Le 7 migliori interpretazioni di Marlon Brando [LISTA]

Una selezione dei ruoli più iconici e indimenticabili del grande Marlon Brando, attore che ha lavorato coi migliori registi della New Hollywood.

Marlon Brando; Il Padrino; Francis Ford Coppola
Marlon Brando nell'iconico ruolo di Don Vito Corleone
Condividi l'articolo

Marlon Brando: l’uomo e il divo

Marlon Brando rappresenta il non plus ultra delle star hollywoodiane, l’artefice di un cambiamento radicale nel modo di recitare statunitense. Fu infatti tra i primi a portare il metodo Stanislavskij nel paese a stelle e strisce. Riuscì a interpretare personaggi entrando empaticamente nel ruolo, assorbendone la personalità. In questo modo scardinò l’impostazione stancamente teatrale del cinema classico.

Ancora oggi, a 17 anni dalla scomparsa, rappresenta una leggenda del cinema mondiale. Il suo volto angelico, unito a una presenza fisica invidiabile e uno sguardo ammaliante, rese la sua figura una vera e propria icona. Il carisma che lo accompagnò per tutta la vita favorì a creare un’aura mitica attorno alla sua figura. Ma per capire come sia arrivato a tale risultato bisogna capire le motivazioni che lo portarono al mondo del cinema.

L’ingresso nell’olimpo di Hollywood

Per sua stessa ammissione Brando affermò a più riprese che la recitazione fosse un modo per rendere orgogliosa la madre. L’attore, infatti, dopo il divorzio dei genitori, rimase molto legato alla figura materna, che vedeva come una musa. Il rapporto col padre era molto conflittuale, data l’assenza del genitore. Si avvicinò così al teatro, esordendo a Broadway a soli vent’anni. Ma il successo non offuscò mai la mente della star.

Infatti, sono note le battaglie sociali e politiche che portò avanti durante la carriera. Dopo vari spettacoli, la sua fama si impone a Broadway interpretando il dramma di Tennessee William Un tram che si chiama desiderio nel 1947. L’esperienza lo portò poi a recitare nell’omonimo film tratto dall’opera teatrale. Ma l’esordio sul grande schermo si deve al regista Fred Winneman, che lo scelse per Il mio corpo ti appartiene del 1950.

Da quel momento Marlon Brando s’imporrà come attore della Hollywood postbellica, famelica di innovazioni e stravolgimenti. Seppe scegliere con grande cura i propri ruoli e portare avanti un ideale diverso di uomo, lontano dalla mascolinità del periodo precedente.

Le produzioni dell’epoca si ampliarono sempre di più a ruoli lontani dagli stereotipi degli anni ’40 e s’impose il gusto per il cinema europeo. La parabola ascendente dell’attore vide un momento di difficoltà all’inizio degli anni ’60, quando il cinema si stava trasformando definitivamente.

La Nuova Hollywood negli anni ’70 non poté che accogliere Brando tra le sue braccia permettendogli di riprendersi dal momentaneo declino. Vediamo quindi quali ruoli più di altri hanno permesso a Marlon Brando di diventare una vera e propria leggenda.

1) Stanley Kowalski – Un tram che si chiama desiderio, 1951, Elia Kazan

Marlon Brando; Un tram che si chiama desiderio; Elia Kazan
Vivien Leigh e Marlon Brando in Un tram che si chiama desiderio CREDITS: WARNER HOME VIDEO

Si tratta del titolo che ha spalancato a Marlon Brando le porte del successo e gli ha permesso di farsi conoscere presso il grande pubblico. Il film è diretto dal leggendario Elia Kazan, tristemente noto, fra le altre cose, per aver collaborato con il comitato McCarthy per la caccia alle streghe di colleghi comunisti.

L’attore di Omaha interpreta Stanley Kowalski, un lavoratore molto rude e brusco nei modi. Sua cognata, Blanche (la magnifica Vivien Leigh), si trova in ristrettezze economiche e si trasferisce preso i coniugi Kowalski. La sua presenza sconvolgerà gli equilibri già molto precari della coppia. Ciò che la caratterizza è una personalità volitiva e instabile, che sfocia nella paranoia. Il rapporto con Stanley non potrà che essere problematico e motivo di grandi sconvolgimenti.

Brando interpreta un uomo che viene ripetutamente definito “primitivo”, violento e animalesco nel modo di rapportarsi agli altri. Egli domina fisicamente e psicologicamente la propria fidanzata, Stella, la quale non trova il coraggio di lasciarlo. Il personaggio di Brando è vittima della propria rabbia e dei propri scatti d’ira incontrollati.

L’attore veste i panni di un uomo estremo con totale naturalezza, nonostante siamo abituati a vederlo interpretare personaggi riflessivi. Brando esterna perfettamente questo atteggiamento impulsivo e bestiale, che lo consacra a Hollywood e lo impone come sex symbol americano.

