Gastone Moschin è stato un nome forse meno noto di molti suoi colleghi dello stesso periodo, ma rappresenta una figura che ha costellato il cinema italiano nel suo massimo splendore. L’attore, dalla critica definito poliedrico, è stato effettivamente capace di non fossilizzarsi su una singola tipologia di personaggi. Seppe variare e immergersi nel mondo filmico interpretando i più disparati tipi umani. La sua grandezza stava anche nel saper impostare la voce secondo accenti e dialetti di qualsiasi provenienza. Tra gli anni ’60 e ’70 ricoprì decine di ruoli, divenendo l’attore feticcio dei registi italiani di genere e non solo.
La commedia all’italiana
Moschin comincia la sua carriera proprio negli anni dell’affermazione della famosa Commedia all’italiana, che ci ha regalato film indimenticabili e ancora oggi amatissimi fra gli appassionati di cinema. L’attore veneto dimostrerà una spiccata duttilità, che gli permetterà di passare da questi primi ruoli al cinema di genere degli anni successivi che vedremo dopo.
La rimpatriata, Damiano Damiani (1963)
In questo primo periodo, che attraversa tutti gli anni ’60, il volto di Moschin si presta a interpretare personaggi simpatici e bonari. Suscita simpatia e benevolenza grazie ai suoi sguardi smaliziati e teneri. Allo stesso tempo i suoi personaggi rappresentano degli stereotipi, delle figure esemplari di “italianità” dell’epoca.
Si deve sicuramente segnalare la partecipazione a La rimpatriata di Damiano Damiani del 1963, dove interpreta un quarantenne deluso e sconsolato, Toro. Il film si configura come una commedia dai risvolti drammatici, come se ne producevano molte in quegli anni. Mette in scena un ritratto di un’Italia allo sbando nel pieno del boom economico, la cui borghesia è ossessionata dalla rispettabilità e dal denaro. Moschin ricopre un ruolo marginale ma mette già in mostra le proprie doti.
Signore & signori, Pietro Germi (1966)
Così fece anche nel ben più noto Signore & signori di Pietro Germi del 1966. Appartenente al fortunatissimo genere della commedia all’italiana degli anni sessanta, ne rappresenta uno dei migliori esiti. Il film rappresenta l’ultimo tassello della trilogia iniziata con Divorzio all’italiana e proseguita con Sedotta e abbandonata.
La capacità di Germi di rappresentare il popolo italiano, nelle sue debolezze e allo stesso tempo nelle sue mostruosità, è impareggiabile. Il nostro Moschin presta il volto al ragionier Osvaldo Bisigato accanto all’eccezionale Virna Lisi. La sua interpretazione è incredibilmente equilibrata ed entra nel proprio personaggio fino al midollo.
In questi anni è da ricordare anche L’harem di Marco Ferreri, (autore del capolavoro La grande abbuffata) nonché Italian Secret Service di Luigi Comencini. Nel 1970 prende parte anche all’esperimento di commedia fantascientifica, L’inafferrabile invincibile Mr. Invisibile. Il film è diretto da Antonio Margheriti, che molti ricorderanno per esser stato citato da Quentin Tarantino in Bastardi senza gloria.
La faccia di Gastone Moschin diventa una maschera dai mille volti, quelli di un attore dedito al lavoro e capace di variare da un ruolo a un altro senza alcuna sbavatura. Per questo nel 1970 venne anche scelto da Bernardo Bertolucci per prendere parte al suo capolavoro, Il conformista.
Milano calibro 9, Il padrino parte II e il cinema di genere italiano
Negli anni ’70 l’attore veneto prende parte a numerosi film di genere italiani. Questa tipologia di film, infatti, visse in quel periodo il suo apice e culmine artistico. Diede vita a grandi capolavori e grandi film d’intrattenimento. Mario Bava, Dario Argento, Lucio Fulci, Joe D’Amato sono solo alcuni dei registi che crearono film indimenticabili.
Il giallo all’italiana, la fantascienza, il noir, il western e il poliziesco i generi che hanno maggiormente spopolato. Purtroppo, questa stagione del cinema italiano è andata con gli anni a sparire, ma depositando un lascito che verrà apprezzato anche a livello internazionale.
Il nostro Moschin si affacciò a questo mondo già nel ’68, quando partecipò al western, poco fortunato, Gli specialisti di Sergio Corbucci.
Milano Calibro 9, Fernando Di Leo (1971)
Moschin diede la propria miglior prova in Milano calibro 9, film del 1971 di Fernando Di Leo. Il regista, anch’egli amato da Tarantino, diresse tra i migliori film di genere noir del periodo. Nella sua filmografia si contano, fra gli altri, anche La mala ordina e La bestia uccide a sangue freddo.
