A inizio millennio la sfida era tra Pokémon e Digimon. Quale preferivate?
Tutti siamo cresciuti con Pokémon… e Digimon. Qualcuno di più con i primi, qualcuno di più con i secondi, altri con entrambi. Le due serie anime basate sui due franchise rivali, in particolare, sono principali campi di battaglia sui quali Pokémon e Digimon si fronteggiano a inizio millennio.
A livello videoludico, infatti, i giochi di Digimon non possono competere con i super-classici del Game Boy. Questo nonostante il franchise nasca proprio dai videogiochi con il Digital Monster, un virtual pet del tutto simile al Tamagotchi (uscito qualche mese prima).
Anche il gioco Digimon World, del 1999, poco può contro i sempre innovativi e fluidi giochi di Pokémon; e infatti viene dal pubblico piuttosto mal recepito. È solo con la serie anime, in onda su Fuji TV dal 1999 al 2000, che i Digimon conquistano veramente tutti.
La serie Toei Animation/Bandai si differenzia infatti da quella dedicata a Pokémon per differenti aspetti. I protagonisti umani vivono le loro avventure, ciascuno con un Digimon compagno, in un mondo irreale e fantastico (di fatto, digitale), sempre in mezzo a pericoli e trame complesse.
Il mondo dei Pokémon al confronto è molto più domestico e coinvolge schemi ripetuti e solidi: Ash e compagni raggiungono una città, conoscono un nuovo Pokémon, affrontano il Team Rocket e via per un’altra avventura.
La serie anime di Pokémon è molto più verticale, con episodi a sé stanti e una trama che si dipana molto lentamente. Quella di Digimon è invece orizzontale, con lunghe “saghe” rappresentate da villain da sconfiggere, sullo stile di Dragon Ball e One Piece.
Stabilite le differenze (le preferenze, chiaramente, stanno a ciascuno di noi), andiamo a scoprire come è nata questa prima serie anime, alla quale hanno fatto seguito poi altre sette serie tutte basate sul medesimo universo, costantemente espanso.
Due franchise diversi ma complementari
Fin dall’inizio il Digital Monster distribuito da Bandai e studiato sul modello del Tamagotchi mira dichiaratamente ad un pubblico maschile. Più che accudire il digital pet, bisognava allenarlo e farlo combattere per renderlo sempre più forte.
Questo il meccanismo alla base della famosa “digievoluzione”, che di fatto tramuta i Digimon in esseri sempre più pericolosi e minacciosi. La digievoluzione è solo temporanea e, come tutti ricordano, viene attivata dai “Digivice” in possesso dei compagni umani dei Digimon.
Tra il 1997 e il 1998 escono diverse generazioni di virtual pet, che i giocatori possono far combattere tra loro collegando i dispositivi portatili sui quali le creature “vivono”. Da lì, il lancio di una serie animata (quella di Pokémon è già in onda dal 1997) sembra il passo logico successivo.
E, nonostante l’iniziale nomea dei Digimon come “brutta copia” dei Pokémon, il successo arriva tempestivo anche in Italia, dove l’anime viene tramesso nel corso del 2000, su Rai Due. Gli spettatori pian piano si appassionano ai toni più “avventurosi” della serie di Digimon.
Vengono anche apprezzati gli aspetti che coinvolgono temi fantasy, horror e sci-fi, così come la caratterizzazione molto più umanoide e meno animalesca dei Digimon. Essi parlano, posseggono personalità spesso corrispondenti a quelle dei padroni e sono capaci di decisioni autonome.
Da lì, il successo si estende ad un redditizio franchise fatto di film, videogiochi, altre serie tv ancora e naturalmente giocattoli, pupazzi e persino un gioco di carte. Vero, il franchise rivale dei Pokémon domina sul mercato. Ma i Digimon tengono banco ancora: basti dire che nel 2020 è stata lanciata una serie reboot dell’originale, anch’essa intitolata Digimon Adventure.