavoro, ancora non l’ha potuto toccare con joystick.
I mali di Dunwall
Dishonored è ambientato nella città di Dunwall, dove la corruzione e la peste regnano sovrani. La piaga, sta riducendo la città in un covo di ratti, sia animali che “umani”. L’Imperatrice Jessamine Kaldwin chiede a Corvo Attano, il nostro alter ego virtuale e braccio destro del sovrano, di condurre una missione diplomatica alla ricerca di aiuto. Questa si rivelerà un buco nell’acqua.
Sarà proprio quando Corvo si appresterà a rivelare le brutte notizie a Jessamine che esploderà la narrazione. Un assassino si materializza dinanzi alla donna, la uccide, rapisce sua figlia Emily e farà ricadere la colpa sullo sfortunato protagonista.
Fortuna vuole che un gruppo di ribelli riuscirà a liberare di prigione il povero Corvo e dare così inizio alla nostra avventura. L’obiettivo? Liberare l’erede al trono e ristabilire l’ordine nella città. Per fare questo dovremo mettere fuori gioco alcuni bersagli (in maniera letale o non) che hanno un peso notevole sulla politica cittadina.
Dal punto di vista narrativo il titolo funziona a metà. Se da una parte infatti il lavoro svolto sul background della storia, è capace di reggere “il peso” della lore di Dunwall, lo stesso non si può dire della trama del presente. I colpi di scena convincono poco e sono piuttosto telefonati. Un vero peccato se consideriamo lo scheletro narrativo di Dishonored. Con questo non si vuole assolutamente dire che la storia sia pessima. Se però guardiamo all’orizzonte infinito del gameplay, dispiace notare come lo sviluppo del racconto (indipendentemente dai suoi tre finali) non abbia mai il coraggio di uscire dai binari.
Per spiegare al meglio quanto sia profondo e sfaccettato il gameplay di Dishonored e perché parliamo di immersive sim puro, sarebbe sufficiente un semplice screenshot preso direttamente dal gioco. Gli sviluppatori infatti, ci fanno capire già dalla prima ora, le tante strade che possiamo seguire per raggiungere il nostro obiettivo. Sia in stealth che in modalità action. Un vero trionfo del level design che dà vita a mappe complesse, piene di cunicoli e passaggi segreti che stimolano la fantasia e la curiosità di chi gioca.
Gli approcci che possiamo usare sono quindi innumerevoli e unici per lo stile di ciascun giocatore. Se decideremo di procedere in stealth, dovremo utilizzare con attenzione il teletrasporto ad esempio, per spostarci rapidamente sui tetti (verticalità all’ennesima potenza). In alternativa, potremo optare per la possessione e prendere il controllo di un ratto. Entrare in una piccola fessura, attraversare il muro e sbucare dall’altro lato come se nulla fosse.
Sempre seguendo un modus operandi silenzioso, sarà importante eliminare le guardie senza fare il minimo rumore. Potremo ucciderle oppure semplicemente stordirle. Nel secondo caso disporremo, oltre che della classica presa al collo alle spalle, di una balestra con dardi addormentanti. L’esplorazione, come vedremo anche successivamente, ricopre un ruolo fondamentale. Girovagando senza metà non solo incontreremo diversi NPC che attiveranno incarichi secondari ma apprenderemo anche importantissime informazioni che ci aiuteranno a raggiungere più velocemente i nostri bersagli.
Ecco quindi che ciascuna missione potrà esser completata molto velocemente dal giocatore. Cinque minuti se riesci ad individuare subito il tragitto giusto. Tanti minuti dando la priorità all’esplorazione. E qui emerge subito uno dei principali difetti di Dishonored. L’ i.a. non è certo all’avanguardia e spesso alcune manovre riusciranno poiché i soldati non si saranno accorti, inspiegabilmente, della nostra presenza.
Non solo stealth, anche action
Come detto, il gioco può essere affrontato non solo in stealth ma anche in modalità action. Corvo infatti disporrà di una pistola, di una spada, di una balestra che lancerà, oltre a dardi stordenti, anche dardi mortali e incendianti; bombe, mine e chi più ne ha più ne metta. A tutto questo combiniamo diversi poteri offensivi come un vortice capace di uccidere i nemici oppure possedere un branco di ratti e decidere di fargli mangiare i poveri malcapitati. Insomma, una vera e propria macchina da vendetta.
Ma c’è un però. Più il numero di uccisioni in ciascuna missione sarà elevato, più si alzerà il livello di caos. Più questo sarà alto e più Dunwall si popolerà di famelici topi e persone infette dalla peste. Inoltre, la storia prenderà una piega “malvagia” e andremo incontro ai due finali “cattivi”.
Ed ora si arriva al problema principale di Dishonored. La differenza tra i due approcci. Giocare a caos elevato è infinitamente più divertente e permette al giocatore una libertà d’azione sconfinata, sfruttando tutto ciò che gli sviluppatori hanno messo a disposizione di Corvo. Spingere il gameplay oltre i confini dell’immaginazione. Ecco un video che può farvi capire ancora meglio il concetto.
Scegliere il caos basso comporta un gameplay più difficile. Estremamente soddisfacente per i puristi ma non permette di raggiungere i picchi creativi della modalità caotica. C’è quindi un grosso sbilanciamento tra azione ed ombra, soprattutto perché il giocatore non potrà contare sugli stessi mezzi di chi vuole uccidere e fare “casino”.
Ancora esplorazione
L’esplorazione è importantissima anche per lo sviluppo del personaggio. Per potenziare Corvo, dobbiamo trovare le Rune e gli Amuleti d’osso nascosti. Per scovarli, utilizzeremo il Cuore, oggetto mistico che ci indicherà la loro posizione sulla mappa.
Con le Rune, potremo “comprare” e poi potenziare i poteri del protagonista. Con gli Amuleti d’osso invece, disporremo di numerose abilità passive. Equipaggiabili fino a dieci contemporaneamente, starà al giocatore scegliere quelli più idonei al suo stile di gioco.
Conclusione
La componente artistica di Dishonored è meravigliosa. Harvey Smith di Arkane Studios definisce il titolo come retro – futuro – industriale. Una commistione tra tecnologia all’avanguardia e l’Inghilterra del XVII secolo. Perdersi per le vie di Dunwall è un’esperienza unica e la cura con cui ogni edificio, ogni singolo dettaglio è curato, è qualcosa di fuori di testa.
Dishonored è un titolo seminale. Esso infatti non solo è uno dei migliori stealth tutt’ora in circolazione a distanza di anni ma ha anche posto le basi per il secondo capitolo della saga, per Prey e per ciò che saranno Deathloop e Redfall. Un titolo che va necessariamente recuperato, per comprendere appieno il significato di level design e di immersive sim. Più semplice ancora, per capire quanto può essere bello sviluppare videogiochi.