Judas and the Black Messiah, Recensione del film con Daniel Kaluuya

Dopo il Golden Globe Daniel Kalluja vince anche l'Oscar come Miglior Attore non protagonista per Judas and the Black Messiah, film dedicato alla vera storia di Fred Hampton, Vice Presidente delle Pantere Nere assassinato nel 1969. Ecco la nostra recensione.

Judas and the Black Messiah
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Aveva già vinto Golden Globe e BAFTA Award come Miglior attore non protagonista, ora è anche premio Oscar. Parliamo naturalmente di Daniel Kaluuya, che in Judas and the Black Messiah interpreta Fred Hampton, Vice Presidente del Black Panther Party, assassinato il 4 Dicembre del 1969.

Questa nuova vittoria ci suggerisce almeno 2 cose. La più ovvia è che Daniel Kaluuya, già protagonista di Scappa – Get out di Jordan Peele, sia davvero un grandissimo interprete. La seconda è che il film di Shaka King sia uno dei titoli più interessanti in circolazione.

Lontana dall’esaltazione del santo come dall’acritica celebrazione di un martire, Judas and the Black Messiah è un’opera in grado di riportarci fisicamente alla fine degli anni ’60, nei sobborghi di Chicago, per comprendere la realtà di quel movimento rivoluzionario che scelse il nome di Pantere Nere.

Del Black Panther Party, soprattutto in Italia, resta probabilmente un’immagine edulcorata, perfino mistificata, prodotta essenzialmente dall’FBI. Dopo gli assassinii di Martin Luther King e Malcolm X, i servizi segreti hanno implementato infatti una nuova, efficacissima strategia.

Grazie al film di Shaka King ci troveremo a comprendere in termini estremamente pratici il sistema di controspionaggio denominato COINTELPRO (Counter Intelligence Program), messo a punto su iniziativa del futuro Presidente degli Stati Uniti, J. Edgar Hoover (qui interpretato da un magnifico Martin Sheen).

Si tratta ovviamente di una programmatica strategia del terrore. E se l’immagine delle Pantere Nere diventa quella di un manipolo di pericolosi terroristi, Fred Hampton verrà arrestato, condannato a 5 anni per un furto da 71 dollari di gelati, per altro distribuiti ai bambini del quartiere.

L’obiettivo non è solo sabotare l’azione, eliminare l’uomo, ma anche minare alle fondamenta il suo messaggio rivoluzionario, quella voce che si sta pericolosamente affermando tra le masse, superando i confini della stessa comunità afro-americana.

Nel film di Shaka King non c’è solo il nuovo Messia nero. C’è anche Giuda, al secolo Bill ‘O Neill, pronto a compiere il più immondo dei tradimenti, rinnegando gli ideali del movimento, la sua comunità e i suoi stessi amici.

La bellezza del film di Shaka King è proprio nel non dipingere Giuda come un mostro, un villain. Al contrario, quello che vedremo è solo un altro povero diavolo, uno dei tanti giovani afro-americani costretti a vivere di espedienti, senza futuro, scelte né vie d’uscita.

Anche l’interprete di O’Neill, Lakeith Stanfield, è stato candidato all’Oscar nella categoria Miglior attore non protagonista. Questo non significa che il film abbia un protagonista assoluto che non è stato nominato. Al contrario, sono proprio i 2 co-protagonisti a dividersi equamente il cuore del film.

E così Judas and the Black Messiah diventa un’opera diretta, intensamente realista, capace di metterci di fronte alla verità storica delle Pantere Nere, le vite reali delle persone che sognavano la rivoluzione.

La più grande intuizione di Fred Hampton, prima di morire a soli 21 anni, fu quella della Rainbow Coalition. Un’idea che, a svariati decenni di distanza, attraverso l’interpretazione di Daniel Kaluuja sembra ancora interrogare la nostra coscienza, rivelandosi in tutta la sua sconcertante attualità.

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Judas and the Black Messiah: la Trama

Fred Hampton (Daniel Kaluuya) è il Deputy Chairman, il Vice Presidente del Partito delle Pantere Nere. Opera a Chicago, nei quartieri più disagiati, quando viene identificato come una delle più pericolose minacce terroriste dall’FBI e il Presidente degli Stati Uniti, J. Edgar Hoover (Martin Sheen).

William ‘O Neill (Lakeith Stanfield) invece è solo un ladruncolo. La sua ultima trovata si rivela tutt’altro che geniale. Provvisto di un finto tesserino dell’FBI, sequestra auto giù rubate a spacciatori e criminali vari. Verrà catturato proprio dai federali, trovandosi di fronte a un’offerta che non si può rifiutare.

Bill dovrà diventare un rat, una talpa, un informatore in grado di infiltrarsi tra i vertici del Black Panther Party di Chicago, arrivando il più vicino possibile al leader Fred Hampton. Una voce che, alla fine del 1969, deve essere definitivamente messa a tacere.

Judas and the Black Messiah
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Judas and the Black Messiah: Recensione

Candidato a 6 premi Oscar, Judas and the Black Messiah vince nella persona di Daniel Kaluuya, ma anche per la canzone originale Fight for you, scritta da H.E.R. e Thiara Thomas. E anche questo secondo premio ci suggerisce un’informazione fondamentale.

