I Wavves tornano con un album garage punk spontaneo, scanzonato e disinvoltamente riuscito
Era un bel po’ che, nella scena punk contemporanea, non si riusciva a sentire una musica tanto energica e liberatoria quanto quella proposta dai Wavves in questo loro ultimo album. Ed è anche sorprendente perché non parliamo certo di una band esordiente, quanto piuttosto di un complesso con dieci anni e più di esperienza alle spalle.
Ma è proprio quest’esperienza che, in questo Hideaway, viene messa a frutto appieno nella misura dei suoni proposti nella tracklist. Niente di invadente, niente di eccessivo, solo l’essenziale con una buona dose di eclettismo, qualche piccolo esperimento e atmosfere chiare e speranzose, anche se malinconiche, ben lontante dalla cupezza del post-punk inglese di oggi.
Ciò che infatti premia i Wavves, in questo caso, è paradossalmente proprio la loro americanità. Il surf californiano si sposa con il garage vagamente skate punk, accogliendo però piccoli tocchi barocchi qua e là e persino (in The Blame) dandosi al country punk. C’è di tutto, ma è tutto fatto bene e anche se a risultarne è una grande confusione, è una confusione stupenda.
Help Is on the Way, Sinking Feeling, Marine Life e Planting a Garden sono tutti gioielli, ma la tracklist funziona ottimamente nella sua interezza e dà un’idea del punk, nel 2021, finalmente rinnovata e lontana sia da proclami politici che da becero nichilismo. La speranza è che le band del genere, negli anni ’20, guardino a questo disco con voglia di imparare, e ne prendano spunto.