3. Reynolds Woodcock – Il filo nascosto, Paul Thomas Anderson (2017)
Con Il filo nascostoPaul Thomas Anderson rinuncia a quella struttura corale ereditata da Robert Altman, forte in tanti suoi film come Boogie Nights, Magnolia e Vizio di forma. Torna invece ai suoi anti-eroi dannati dall’ossessione, rifugiandosi in una scrittura fortemente classica imperniata intorno ai due protagonisti assoluti di questo amore perverso e patologico.
I due estremi di questa dipendenza tossica sono Alma Elson e Reynolds Woodcock, ovvero Vicky Kreips e Daniel Day-Lewis. Se lei ha il compito di catalizzare con la sua bellezza la rottura dell’equilibrio della House of Woodcock, lui deve incarnare l’eleganza e l’austerità impenetrabile.
Daniel Day-Lewis conferma la sua dedizione al Metodo, imparando il mestiere della sartoria con una dedizione come sempre meticolosa. Per una volta però non è nell’immedesimazione con il personaggio che si consacra, ancora, nel gotha del cinema. In ciò che riesce ad aggiungere con la sua arte a questo sarto disperato e abitato dagli spettri, Daniel Day-Lewis ci fa davvero rimpiangere la sua assenza dalle scene. Una prova in cui il controllo sullo sguardo e la gestualità fa da padrone ad una recitazione, allo stesso tempo, sontuosa e profondamente intima.
2. Christy Brown – Il mio piede sinistro, Jim Sheridan (1989)
Il primo premio Oscar di Daniel Day-Lewis rimane ancora iscritto tra i punti più alti raggiunti dalla sua carriera. Resta anche come la collaborazione più riuscita con il regista Jim Sheridan, in un’intensa trasposizione della vita del pittore Christy Brown. La storia dell’artista è quella di un’indomita resilienza: affetto da paralisi cerebrale, l’unica parte del suo corpo sotto il suo controllo è il suo piede sinistro.
Il ruolo è molto complesso, ma Day-Lewis lo approccia con quella severità che farà la fortuna dei suoi ruoli più celebri, rendendo il suo Christy Brown una pietra angolare della sua arte attoriale. Per restituire tutte le difficoltà di un corpo menomato nel profondo, Daniel Day-Lewis è costretto a lavorare per sottrazione sulla sua fisicità. Ciò gli richiede però un dominio totale dei suoi movimenti e delle sue immobilità: riuscì persino ad imparare a maneggiare un pennello con il piede.
1. Daniel Plainview – Il petroliere, Paul Thomas Anderson (2007)
L’inevitabile primo posto è riservato ad una delle performance più indimenticabili del cinema contemporaneo, in quello che in molti non si sono attardati a definire come uno dei migliori film del secolo. Il petroliere di Paul Thomas Anderson forse esprime meglio la sua essenza nel titolo originale. There Will Be Blood è una sentenza di morte, la profezia di un fiume di sangue che scorrerà sul petrolio vischioso.
Il film è quindi un progressivo inabissarsi nelle pieghe più oscure dell’animo umano. Quegli abissi reconditi dai quali il protagonista sembra emergere nelle scene di apertura del film, ma nei quali invece sprofonderà, negando ogni possibile valore e principio nel perpetuo inseguimento del denaro.
Daniel Day-Lewis ci trascina in questa discesa all’inferno con un’interpretazione mefistofelica, capace di dare sfoggio di una fisicità e di una mimica potentissime. Una prova di ampio respiro, che innerva tutta la progressione narrativa fino all’esplosione finale in quel memorabile I drink your milkshake!, momento marchiato a fuoco negli annali.