Croc: un coccodrillo alla salvezza del (suo) mondo
Uno dei piattaforme più indiscutibilmente caratteristici del genere, Croc ha fatto crescere un’intera generazione di (piccoli) gamer. Destinato chiaramente ai bambini, il gioco rivela a distanza di quasi tre decenni dettagli straordinariamente riusciti.
Forse l’unico prodotto veramente memorabile della Argonaut Games (su distribuzione Fox), il gioco si ricorda ancora oggi per i suoi intensi colori, le sue ambientazioni fortemente definite e i tratti a metà tra fantasy e adventure.
Il protagonista è Croc, intuitivamente un coccodrillo antropomorfo che viene allevato da una tribù di esserini chiamati i Gobbos. Sarà lui a doverli salvare dalle angherie del malefico barone Dante e dai suoi tirapiedi, i Dantini.
Una trama che non si sposta troppo da motivi fiabeschi e che del resto, come molti giochi per PSX, è più un pretesto per dare avvio all’avventura. Avventura che ha luogo in ambienti mirabolanti ma anche realistici, attraverso quattro setting principali: “erba”, “neve”, “deserto” e “castello”.
Chiaramente, come nei racconti medievali, il villain si nasconde nel tenebroso castello, mentre i Gobbos da lui rapiti sono prigionieri o nascosti tra i vari mondi. Sta a Croc salvarli, raccogliendo gli oggetti necessari o sbloccando aree segrete.
Un platform semplice, colorato ed elegante
Nelle più classiche dinamiche del genere, Croc raccoglie cristalli lungo la via, che saranno i suoi hit points; e altri cristalli colorati, cinque per livello, per aprire un’area bonus. Completate tutte le aree se ne sbloccano altre segrete e così via, fino ad aprire l’accesso al mondo finale… super-segreto.
Ovviamente, non conta tanto la trama quanto l’esperienza di gioco. Chi ci giocava da bambino non può non aver apprezzato l’immersione in un universo di suoni, colori e azione dalle possibilità, per un gioco 3D, davvero ampie.
Anche se Croc non si può minimamente confrontare con i capolavori videoludici dell’epoca, anche restando nell’ambito piattaforme (Crash Bandicoot, Spyro the Dragon, per non parlare di Super Mario), la riuscita del gioco è innegabile.
Chiaramente, d’altro canto, la perfezione non si trova ovunque. Se per esempio le musiche, una specie di french house ante-litteram in alcuni punti, sono riuscitissime, lo stesso non si può dire del lavoro di visuale, gestito molto male e problema principale del gameplay.
Detto questo, il gioco rimane come un piacevole ricordo d’infanzia per molti gamer che vi saranno incappati in giovane età. Una piacevole alternativa alla serietà e all’impegno di altri titoli, nonché un gioiellino rimasto in fondo ineguagliato nella sua unicità.