Babyteeth, Recensione del film premiato a Venezia 76

La nostra recensione di Babyteeth, film premiato a Venezia 76. Al cinema dal 13 maggio.

Babyteeth
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Babyteeth è l’esordio al lungometraggio dell’australiana Shannon Murphy. Il film, adattamento di una pièce teatrale del 2012, è stato presentato in anteprima mondiale alla 76esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. In quell’occasione, Toby Wallace ha ricevuto il Premio Marcello Mastroianni. Babyteeth ha ricevuto altri riconoscimenti collaterali durante la kermesse, e ha vinto nove AACTA Awards. Il film esce nelle sale italiane il 13 maggio 2021.

Babyteeth, la Trama

Milla è una giovane ragazza che deve misurarsi con un cancro terminale. L’incontro in una stazione con Moses sarà un vero e proprio colpo di fulmine per lei. Il ragazzo sfrutterà però la sua relazione con Milla per saziare la sua tossicodipendenza, avendo libero accesso alle medicine del padre di Milla, psichiatra. Se inizialmente quest’ultimo e la madre di Milla sono scettici su questo eccentrico rapporto, dovranno gradualmente cedere ad un amore nato tossico, ma che avrà modo di diventare cura e sollievo per entrambi.

Babyteeth, il Cast

  • Eliza Scanlen: Milla
  • Michelle Lotters: Scarlett
  • Toby Wallace: Moses
  • Sora Wakaki: Maria
  • Renee Billing: Lisa
  • Zack Grech: Isaac
  • Georgina Symes: Polly
  • Essie Davis: Anna
  • Ben Mendelsohn: Henry

Trailer

Babyteeth, la Recensione

Scegliere una narrazione diversa della malattia e della morte, che si discosti dai canoni della cosiddetta sick lit, è un atto di grande coraggio e rispetto. Un esempio virtuoso dal cinema nostrano è Sul più bello di Alice Filippi, ma un anno prima Babyteeth indicava già la via ad un rinnovamento di questo sotto-genere filmico.

Mentre infatti negli ultimi anni si sono moltiplicati film appartenenti a questo filone, sempre in bilico su un melodrammatico teen drama, Shannon Murphy sceglie un registro completamente diverso per Babyteeth. L’amore, in questo caso, non è il fiabesco trionfo che incorona i sogni della giovane protagonista.

Al contrario, l’incontro tra Milla e Moses è l’innesco di un vortice di grottesca anarchia che travolgerà la famiglia della ragazza e le persone che la circondano. Il risultato è che Babyteeth, più che un film sulla fine, è davvero un film sulla vita, ma nel senso più puro del termine vitalismo.

Chi vuol essere Lester Burnham

I personaggi di Babyteeth sembrano tutti, in fondo, dei moderni Lester Burnham. Come in American Beauty, sono tutti ugualmente predatori di una felicità impossibile; cercano quindi di spingersi oltre le finzioni e gli schemi della realtà, per rompere il dolore e riscoprire la vita.

Shannon Murphy parte quindi dalla malattia per imbastire una grande variazione sulla sofferenza e la ricerca disperata della bellezza. Babyteeth trova allora nella coralità la dimensione perfetta per la profondità di una caratterizzazione in cui sono tutti eroi tragici di fronte alla fine incombente.

Nonostante questo la regista strizza comunque l’occhio al pubblico più giovane, maneggiando tinte e cromie che dimostrano una certa sensibilità pop. Tutti i colori di Milla riempiono le inquadrature di tonalità e sfumature, avvicinandosi davvero ad un’ingenuità e una purezza quasi fanciullesche. Qualche didascalia imprime significato a specifici frame, trasformandoli in istantanee degli ultimi giorni di Milla, e davvero rendendo Babyteeth un album dei ricordi.

Il tutto è però domato da una grande maestria registica, fatta di primi e primissimi piani estremamente eloquenti. La camera a mano si fa sguardo traballante e qualche volta commosso su questa quotidianità, stravolta da un amore decisamente eccentrico.

Bellezza e libertà

Chiudendo il cerchio, questo amore è davvero il protagonista di Babyteeth. Lo è in una maniera totalmente differente da quanto abbiamo visto finora nel genere, dando occasione ai due giovani interpreti di dare vita ad una performance ricca ed intensa senza cadere nei luoghi comuni del dramma sentimentale.

Babyteeth

Toby Wallace è fisico, magnetico, pur senza fare della dannazione del suo personaggio l’unico spunto. Dona complessità a Moses, in ogni singola espressione, movimento, ed inflessione della voce. La prova di Eliza Scanlen è matura, sfaccettata, potente. Che stia accennando qualche passo di danza, o stia suonando il violino, riesce a trasmettere tutto il dolore della malattia e la fame insaziabile di vita.

È uno scontro di forze come la storia tra i due ragazzi, che prima d’essere amore, è l’imparare ad amare. Forse cercare di ricordare cosa significhi, a cosa somigli. Tutti i personaggi intorno a Milla e Moses sembrano vivere il ricordo di un amore, o la tensione a riscoprirlo: forse è poco più di un estremo tentativo di salvezza. Le ultime inquadrature non lasciano però spazio al dubbio. Babyteeth non è disperazione, ma lo slancio alla libertà che solo l’amore può donarci.