2) Johnny – Il selvaggio, 1953, Laszlo Benedek

Il selvaggio; Laszlo Benedek
Marlon Brando in Il selvaggio CREDITS: Columbia Pictures

L’immagine di Marlon Brando in jeans e giacca di pelle in sella a una motocicletta tratta da Il selvaggio rimane ancora la più forte e memorabile. In questa mise troverete infatti la cera dell’attore presso il Madame Toussauds, a Londra. Difatti, stiamo parlando forse del ruolo che veramente lo consacrò come icona americana ed è il primo nel quale egli recita come protagonista assoluto.

LEGGI ANCHE:  Apocalypse Now: 5 aneddoti da brividi sul "making of" di questo capolavoro

Brando è Johnny Strabler, capo di un gruppo di centauri che si sposta da una città all’altra in cerca di guai. Il gruppo infatti, giunto a Wrightsville, schiamazzando e facendo bisboccia procurerà non pochi disguidi con i cittadini locali.

Johnny però si mostra più interessato alla barista del locale nel quale trova ristoro e se ne innamora. Coinvolto come capro espiatorio dalla folla inferocita di cittadini e sconfortato dalla sfiducia per le istituzioni, verrà discolpato solo dalla sua amata.

L’attore entra alla perfezione nella parte del leader carismatico e silenzioso. Il suo stesso incedere rende l’interpretazione epica. Il carattere duro e collerico del personaggio si dissolverà per fare spazio a un animo buono e romantico. Il viso di Brando si presta perfettamente a questa ambivalenza. Lo spettatore è infatti conquistato dal motociclista e dalla sua banda che, nonostante l’iniziale attrito, si mostra più umana della “serena” cittadina.

3) Terry Malloy – Fronte del porto, 1954, Elia Kazan

Fronte del porto; Elia Kazan
Marlon Brando è Terry Malloy in Fronte del porto CREDITS: Ceiad

Anche Fronte del porto vede la regia di Elia Kazan e si può intendere come il suo j’accuse per gli eventi del maccartismo.

Infatti, la storia è quella di Terry Malloy, portuale che, come i suoi colleghi, si trova sottomesso a Johnny Friendly, capo criminale del sindacato. L’intero porto conosce gli omicidi del boss, ma vige l’omertà. Soltanto il prete della cittadina esorta i lavoratori a ribellarsi al male. Malloy inizia un percorso di redenzione che lo porterà ad alzare la testa nei confronti delle angherie di Friendly.

Inizialmente solo e disilluso, consapevole dell’inutilità delle proprie azioni, riuscirà poi a liberarsi dal male nel finale colmo di pathos.

Brando qui recita in uno dei ruoli più iconici della sua carriera. Indimenticabile la sua giacca a quadri, con la quale si aggira per il porto, spaccandosi la schiena. Se l’avevamo visto aggressivo, dominatore e violento nel film precedente, qui Brando cambia faccia. Il suo volto si adatta quello di un uomo calmo, sconsolato, incastrato in una situazione senza via d’uscita. Le sue azioni sono ponderate e dettate dal senso comune. Ma la sua rinascita permetterà di svegliare il coraggio che è in lui e guadagnare la propria libertà.

4) Valentin Xavier – Pelle di serpente, 1960, Sidney Lumet

Marlon Brando; Pelle di serpente; Sidney Lumet
Anna Magnani e Marlon Brando in una scena di Pelle di serpente CREDITS: DEAR

La regia è curata dal maestro Sidney Lumet, che mette in scena un dramma esistenziale straziante. Pelle di serpente vede la partecipazione di un grande Marlon Brando in un ruolo molto intenso.

Questo interpreta infatti un vagabondo, un musicista di New Orleans che cerca la via della redenzione dopo un passato errabondo. Nel profondo Sud troverà però un’accoglienza a dir poco glaciale. Inizia a lavorare nel negozio di Lady Torrance, una strabiliante Anna Magnani, e se ne innamora.

Questa situazione porterà non pochi guai al protagonista, detto «pelle di serpente» per la sua inseparabile giacca. Egli si dovrà scontrare infatti con una società bigotta, violenta e razzista. La sua genuinità non può trovare spazio in un luogo così maledetto.

Brando dona al progetto un’interpretazione viscerale, di un uomo disilluso e tormentato per l’incapacità di vivere del suo sogno. È consapevole del fatto che si muove in un territorio disperato e lacerato dall’odio. Trova la propria forza nella donna che ama, anch’ella vittima di un sistema che schiaccia coloro che sono diversi e tolleranti.

Il suo sguardo è disarmante e trasmette perfettamente le emozioni del personaggio. Il pathos cresce per esplodere nel tragico finale, che non lascia scampo. Siamo di fronte a un film eccezionale, reso tale anche grazie ai suoi grandi protagonisti.

