Friends è una delle serie più popolari e più amate di sempre: al punto da essere “senza scadenza” su Netflix.
Il colosso dello streaming infatti ha sempre trovato un accordo con la Warner Bros. per far sì che la serie incentrata sui cinque amici di New York continuasse ad essere disponibile.
Inoltre con l’arrivo imminente della reunion su HBO Max e su Sky ( se volete qui potete vederne il trailer), l’attenzione per la serie è tornata ancora più di prepotenza.
È indubbio che Friends abbia in qualche modo segnato un’epoca in ambito televisivo: rappresenta una sorta di spartiacque per quel che rappresenta la fruizione di una sit-com.
Più ancora che un (bel) prodotto di intrattenimento, Friends ha rappresentato anche un legame tra le persone, che si è fatto più forte dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, quando molti americani hanno cercato proprio in Friends una valvola di sfogo per il loro dolore e la loro paura.
Tuttavia negli ultimi mesi, a partire dal venticinquesimo anniversario della messa in onda del primo episodio, Friends è stato al centro di alcune polemiche nate dalla nuova generazione di spettatori.
Al di là del proprio gusto personale – che essendo tale è inattaccabile – Friends ha avuto il merito di raccontare moltissime problematiche degli anni ’90 usando la lente della commedia.
Tuttavia questo non ha impedito ad alcuni spettatori “odierni” di interrogarsi su Friends ponendosi questioni sulla sua natura omofobica, misogina e razzista.
Friends è davvero omofobo?
Visto con gli occhi del 2021, in cui il pubblico è decisamente più consapevole rispetto al passato, Friends è pieno di zeppo di battute omofobe.
Basti pensare all’episodio in cui Joey (Matt LeBlanc) indossa una tracolla: sono molti le battute sui gay che gli vengono mosse. O basti pensare al terrore vero e proprio che Chandler (Matthew Perry) ha quando qualcuno pensa che possa essere gay.
Ma forse l’esempio migliore è quello visibile nell’episodio della seconda stagione, dal titolo Lo spirito della vecchia signora.
In questo episodio l’ex moglie di Ross, Carol, decide di sposare la sua fidanzata Susan. L’atteggiamento di Ross, nei confronti dell’evento, è sicuramente criticabile.
Accetta scherzi di pessimo gusto sul mondo lesbico, fa di tutto per non dare a Carol il proprio supporto. E anche quando gli amici gli fanno notare che non si sta comportando nel mondo più consono, lui risponde che se Carol avesse sposato un uomo, nessuno di loro lo avrebbe accusato di cattivo comportamento.
Una risposta che rappresenta, di fatto, un antenato di quel “politicamente corretto” che oggi viene usato spesso a sproposito quando le minoranze fanno sentire il proprio bisogno di avere una voce.
Inoltre, anche all’epoca della messa in onda dell’episodio specifico, ad esempio, sono state in molti ad aver lamentato la mancanza di un bacio tra le due spose, come se ci fosse ancora un senso di “vergogna”.
Ci sono stati due baci tra due donne all’interno di Friends: uno tra Jennifer Aniston eWinona Ryder(apparsa come guest star) e uno tra la stessa Aniston e Lisa Kudrow. Ma in entrambi i casi non c’era un vero interesse sentimentale: era più che altro una curiosità, un qualcosa di voyeuristico pensato più per far ridere che per dare un messaggio.
Perciò Friends è davvero omofobico e meritevole di censura? Partendo dal presupposto che nessun prodotto di cultura andrebbe censurato, Friends va contestualizzato.
È un figlio degli anni ’90, quando il modus operandi prediletto delle case di produzione era far finta di niente, con il famoso atteggiamento Don’t Ask, Don’t Tell.
E nonostante questo, nonostante questa appartenenza a un’epoca per cui la maggior parte delle discussioni sull’omofobia erano tenute fuori dallo schermo, Friends ha rappresentato comunque un passo avanti.
Ad esempio, sempre nell’episodio del matrimonio tra Carol e Susan, bisogna sottolineare lo snodo sociale che ha rappresentato vedere in una serie di così grande successo due donne camminare lungo la navata per sposarsi.
Inoltre la loro unione è stata officiata da Candance Gingrich, un’attivista per i diritti della comunità LGBT. Inoltre nell’episodio appare come guest star Lea DeLaria, una vera e propria icona del mondo queer.
Bisogna poi considerare che Friends ha portato in scena anche un personaggio transgender. Anche qui, il tipo di narrazione è contestabile oggi.
Chandler passa gran parte della serie a denigrare il padre che ha cambiato sesso, accettando e facendo spesso lui stesso battute transfobiche. Inoltre è stata messa in discussione anche la scelta di non far interpretare il personaggio ad un’attrice transgender.
Il trattamento del personaggio è stato tale che vi si riferiva sempre con termini come “uomo gay”, una drag queen o, peggio ancora, come un travestito. Tutti termini decisamente scorretti per parlare di una donna transgender.
Ancora una volta va ricordato che negli anni ’90, in uno show di prima serata, pensare non solo di parlare ma addirittura di “far agire” un personaggio transgender all’interno della narrazione era quasi avanguardia.
Kelsey Miller, autrice di un saggio su Friends edito in Italia da Sperling & Kupfer, spiega di aver intervistato una scrittrice transgender proprio riguardo il trattamento del personaggio interpretato da Kathleen Turner.
