Alice nel Paese delle Meraviglie (Lewis Carroll aka Charles Lutwidge Dodgson, 1865) è riuscito a stregare tutto il mondo con la sua grande fantasia. Esponente della letteratura nonsense, il romanzo verte sulle peripezie di una bambina di nome Alice in un mondo sotterraneo fantastico. Gli incontri con una serie di personaggi bizzarri, i giochi di parole e le bizzarre trovate del geniale autore hanno fatto scuola.
La trasposizione più famosa è sicuramente il lungometraggio animato della Disney nel 1951. Il famoso studio americano, però, trasformò il film in una fiaba adatta a tutte le famiglie, incontrando perciò un riscontro controverso. L’opera deluse in particolare i fan del romanzo, tra cui il regista ceco Jan Švankmajer, un maestro della stop motion.
Dopo una ventennale esperienza nei cortometraggi, il regista decise di tentare la strada del lungometraggio, realizzando un’opera perfettamente in linea con l’interpretazione del romanzo. Fu così che nel 1988 uscì Qualcosa di Alice, considerato il capolavoro di Švankmajer nonché uno dei migliori film in tecnica mista di sempre. La frase “Attieniti al testo!” pronunciata sul finale dal personaggio del re sembra quasi una dichiarazione di intenti del regista.
Struttura e stile del romanzo
Il romanzo racconta in 12 capitoli le bizzarre avventure di Alice, mentre il film in 86 minuti; entrambi si chiudono con un colpo di scena finale. L’evento da cui parte il tutto è simile, cioè la bambina che segue il Bianconiglio che è in ritardo per qualcosa. Tuttavia, l’entrata per il Paese è diversa: nel romanzo è un buco scavato nel terreno, nel film un cassetto con strumenti per il disegno matematico.
Ha quindi inizio l’avventura, che però non si limita a una serie di incontri incredibili. Il romanzo, infatti, è famoso anche per i molteplici giochi di parole in lingua inglese, che hanno dato non pochi grattacapi ai traduttori di tutto il mondo. Aggiungiamo anche molte parodie di scritti per l’infanzia, molti di quali banali e moraleggianti ma retrogradi.
Alcune poesie sono addirittura visivamente evocative. Pensiamo a Il racconto del topo, in inglese The Mouse’s Tale. Sulla pagina esso appare come la coda di un topo, in quanto gioca con la somiglianza fonetica tra tail (coda) e tale (racconto). Il motivo di tale racconto risiede nella spiegazione che il personaggio del topo dà in merito al suo odio verso cani e gatti.
Sono inoltre presenti anche alcuni giochi matematici. Il maggiore e più celebre avviene nel punto in cui Alice, sentendosi cambiata, comincia a fare operazioni aritmetiche in base. Per quanto strani, i risultati ottenuti enunciando la tabellina del 4 non stanno in realtà utilizzando la base 10, cioè quella che il nostro sistema numerico decimale utilizza rappresentare i numeri (ogni numero contiene cifre che vanno al massimo da 0 a 9).
Infine, il romanzo presenta uno spiccato simbolismo. Consideriamo, ad esempio, la scena in cui tre giardinieri stanno dipingendo di rosso delle rose che sono bianche. Il loro terrore di essere decapitati dalla Regina svela il riferimento: si tratta della Guerra delle Due Rose (1455-1485). Moltissimi sono, infatti, i riferimenti satirici all’evento che vide contrapporsi gli York (bianchi) e Lancaster (rossi).
La struttura e lo stile del film di Švankmajer
Švankmajer ha dovuto assumersi la sfida di tradurre l’universo narrativo linguistico di Carroll in quello cinematografico. L’incipit del film, infatti, chiarisce sin da subito la profondità dell’ispirazione al romanzo. Infatti, Alice si rivolge direttamente allo spettatore consigliandogli di chiudere gli occhi per vedere. I giochi di parole del romanzo diventano, quindi, giochi visivi.
Il regista mantiene quindi il carattere surreale e grottesco dell’opera, eliminando riducendo all’osso i dialoghi ed eliminando quasi del tutto i giochi di parole e le filastrocche. Ecco che, per esempio, il topo non racconta più del suo odio verso cani e gatti, ma utilizza la testa di Alice per mangiare. Visivamente, quindi, abbiamo di fronte il magistrale uso della stop motion di Švankmajer.
