L’esordio dietro la macchina da presa arriva qualche anno dopo con un horror molto particolare, dalle chiare influenze Troma, come Cabin Fever. Un pout pourri di sangue e risate, soprattutto per il finale presente durante i titoli di coda. Ma sicuramente il film che l’ha consacrato al pubblico è Hostel.
Complice una campagna marketing a dir poco audace, Eli Roth è riuscito a conquistare gli amanti del gore con un film brillante e violento, riportando in auge un sottogenere legato strettamente all’horror. Ovviamente con tutte le polemiche del caso, tra accuse di razzismo e di violenza inaudita.
Presentato alla Festa del Cinema di Roma di qualche anno fa, l’esordio fantasy di Roth non fu soddisfacente, per usare un eufemismo. È chiaro come il genere menzionato, ancor più se con un’estetica adatta ad un pubblico minore, sia ben lontano dalla sua visione cinematografica legata prettamente al cinema di genere.
Nonostante un cast di tutto rispetto, con Cate Blanchett, Jack Black e Kyle MacLachlan, questo adattamento del romanzo La Pendola Magica, sceneggiato da Kripke, risulta essere molto fiacco. Un vero e proprio buco nell’acqua per il nostro Eli Roth. Qui la nostra recensione.
6. Il Giustiziere della Notte – Death Wish, 2018
Si potrebbe dire che il 2018 non sia stato un anno fortunato per Eli Roth. Così come il film fantasy di cui sopra, anche questo remake non fu propriamente ben accolto dai fan, tantomeno dalla critica. Remake che ha dovuto attendere ben dieci anni prima di avere il via alla produzione.
Infatti, era dal 2006 che questo film non trovava un regista stabile. Prima Stallone, poi John Carnahan per arrivare a Roth, dopo altri annunci e addii. La travagliata genesi produttiva ha chiaramente influenzato il risultato finale, sebbene i buoni incassi d’esordio.
5. The Green Inferno, 2013
A metà classifica, impossibile non mettere un film che ha diviso tra lodi e indignazione. Con The Green Inferno, Roth omaggia a suo modo il filone dei cannibal movie all’italiana, riprendendo quei film violenti e sadici che hanno caratterizzato il cinema italiano gli anni Settanta e Ottanta.
Da Lenzi a Deodato, il film si propone come una geniale avventura nella savana citazionista, in piena coerenza con la scuola tarantiniana in cui vengono omaggiati i menzionati registi. Nulla di eccelso ma un buonissimo prodotto che riprende un genere chiuso nel cassetto da tempo.