La musica, il sonoro, le voci di centinaia di giovani afro-americani, mentre scandiscono all’unisono il motto di Fred Hampton –“I am a revolutionary!” – sono essenziali per descrivere la struttura, il linguaggio del biopic scritto e diretto da Shaka King.

Se non si tratta di un’opera meramente celebrativa, ma di un film capace di restituire la sensazione fisica del fermento, l’energia e la rabbia irradiata in quelle stanze, dove il movimento delle Pantere Nere sognava di riscrivere il futuro, è proprio grazie alla modernità di quel magma creato dal montaggio visivo e sonoro.

Come nel caso di Nomadland, che con un Leone d’Oro e 3 Oscar si conferma definitivamente film dell’anno, la portata del messaggio tende a polarizzare il discorso, offuscando il discorso sulla forma, sull’opera e il famigerato specifico filmico.

Ma se parliamo di Judas and the Black Messiah, non c’è semplicemente la grande interpretazione di Daniel Kaluuya, né un messaggio di natura smaccatamente ideologica. C’è anche una visione registica in grado di esaltare la verità della vita vissuta, che si tratti degli ideali di Fred Hampton o delle scelte di Bill ‘O Neill.

Non a caso, le sequenze di apertura e chiusura ci mostreranno i loro veri volti. Ascolteremo la loro voce, ricevendo le informazioni essenziali sulle loro scelte di vita. La struttura circolare del film, priva di facili condanne morali, sembra così invitarci ad approfondire, informarci in prima persona su quanto accaduto.

La verità storica su Fred Hampton non parla infatti di un terrorista, ma di un ragazzo assassinato a soli 21 anni, nel corso di un raid progettato, anticipato ed eseguito dall’FBI su diretto ordine di J. Edgar Hoover, secondo le modalità di una vera e propria azione militare.

Certo, Fred Hampton aveva l’ardire di dichiararsi rivoluzionario e comunista in un’America ancora in piena Guerra fredda, ossessionata dal Socialismo come simbolo del Male. Osava rivendicare i diritti dei neri, mentre al Sud avvenivano ancora abitualmente i linciaggi e il Ku Klux Klan restava stranamente impunito.

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Ma soprattutto, aveva osato immaginare la Rainbow Coalition. Aveva stretto accordi con le gang criminali, vere “padrone” dei sobborghi a Nord e a Sud di Chicago, ma soprattutto aveva condiviso le sue battaglie con gli Young Lords, l’associazione dei portoricani, e perfino con i bianchi, i “bifolchi” del Sud.

L’associazione degli Young Patriots riuniva i bianchi più poveri e discriminati, quella White Trash composta da tutti gli americani emigrati al Nord dalle zone rurali, insultati sistematicamente con quegli epiteti che normalmente si riservano all’America profonda, quella degli hillbilly, i redneck.

Di certo nessuno si aspettava che afro-americani e associazioni bianche, associazioni legate ai latino-americani potessero trovare un territorio comune, superare i pregiudizi e formare un unico fronte, evidentemente troppo pericoloso per essere risparmiato dall’FBI.

Judas and the Black Messiah diventa così la cronaca degli ultimi mesi di vita di Fred Hampton, la pericolosissima natura della sua azione politica, che riassumeva in tre obiettivi essenziali: Free Food – Free Education – Free Healtcare.

Colazioni gratis, istruzione gratis, assistenza medica gratuita. Dietro la controversa evoluzione del Black Panther Party, che si scioglierà ufficialmente nel 1982, c’è l’impegno pratico di Fred Hampton, che si preoccupava essenzialmente di non vedere bambini afro-americani affamati.

Si preoccupava di quelle che stranamente, 50 anni dopo restano negli Stati Uniti questioni aperte, di assoluta attualità. Il diritto degli afro-americani di non essere arrestati, picchiati né uccisi senza ragione. Il diritto di tutti all’assistenza medica, anche per chi non può permettersi un’assicurazione.

Judas and the Black Messiah è evidentemente un film politico e un’opera di denuncia. Ma se la voce di Fred Hampton, attraverso quella di Daniel Kaluuja suona ancora come un pungolo per le nostra coscienza, è grazie a un film avvincente, non scontato, capace di non demonizzare Giuda.

Piuttosto, il film ci ricorda come la politica dell’FBI fosse fondata su infiltrati, falsi volantini, attentati ed episodi violenti orchestrati per inquinare irrimediabilmente il messaggio e mistificare l’immagine delle Pantere Nere agli occhi dell’opinione pubblica.

A questo punto, non possiamo che invitarvi a recuperare subito il film di Shakka King. Trovate Judas and the Black Messiah su tutte le principali piattaforme streaming italiani, a fronte di un piccolo costo di noleggio.

Anzitutto perchè, banalmente, è un ottimo film, uno dei migliori della stagione. E poi, perché ci ricorda le parole di un altro vecchio rivoluzionario:

“Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualunque parte del mondo.” (Ernesto Guevara)

Judas and the Black Messiah: Videorecensione

Judas and the Black Messiah: Il Cast

Daniel Kaluuya: Fred Hampton

Lakeith Stanfield: William O’Neal

Jesse Plemons: Roy Mitchell

Dominique Fishback: Deborah Johnson

Ashton Sanders: Larry Robertson

Martin Sheen: J. Edgar Hoover

Algee Smith: Jake Winters

Judas and the Black Messiah: Trailer ufficiale