Monster Hunter: Recensione del film con Milla Jovovich
Tra le novità al cinema questo 17 Giugno anche Monster Hunter, il nuovo film di Paul W.S. Anderson con Milla Jovovich, tratto naturalmente dalla celebre saga di videogiochi targata Capcom. Ecco la nostra recensione.
Dopo il capitolo finale di Resident EvilPaul W.S. Anderson continua a esplorare il confine tra cinema e gaming, rilancia la posta e tenta di inaugurare un nuovo franchise, adattando per il grande schermo un altro videogioco di grande successo: Monster Hunter.
Sua partner nell’impresa è naturalmente sua moglie Milla Jovovich, pronta a trasformarsi questa volta in una indomita ranger dell’esercito degli Stati Uniti, il Capitano Artemis, regina assoluta di un film dalla trama esile, che pure sa tenere alta la tensione.
Colonna sonora martellante, grandiose esplosioni, orde di mostri terrificanti e ragni alti come un palazzo a sei piani. Questi gli ingredienti essenziali di un Action che pesca a piene mani dall’immaginario Fantasy.
Monster Hunter è un film fortemente sconsigliato a chiunque soffra di aracnofobia, ma anche ai giocatori che sognavano di veder replicata su grande schermo la complessità di personaggi e situazioni proposte nella serie di videogiochi pubblicata da Capcom tra il 2004 e il 2005.
Più che ai fan irriducibili del gioco, il nuovo film di Paul W.S. Anderson si rivolge allora a tutti gli amanti del classico Action, capace di garantire 103 minuti di intrattenimento puro, zero pensieri, tante botte e poche pretese.
Monster Hunter: la Trama (No Spoiler)
Dietro al nostro mondo ce n’è un altro. Un mondo popolato da mostri giganteschi e potenti che dominano il loro territorio con ferocia mortale.
Il Capitano Artemis (Milla Jovovich) deve guidare la sua squadra speciale, l’Alpha Team, in una rischiosa missione nel deserto. Un’altra squadra, Bravo Team, è infatti misteriosamente scomparsa nel nulla. Loro compito è cercare di scoprire cosa sia accaduto ai loro commilitoni.
Mentre sono in missione, Artemis e i suoi soldati vengono investiti da una tempesta di sabbia. Ma non si tratta di una normale tempesta, di quelle che appartengono al mondo terrestre. Il team si ritroverà infatti in un mondo sconosciuto.
Una distesa di sabbia, interrotta solo da strane formazioni rocciose, popolata di mostri mai visti prima, pronti ad attaccare da ogni parte, perfino dal sottosuolo. Nel suo disperato tentativo di tornare a casa, Artmis incontrerà solo un altro essere apparentemente umano.
Un misterioso cacciatore (Tony Jaa), imbattibile con spade e pugnali, che è riuscito a sopravvivere in questa terra ostile. Di fronte a implacabili e terrificanti attacchi da parte dei mostri, Artemis e il cacciatore si uniscono per combattere e trovare un modo per tornare a casa.
Da questo punto di vista il regista di Resident Evil conosce il suo mestiere, e per questo non perde neanche un minuto a tergiversare, proiettando subito lo spettatore, fin dalla sequenza iniziale in un terrorizzante mondo parallelo, dove tutto è abnorme e assurdo.
L’incontro tra i due personaggi principali, quello di Milla Jovovich e del cacciatore, rappresenta così l’incontro tra due immaginari tecnicamente molto distanti. Il ranger combatte una guerra di mitra, bombe e pistole. Il cacciatore introduce invece armature, arco e frecce, enormi spade infuocate.
L’incontro dei due personaggi innesca così il clash tra l’estetica contemporanea del film di guerra e l’immaginario fantasy, per un film senza esclusioni di colpi. Combattimenti corpo a corpo, mostri dalle enormi fauci, esplosioni pantagrueliche. Sequenza dopo sequenza, il film procede così come uno scontro continuo.
Apre e chiude l’azione il prode Ron Pelman con il suo galeone, pronto a solcare le distese di sabbia e introdurci in questo mondo parallelo, preparando l’ingresso di Diablos, il più terrificante dei mostri, e così la battaglia finale, che terminerà naturalmente in un clamoroso cliff-hunger.
In termini di intrattenimento, niente da eccepire. Il limite principale di Monster Hunter è piuttosto la sua struttura di “capitolo introduttivo”. Presumendo l’inizio di un nuovo franchise, Anderson si limita a introdurci nel nuovo universo, tracciando le coordinate per la “rifondazione del mito”.
Ma lo scarso successo al box-office, per non parlare delle pessime critiche dalla stampa americana, unite alle difficoltà di una pandemia su scala mondiale, pongono una serie ipoteca sulla possibilità di trasformare Monster Hunter in una saga di successo, capace di bissare i numeri di Resident Evil.