Il 74° Festival di Cannes ha visto, nella sua giornata conclusiva, Marco Bellocchio ricevere la Palma d’Oro onoraria. Bellocchio è il sesto regista a ricevere il premio che quest’anno verrà assegnato anche a Jodie Foster.
Marco Bellocchio è nato il 9 Novembre del 1939 a Bobbio, in provincia di Piacenza. Durante la sua giovinezza frequenta le scuole salesiane. Questi due elementi, la provincia e l’ambiente religioso, saranno poi fondamentali per i suoi film. Si sposta poi a Roma, dove frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Cinecittà. Tra i suoi insegnanti figura anche Andrea Camilleri. Continua i suoi studi poi a Londra e, tornato in Italia, a 26 anni fa il suo esordio dietro la macchina da presa.
I pugni in tasca
Nel 1965 esce I pugni in tasca. Marco Bellocchio racconta la storia di una famiglia dell’appennino piacentino. Qui vivono tre fratelli e una sorella insieme alla madre anziana e cieca. Augusto, il fratello maggiore, è l’unico ad avere una vita lavorativa e sociale. Ha una fidanzata, degli amici e, regolarmente, frequenta una prostituta.
Giulia, la sorella, ne è morbosamente innamorata. Leone ha un ritardo mentale. Alessandro invece quasi non esce di casa, prende dei farmaci per tenere a bada la sua malattia, l’epilessia. La famiglia vive in un ambiente oppressivo e Alessandro progetta così di uccidere la famiglia. Dopo un primo tentativo fallito, Alessandro getta la madre in un burrone e annega Leone nella vasca da bagno. Infine muore anche lo stesso Alessandro in seguito ad una crisi epilettica.
Il film, pur essendo uscito nel 1965, venne preso a manifesto della contestazione sessantottina, che sarebbe esplosa da lì a pochi anni. I pugni in tasca infatti rappresenta un tentativo di ribellione alla cellula famigliare, una rivolta anche contro tutte le convenzioni dell’epoca: morali, borghesi, sociali.
In quella ribellione Marco Bellocchio espresse tutto il suo anticonformismo. Una ribellione che, espressa in quel modo, si manifestava in forma violenta e fallimentare.
Il successo
Sebbene I pugni in tasca sia un film autoprodotto dallo stesso regista, rifiutato al Festival di Venezia e presentato in un contesto marginale, la pellicola venne accolta con enorme entusiasmo da parte della critica, tanto da vincere svariati premi in diversi anni, regalando a Marco Bellocchio un enorme successo. Nel 1967 esce La cina è vicina che si aggiudica il premio Leone d’Argento al Festival di Venezia. Nel 1969 Marco Bellocchio prende parte al film Amore e Rabbia, film ad episodi che vede, oltre al regista piacentino, la firma di Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Jean-Luc Gordard e Carlo Lizzani.
Sbatti il mostro in prima paginaesce nel ’73, inserendosi in quel filone di cinema politico molto in voga in quegli anni (e di cui sicuramente Elio Petri rappresenta un altro nome fondamentale). Il film vede protagonista Gian Maria Volonté nel ruolo del capo redattore di un importante quotidiano, che tenterà di manipolare un fatto di cronaca nera per scopi politici.
Nel 1980 esce Salto nel vuotoche fa vincere al regista un David di Donatello e ai due interpreti, Anouk Aimée e Michel Piccoli, i premi come miglior interpretazione femminile e maschile al Festival di Cannes.
L’incontro con Massimo Fagioli
Durante gli anni 70 Marco Bellocchio fa la conoscenza di Massimo Fagioli. Fagioli è uno psichiatra e uno psicoterapeuta celebre per la sua Teoria della nascita e per i suoi seminari di Analisi Collettiva. Questi seminari sono delle sedute di psicoterapia di gruppo dove la guarigione della malattia mentale passa attraverso il setting, il transfert e tramite l’interpretazione dei sogni.
Ad interpretare è ovviamente Massimo Fagioli e lo stesso Bellocchio prese parte a questi seminari. Tra i due si instaura un rapporto non solo medico-paziente ma anche artistico. Questa particolare collaborazione sfocia nella realizzazione di tre film: Diavolo in corpo (1986), La condanna (1991) e Il sogno della farfalla (1994).
Diavolo in corpo
Il primo film è appunto Diavolo in corpo. Nei titoli di testa compare la scritta recante la frase “regia di Marco Bellocchio che dedica personalmente il film a Massimo Fagioli”. Il film tratta del rapporto uomo-donna e lo sviluppa nell’attrazione di Andrea per Giulia.
Quest’ultima, figlia di una vittima di terrorismo, è promessa sposa di Giacomo, terrorista pentito e colpevole proprio dell’omicidio del padre di Giulia. Ma Andrea salverà Giulia dalla sua profonda depressione. Marco Bellocchio continua dunque quel discorso politico iniziato vent’anni prima con I pugni in tasca. La ribellione sessantottina ha portato al terrorismo. Giulia deve separarsi dal suo passato violento così come l’italia stava elaborando il trauma degli anni di piombo.
Grazie allo psichiatra di Giulia abbiamo una chiave in più di lettura: “Il mondo è quello che è e noi siamo quello che siamo, e la psicanalisi non ha certo il compito di trasformare il mondo, ma piuttosto quello di aiutarci ad adattarvisi nel migliore dei modi”. Quando nel 2017 Fagioli è morto, Marco Bellocchio ha rilasciato una dichiarazione che fa comprendere come il suo lavoro e in particolare quel film furono frutto di un’elaborazione di quel loro rapporto. “Io ero il regista, ma lui era il regista di me. Questo ha creato tanto scandalo […] In realtà lui mi ha insegnato una serie di sentimenti che io non conoscevo. In questo senso potremmo dire che in 30 anni di esperienza mi ha salvato la vita, nel senso che ha rigenerato una serie di sentimenti che ormai si erano inariditi o che non erano mai esistiti”.
L’ora di religione, Buongiorno, notte e Il traditore
Marco Bellocchio negli anni ha continuato a trattare argomenti a lui cari. Nel 2002 esce L’ora di religione dove racconta la storia di Ernesto Piacciafuoco, pittore, che deve affrontare il processo di canonizzazione della madre. A lui si uniscono i suoi fratelli che devono avere la complicità di un quarto fratello rinchiuso in una clinica psichiatrica. Ma mentre in I pugni in tasca la ribellione del protagonista causava distruzione e violenza, in questo film il rifiuto di Ernesto lo porta a separarsi dalla famiglia.
Del 2003 è invece Buongiorno, nottefilm che tratta del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro nel 1978. Marco Bellocchio torna così a parlare di terrorismo e di sinistra, ma legge la vicenda attraverso gli occhi di una donna, una terrorista presente al rapimento dell’onorevole Moro. L’approccio è quantomai originale, raccontando uno dei fatti storici più importanti della nostra storia da un punto di vista nuovo, più umano.
L’ultimo film di Bellocchio è Il traditore (2019), che ottiene un ottimo successo di pubblico e di critica, vincendo 7 Nastri d’Argento e 6 David di Donatello. Il film racconta la vita di Tommaso Buscetta, il primo pentito di Cosa nostra. Bellocchio analizza un personaggio complesso, splendidamente interpretato da Pierfrancesco Favino.
Lungometraggi
I pugni in tasca (1965)
La Cina è vicina (1967)
Discutiamo, discutiamo, episodio di Amore e rabbia (1969)