James Gunn, in questo momento impegnato con la campagna promozionale del suo The Suicide Squad (qui il trailer) ha rilasciato un’intervista al New York Times nella quale ha parlato di varie cose, tra le quali il suo momentaneo allontanamento dal terzo capitolo de I Guardiani della Galassia, a causa di alcune dichirazioni su pedofilia e stupro che non erano piaciute a Marvel e Disney.
Ho chiamato Kevin [Fiege, patron di casa Marvel] la mattina che stava succedendo il fattaccio e gli ho chiesto: “È un grosso guaio?” E lui: “Non lo so”. Quello è stato un momento davvero spiazzaante. Ero tipo: “Come non lo sai?” Sono rimasto sorpreso” – ha ricordato Gunn. Più tardi mi ha chiamato – lui stesso era sotto shock – e mi ha detto cosa avevano deciso ai piani alti.
Era incredibile. E per un giorno sembrava che tutto fosse sparito. Tutto era sparito. Avrei dovuto vendere la mia casa. Non avrei mai più potuto lavorare. Ecco come mi sentivo
Dopo la notizia del suo licenziamento, i membri del cast deiGuardiani della Galassia sono stati tra i tanti che si sono espressi a sostegno di Gunn, scrivendo persino una lettera che ne sosteneva il reintegro.
Mi sono sentito davvero realizzato e amato in un modo che non mi ero mai sentito in tutta la mia vita – ha spiegato il regista.
Dunque gli è stato chiesto se quanto accaduto a lui fosse un caso di Cancel Culture.
[La Cancel Culture] È un problema più grande di me – ha spiegato Gunn. Perché la Cancel Culture è per gente come Harvey Weinstein, che dovrebbe davvero essere cancellata. Le persone che sono state cancellate e poi rimangono tali – la maggior parte di loro lo meritava. Poi bisogna dire che i paparazzi non sono solo le persone per strada, sono quelli che setacciano Twitter alla ricerca di peccati passati. Tutto ciò fa schifo. È doloroso. Ma in parte c’è anche responsabilità. E quella è la parte buona. Si tratta solo di trovare quell’equilibrio