Narita Boy: la recensione in pixel art

Narita Boy recensione
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La recensione di Narita Boy, l’action-adventure del team spagnolo Studio Koba. Una storia di passione, ricordi ed emozioni.

Determinazione, passione e perseveranza sono tra i motori propulsori alla base di qualsiasi grande progetto. Bisogna credere in ciò che si sta costruendo e anche se la paura di sbagliare è grande, non importa. Si cerca di superare ogni difficoltà e seguire il proprio cuore. I fratelli Moldenhauer, nella creazione di Cuphead, hanno ipotecato casa pur di portarne a termine lo sviluppo. Eduardo Fornieles, ceo di Studio Koba, dopo aver lavorato per lo studio Friend & Foe, ha un’illuminazione. Inizia a lavorare giorno e notte allo sviluppo della sua idea, del suo videogioco. Libero da catene e vincoli creativi, riesce, grazie anche ad una campagna su Kickstarter durata 4 anni, a terminare il suo lavoro. Nascono così Narita Boy e la nostra recensione. Un titolo con una componente artistica ed emozionale che travolge il giocatore. Un omaggio agli anni Ottanta che trasuda nostalgia da ogni pixel.

C’era una volta uno sviluppatore

La storia di Eduardo Fornieles non è l’unico racconto di cui leggerete oggi. Siamo negli anni Ottanta. Lionel Pearl, alter ego virtuale di Eduardo, è uno sviluppatore di computer che ha appena lanciato la sua nuova console Narita One. Il titolo di punta che ha sbaragliato il mercato? Naturalmente, Narita Boy. Il gioco è un successo mondiale e diventa presto un’icona pop. Ma una minaccia incombe dall’interno del videogame. Gli Stallions e il loro leader Him, vogliono impossessarsi del Trichroma (tre colori rosso, giallo e blu), l’essenza del mondo di gioco. La sua potenza è sconfinata. Si apre una frattura tra il mondo reale e il mondo digitale. Lionel Pearl viene tramortito da questa entità malvagia e perde la memoria. Chi, se non il Narita Boy, potrà salvare il reame digitale e metter fine alla minaccia degli Stallions?

Mi ha dato il suo amore ed io le ho dato ciò che rimaneva del mio.

Narita Boy recensione

L’incipit narrativo del titolo è dei più classici (Ready Player One?) ma non per questo meno efficace. Vi è infatti un particolare veramente significativo da sottolineare. Il viaggio nei ricordi di Lionel Pearl. Starà a noi infatti riattivare le memorie del creatore e fermare così l’ascesa di Him. Queste ci narreranno le gesta dello sviluppatore (che riprendono in parte quelle di Eduardo), dalla più tenera età, fino allo sviluppo e al lancio della console. Un racconto semplice e commovente. Una storia di bullismo, amore e dolore che utilizza un linguaggio scolastico ma efficace. Una nostalgica melodia di accompagnamento. Una commistione di sensazioni, odori ed emozioni che colpiranno in pieno il vostro cuore.

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Lunga vita alla pixel art

Questa storia nella storia, non funzionerebbe però senza la componente artistica e musicale, vero fiore all’occhiello di Narita Boy. La pixel art che colora il nostro schermo è eccezionale ed estremamente efficace nel render vivo ogni scenario di gioco. Solo il trailer, conta più di 100 animazioni. Basterà entrare nel link dedicato alla campagna su Kickstarter per vedere centinaia di disegni fissati al muro nell’ “ufficio” di Eduardo. In tutto questo, si inserisce la componente musicale. Adrenalinica, nei momenti più tamarri e che va a scemare in quelli più toccanti. Un mix sonoro perfettamente equilibrato tra le fasi d’azione e quelle riflessive. Emerge così un’atmosfera che sembra quasi ricalcare la storia del fondatore dello Studio Koba. L’energia e la voglia di crearsi un posto nel firmamento videoludico dirigendo un videogioco tutto suo. Le riflessioni, i timori e le paure che il suo sogno si porta dietro.

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Impugna la TechnoSword, eroe

Mischiate la componente action con quella platform. Una spolverata di pigra esplorazione. Ecco a voi il gameplay di Narita Boy.

Orde di nemici si riversano sul nostro schermo. Imbracciamo la TechnoSword e cancelliamo dal codice ogni Stallion che si mette sul nostro cammino. Semplice, ma al tempo stesso efficace, il combat system di Narita Boy non è assolutamente da sottovalutare. Non tanto, naturalmente, per questioni tecniche, ma perché mette a disposizione schivate, diverse abilità offensive ed evocazioni (che non spoilereremo) da sbloccare. Tutto ciò rende la progressione del giocatore viva. Fino ai titoli di coda infatti, vorremmo scoprire quali novità gli sviluppatori avranno in serbo per noi. Il titolo inoltre non è proibitivo. I pattern nemici sono facilmente memorizzabili e ad eccezione di un paio di boss fights infatti, non avrete mai problemi a proseguire. Ma la scelta è ovviamente voluta per dare maggior peso all’esperienza narrativa di cui sopra.

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La componente platform risulta poca ispirata, piuttosto semplice e basilare. In aggiunta, il salto non è preciso, quasi scivoloso e mal calibrato. In ogni caso, nulla di eccessivamente fastidioso e che non rovina assolutamente l’esperienza di gioco. L’esplorazione invece, complice la totale assenza di una mappa, finirà per diventare quasi sempre frustrante. Spesso infatti gireremo a vuoto, nella vana speranza di trovare il giusto posizionamento per il floppy disk che abbiamo recuperato. Essi infatti serviranno per aprire le diverse porte del reame digitale…il problema? Trovare l’entrata giusta.

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Conclusioni

Narita Boy è un viaggio emozionante che tutti, nostalgici e non, dovrebbero provare. È un’emozione audiovisiva e narrativa. Il racconto di un improvvisato guerriero e di tutti gli NPC che popolano il reame digitale. Un titolo nato dall’amore per i videogiochi. Quell’amore cieco e irrazionale, che spaventerebbe anche la persona più coraggiosa. Ma è anche la dimostrazione che quando qualcosa la senti dentro e la vuoi raccontare, devi seguire il tuo istinto. Perché ogni bozzetto e ogni nota musicale possono diventare un semplice eroe, quell’eroe che ci farà vivere dei ricordi indimenticabili.

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