5) Paul – Ultimo tango a Parigi, 1972, Bernardo Bertolucci

Marlon Brando; Ultimo tango a Parigi; Bernardo Bertolucci
Marlon Brando e Maria Schneider in una celebre scena di Ultimo tango a Parigi CREDITS: United Artists Europa

Ultimo tango a Parigi resta tra i film più controversi e discussi della storia del cinema. Destò scalpore all’uscita, tanto da essere vietato dalla Corte di Cassazione, che provò senza successo a distruggerne tutte le copie. L’idea nacque da una fantasia sessuale del regista, Bernardo Bertolucci, che sognò di avere un rapporto con una donna sconosciuta, incrociata per strada.

LEGGI ANCHE:  10 film che dovete assolutamente vedere se amate Narcos

Difatti la premessa del film è proprio questa. Paul è un vedovo di mezza età, distrutto e affranto. L’incontro casuale con Jeanne porterà a una relazione malsana e morbosa, prevalentemente sessuale. I due, infatti, per scelta di Paul, rifiutano di scambiarsi informazioni personali.

L’interpretazione del nostro Brando è straziante, carica di drammaticità e desolazione. Il suo personaggio è un uomo perduto, che vaga per le strade di Parigi. Ha perso qualsiasi forza, nonché ragione, di vita.

Questa viene risvegliata dall’incontro con Jeanne (Maria Schneider), una ventenne in cerca di un senso dell’esistenza. La delicatezza e allo stesso tempo la ferocia con cui vive la storia d’amore sono indimenticabili. L’espressione devastata di Marlon Brando risulta estremamente credibile e travolge per la sua potenza.

6) Don Vito Corleone – Il padrino, 1972, Francis Ford Coppola

Il padrino; Francis Ford Coppola
Marlon Brando nella scena più celebre de Il padrino CREDITS: CIC Video

Sarebbe quasi inutile parlare di questo ruolo per l’iconicità raggiunta grazie al connubio perfetto di attore e personaggio. Il livello di perfezione raggiunto da Brando in Il padrino forse non è ancora stato eguagliato.

Il nostro Marlon Brando è Don Vito Corleone, capo di una famiglia mafiosa di New York, che sta vivendo un periodo di declino. Egli è pronto a passare il testimone ai propri figli, poiché le sue condizioni di salute affrontano un rapido deterioramento causato dall’età. Francis Ford Coppola sceglie proprio Brando e come prima collaborazione i due trovano la sinergia perfetta dando luogo a un capolavoro immortale.

L’interpretazione di Don Vito è diventata più che storia del cinema, si potrebbe dire che è entrata nell’immaginario culturale collettivo come un segno indelebile.

L’attore infatti dona anima e corpo al progetto. Penetra nelle viscere del suo personaggio a livello fisico e mentale. L’espressione dura, il volto stanco di un anziano, l’amore per i figli e la spietatezza della sua volontà sono i tratti che lo contraddistinguono.

Brando permette a tutti questi elementi di convivere insieme per dare vita a un personaggio complesso e ambivalente. La bravura di Marlon Brando è stata anche premiata con la statuetta più ambita del cinema americano. Ma l’attore si rifiutò di ricevere il premio in segno di protesta a difesa dei diritti dei nativi americani.

7) Colonnello Kurtz – Apocalypse Now, 1979, Francis Ford Coppola

Marlon Brando; Apocalypse now; Francis Ford Coppola
Marlon Brando è il colonnello Kurtz in Apocalypse Now CREDITS: Titanus

Un altro film di Francis Ford Coppola, un’altra opera che non necessiterebbe presentazioni. Qui la prova di Brando, se possibile, vola ancora più alto. Raggiunge vette altissime e tocca frequenze virate su un lato spirituale.

La clausola di dover girare le sue scene in penombra fu imposta dall’attore stesso per una volontà personale. Infatti, in quel periodo stava assumendo molto peso e non voleva apparire in quelle condizioni. Questo ostacolo permise però di rendere il suo personaggio ancor più enigmatico e potente. Illuminato di traverso ed in penombra dalla fotografia di Vittorio Storaro, assunse una valenza del tutto mistica.

L’esercito americano ordina una missione per recuperare il colonnello Kurtz (Brando), disperso nella giungla del Vietnam, dove, unendosi agli indigeni, sta creando una nuova società. A comandare l’operazione sarà il capitano Willard (Martin Sheen) Il viaggio all’interno dell’orrore della guerra e l’arrivo presso il generale costituiscono lo svolgimento di un capolavoro senza eguali.

Regia e fotografia sono impeccabili, alle quali si aggiunge un cast di fuori classe. Tra questi, Brando eccelle nell’interpretazione, seppur breve, del colonnello. Le sue espressioni, il modo di comunicare e lo sguardo assorto ma lucido sono le caratteristiche della sua recitazione.

Kurtz non solo è entrato nella storia, ha permesso anche di porsi domande altissime, attraverso le sue affermazioni a dir poco estreme. Coppola e Brando lavorarono a stretto contatto per mesi sulla costruzione del personaggio. Il risultato è evidentemente perfetto in ogni sua sfumatura.