In Milano calibro 9 Gastone Moschin interpreta Ugo Piazza, freddo quanto ambiguo criminale appena uscito di prigione. Questi non riesce ad assaporare la libertà e viene accusato di aver rubato al boss, definito L’americano, 300.000 dollari in contanti.
È costretto a tornare a lavorare ai suoi piedi; nel frattempo si ricongiunge con la sua protetta/fidanzata Nelly (una meravigliosa Barbara Bouchet). Il tentativo di scoprire che fine abbiano fatto i soldi si unisce allo spargimento di sangue da parte dell’Americano.
Moschin dona la sua interpretazione in grande stile. Il suo sguardo è glaciale, come il suo personaggio e i suoi occhi azzurri che bucano lo schermo. Un’interpretazione così intensa da rimane impressa vividamente nella mente dello spettatore. L’attore lavora in sottrazione, il suo personaggio parla poco, ma pensa molto, e le sue espressioni sono sempre gelide. Nemmeno l’amore per Nelly è in grado di scioglierlo.
Il padrino – Parte II, Francis Ford Coppola (1974)
Da quel momento la carriera di Gastone Moschin è lanciatissima e l’attore è letteralmente bombardato di proposte. Prende parte a Don Camillo e i giovani d’oggi e Squadra volante al fianco del leggendario Tomas Milian.
Siamo nella vetta più alta della sua carriera e nel 1974 viene scelto da Francis Ford Coppola per recitare nel capolavoro immortale Il padrino – Parte II. Nel film partecipa ai flashback che mostrano la vita del giovane Vito Corleone, interpretato da Robert De Niro.
Moschin è Don Fanucci, un boss di origine napoletana molto importante a New York. Questi commette, però, l’errore di ricattare il giovane Corleone e di porsi in mezzo alla sua feroce ascesa nel mondo del crimine. Inutile negare, avvertendo i malcapitati che non abbiano ancora visto il film, che Fanucci faccia una brutta fine. La scena è magistrale e ancora suscita i brividi al solo pensiero.
Anche questa si può annoverare tra le migliori interpretazioni di Gastone Moschin. L’attore si cala in questo personaggio, carico di opulenza, ostentazione, teatralità e malvagità con la naturalezza di un respiro. Risulta perfettamente credibile, sfoggiando nella dizione una perfetta cadenza napoletana.
Il ritorno alla commedia
A metà degli anni ’70 l’attore veneto torna a cimentarsi nella commedia, suo genere prediletto. Nel 1975, a distanza di un solo anno dall’esperienza con Coppola, è la volta di un altro capolavoro.
Amici miei, Mario Monicelli (1975)
Moschin viene selezionato da Mario Monicelli per Amici miei. Recita affianco a Duilio Del Prete, Philippe Noiret, Adolfo Celi e Ugo Tognazzi. Gli attori fanno a gara di bravura ed è impossibile stabilire quale risulti vincitore, in una storia a dir poco fantastica.
Raffaello, Rambaldo, Giorgio e Guido sono quattro amici e bontemponi che tentano in tutti i modi di evadere dalla vita quotidiana. A tale scopo organizzano frequentemente delle “zingarate”, viaggi fuoriporta all’insegna della più totale libertà. Ne combinano di tutti i colori nello scopo di svagarsi e non pensare alle vite che li aspettano a Firenze. Tra supercazzole, scherzi e innamoramenti le risate sono garantite.
Moschin è il sognante e romantico architetto Rambaldo Melandri. Il suo personaggio, in linea col gruppo di cui fa parte è un “giocherellone” che prende la vita poco seriamente. Sono esclusi però i momenti in cui si innamora follemente a prima vista. Prassi questa a cui i suoi cari amici sono ampiamente abituati.
Gastone Moschin è perfetto per questo ruolo. Il suo volte esprime grande simpatia ed è evidente il divertimento provato realmente sul set durante le riprese. Evidente anche la sintonia degli attori, che insieme fanno faville. L’attore veneto segna un altro grande successo e una prova eccezionale, anch’essa annoverabile tra le migliori.
Il film, diretto da un maestro come Monicelli, rappresenta una perfetta descrizione dell’Italia durante gli anni di piombo. Una commedia dal finale nostalgico e malinconico. Il ritratto perfetto di un gruppo di amici che, nonostante la propria condizione, cercano sempre il modo di sorridere e divertirsi, trovando forza nello stare insieme.