La maggior parte delle ambientazioni e dei personaggi sono caratterizzati da oggetti o indumenti di uso quotidiano, come sottolinea anche la continua apparizione di comodini. Per esempio, il bruco è fatto con un calzino di lana. Le bevande e il cibo sono vistosamente finti, eccezion fatta per il tè. Il Bianconiglio nel film è imbottito di segatura, che diminuisce ogni volta che estrae l’orologio.
L’espediente porta subito spettatore a comprendere che è ormai entrato in un mondo di finzione in cui il tempo è sospeso e non si può morire. Infatti, per quanto l’animale sembri impagliato, in realtà appare vivo e tiene alla propria manutenzione. Il potere del mondo della fantasia è proprio questo, non esiste ma in realtà è vivo, basta solo attivarne uno dei tanti.
Il Re e la Regina di Cuori, invece, nel romanzo sono nelle carte e nel film si scontornano dalle loro rispettive carte e prendono vita. Sono quindi dei disegni, che, senza l’impiego della CGI, muovono la testa, il corpo e i muscoli del viso, assumendo varie espressioni. Non a caso, forse la parte in cui compaiono rappresenta il picco visivo dell’intero film.
L’animazione dei momenti in cui Alice rimpicciolisce o si ingrandisce è peculiare: nel primo caso, Švankmajer sostituisce la bambina vera con una bambola dalle sue sembianze (che appare anche nella sua cameretta), mentre per ingrandirla ricorre alla stop motion per scandire il processo di crescita. Nel passaggio da bambola a gigante, la bambina risulta intrappolata in una sorta di crisalide derivata dalla bambola, creando un effetto abbastanza inquietante.
Alice è l’unico personaggio in carne e ossa nel film, in quanto è l’unica (“apparentemente”) reale. L’attrice protagonista è Kristýna Kohoutová, ma la voce appartiene a Camilla Power (però non accreditata). Particolarità di Qualcosa di Alice è che la bambina doppia tutti i personaggi, utilizzando il discorso diretto. L’espediente impiegato enfatizza la dimensione onirica del film.
Il personaggio di Alice
Nel romanzo, Alice ha una personalità molto forte e parla con se stessa, arrivando anche a rimproverarsi. Si considera quasi come un involucro contenente due personalità, anche perché risente molto dallo spaesamento dovuto al suo incredibile viaggio. Non sapendo più chi sia, comincia a ripassare le nozioni apprese a scuola, tra cui la tabellina del 4 (come abbiamo già accennato).
Il suo personaggio è stato largamente studiato dalla critica, che l’ha tratteggiato in vari modi. Qualcuno l’ha mostrata come un valido esempio di maturità e perseveranza, notando il suo lato introspettivo; altri, invece, si sono soffermati sulle sue continue interruzioni ai discorsi degli animali e sulla questione delle crostatine, ritenendola scortese, ipocrita e violenta.
Molti hanno avanzato l’ipotesi che il personaggio sia costruito sul modello di Alice Liddell, amica di Lewis Carroll, ma questo ha negato. Tuttavia, è pressoché certo che l’autore abbia dedicato a lei il libro. In ogni caso, la poesia All In The Golden Afternoon, in prefazione al romanzo, racconta del giorno in cui Carroll improvvisò la storia di Alice nel Paese delle Meraviglie: nel momento in cui fu raccontata, la Liddell era presente.
Nel film, Alice appare subito molto annoiata, tanto da arrivare addirittura a lanciare sassi prima nel fiume e poi nella sua tazza da tè in cameretta. Il risveglio del Bianconiglio la porta in un mondo fantastico da cui appare catturata, nonostante una certa impassibilità. L’impulsività di Alice è enfatizzata, in quanto la bambina beve il liquido con cui poi si ingrandisce senza nemmeno chiedersi se possa essere avvelenato o meno.
Chiaramente, essendo in ambito cinematografico, Švankmajer ha tratteggiato la bambina più con le sue azioni che attraverso i suoi pensieri. Inoltre, il regista si è concentrato sui momenti più “oscuri” del romanzo, perciò Alice è priva di qualsiasi dolcezza. Infatti, i due personaggi diventano sovrapponibili durante il processo: nessuna delle due ha paura di essere decapitata.