Un capitolo a parte tra i giochi di Super Mario, amato quanto odiato
Pochi giochi nel panorama videoludico platform classico fanno discutere ancora oggi quanto Super Mario Sunshine. Il secondo capitolo ufficiale delle avventure di Mario in 3D, seguito dell’acclamatissimo Super Mario 64, questo gioco si fa carico nel 2002 del difficile compito di portare avanti l’eredità di un franchise già leggendario che prosegue ormai da vent’anni.
Questo nel contesto di un mercato in costante cambiamento. La sfida di Nintendo Gamecube, console di cui Super Mario Sunshine è titolo di punta, viene parzialmente persa a causa dell’avvento di due potenti rivali imbattibili: PlayStation 2 e Xbox. La garanzia di qualità portata da Mario barcolla e anche se il successo del gioco non si fa mancare, oggi non è esente da critiche e giudizi anche impietosi.
Super Mario Sunshine ha luogo sull’Isola Delfino e vede il baffuto idraulico scontrarsi per la prima volta con Bowser Jr., il figlio del suo acerrimo nemico. In una trama intricata, il mini-villain cerca di far ricadere su Mario la colpa di una serie di “imbrattamenti”, operati da lui per mezzo di una specie di fanghiglia putrida in ogni angolo dell’isola.
Mario deve rimediare, lavando letteralmente ogni ambiente (e gli abitanti pure) grazie all’ausilio dello Splac 3000, uno zaino spruzza-acqua che può sfruttare anche per varie acrobazie e nel combattimento. Questo è più o meno quanto. Nel corso della storia Mario visita una serie di livelli tutti a tema “estate”: un porto, una spiaggia, un resort, un parco divertimenti, e così via.
Un gioco fitto di momenti difficili
Le difficoltà emergono quasi subito, e stanno sia nella gestione del gameplay che nell’organizzazione del gioco stesso. Per esempio, tutti ben ricordano la difficoltà nel collezionare i famigerati soldi blu, nascosti in maniera assolutamente diabolica e spesso quasi inimmaginabile. Lo stesso vale per una buona parte dei “soli”, l’equivalente in questo gioco delle stelle di Mario 64.
I comandi, da sfruttare con le funzioni dello Splac 3000 per raggiungere luoghi inaccessibili o aree segrete, si rivelano spesso ostici e legnosi. I picchi di difficoltà sono numerosi, imprevisti e spesso frustranti, come nel caso del celebre “uccello di sabbia” o del temutissimo “flipper”, strazio inenarrabile per una intera generazione di giocatori.
Uno dei principali difetti del gioco, poi, si ritrova nei comandi della barca di legno da sfruttare durante l’esplorazione dell’ultimo stage (compare anche in precedenza). Guidarla, come tutti ricordano, è difficilissimo e il rage-quitting è sempre dietro l’angolo. Un esempio di un aspetto del gioco che poteva sicuramente essere gestito meglio.
E ce ne sarebbero diversi altri, dal lavoro di camera pasticciato alle intricate missioni con gli Yoshi, per arrivare alle sfide speciali da affrontare senza Splac 3000, con il rischio di cadere a ogni passo. Insomma, un gioco difficile per eccellenza; sì colorato, fantasioso e innovativo, ma visto il genere in alcuni punti davvero troppo estremo.