A questo riguardo, Mey Rude, l’intervistata, ha detto semplicemente che: era meglio di niente. Nello specifico la donna aveva sottolineato che fino a quel momento non aveva mai visto nessun altro personaggio transgender in TV, a parte magari qualche vittima random in Law & Order.
Mey Rude spiegò di essere alla ricerca di una storia o di qualsiasi cosa in TV che potesse convincerla che come donna trans poteva aspirare a qualcosa di meglio rispetto a essere assassinata.
E nel personaggio del padre di Chandler – di cui non sappiamo mai nemmeno il vero nome femminile, altro aspetto problematico – la Rude vide finalmente una donna con una vita. Ha detto:
Aveva una carriera, aveva un fidanzato. Certo, viene trattata come spazzatura al matrimonio del figlio. Ma è stata invitata comunque al matrimonio.
Visto con gli occhi di una coscienza sociale più preparata e consapevole, Friends è indubbiamente pieno di aspetti problematici.
Allo stesso tempo, ancora una volta, va sottolineato che è stato realizzato negli anni ’90. E nella decade di maggior successo, Friends ha indubbiamente trattato temi che erano ancora fortemente stigmatizzati.
Non solo per quanto riguarda l’omofobia: c’è il discorso sulla madre surrogato, che in Italia ancora oggi è un discorso che fa nascere conversazioni degne del medioevo. C’è il tema dell’adozione, della crescita di un bambino cresciuto da due donne.
Altro argomento che, solo in Italia, porterebbe molti politici (e non solo) ad accendere le proprie torce e partire con una nuova caccia alle streghe.
Questo, naturalmente, non significa che Friends sia perfetto e inattaccabile. Che bastano poche briciole per spegnere il dibattito.
Significa che nella sana discussione che emerge rispetto a fenomeni di cult del passato – come lo stalking in Twilight, la manipolazione emotiva in Dawson’s Creek, o il razzismo in Via Col Vento – vanno contestualizzati all’epoca in cui sono stati realizzati.
Il razzismo nello show
Parlare di un prodotto senza tener conto dell’epoca in cui sono nati significa fare un’analisi pregiudizievole. Sarebbe come guardare un’esibizione di Achille Lauro e limitarsi a vederlo come una copia di Renato Zero.
Va da sé che se fosse stato realizzato oggi, Friends sarebbe molto diverso da come lo conosciamo. David Schwimmer ne aveva già parlato, quando aveva ipotizzato un reboot con un cast asiatico.
Perché l’altro grande problema di Friends è la quasi totale mancanza di personaggi di minoranze etniche. A parte i personaggi di Julie (Lauren Tom) e Charlie (Aisha Tyler), Friends è ambientato in una New York interamente bianca e caucasica.
Inoltre, tanto Julie quanto Charlie sono personaggi estremamente secondari, che non hanno dunque un vero e proprio peso nello show.
Del problema del razzismo in Friends ne aveva parlato anche la co-autrice dello show, Marta Kauffman durante un panel all’ATX Television Festival. In quell’occasione ha spiegato:
Avrei voluto sapere allora quello che so oggi. Avrei preso delle decisioni diverse. La mia casa di produzione, la Okay Goodnight, ha sempre sostenuto la diversità, ma non ho fatto abbastanza durante Friends. Ed è qualcosa che avrei voluto sapere non solo quando ho iniziato con il lavoro da showrunner, ma anche attraverso tutti gli anni di lavoro.
Ancora una volta, però, si rientra nella contestualizzazione dello show. Per quanto possa apparire agghiacciante anche solo scriverlo, all’inizio degli anni ’90 immaginare una New York popolata solo da bei ragazzi bianchi e cisgender non era solo plausibile, ma era esattamente ciò che il pubblico – meglio, una fetta di pubblico – si aspettava.
Friends faceva dunque parte di un razzismo sistematico che, ancora una volta, non solo veniva accettato ma era così insito nella cultura da non rappresentare nemmeno un problema di cui discutere.
Se il Friends come lo conosciamo oggi venisse realizzato nel 2021 sarebbe un prodotto da condannare. Si parlerebbe di grassofobia ai danni di Monica, di sessismo (come nell’episodio con Freddie Prince Jr. nei panni di una “tata” che tanto dava fastidio a Ross), ma anche di molestie sul lavoro, quando Rachel assume come suo assistente un bel ragazzo non qualificato solo perché bello da guardare.
Ma il punto è proprio questo: Friends non è figlio del 2021. È uno show che porta sulle spalle più di venticinque anni di età e che è stato realizzato in un’epoca in cui molti aspetti problematici non erano nemmeno presi in considerazione. Ancora una volta, questo non significa che il prodotto sia inattaccabile, né problematico. Allo stesso modo, non significa che sia un prodotto che esalta il razzismo, il sessismo o l’omofobia.
Figlio del suo tempo, con una tendenza più alla comicità che alla consapevolezza di poter rappresentare un cambiamento dal punto di vista sociale, Friends ha portato comunque una rivoluzione nel mondo dell’intrattenimento sul piccolo schermo, rappresentando quelle radici senza le quali molti dei prodotti che vediamo oggi non esisterebbero.