I Coma Cose diventano “adulti” con il loro secondo album
Nostralgia è il secondo album ufficiale dei Coma Cose e, come di consueto per il duo, parte da un gioco di parole. La nostalgia è anche nostra, è quell’insieme di ricordi e memorie che ci rendono ciò che siamo. Il concetto è alla base delle sette tracce presentate nel disco, delicate e oneste, compreso lo skit finale.
California e Fausto Lama sfoggiano ancora giochi di parole, rime intelligenti e invenzioni liriche audaci (da citare “Berlusconismo Interstellare”, in Discoteche Abbandonate). Tuttavia, gli intrecci poetici della coppia non costituiscono più il fulcro del loro impegno musicale: dopo Sanremo 2021 si può dire che abbiano scoperto il loro lato più candido e spontaneo.
Infatti nella maggior parte delle tracce suonano più come i Baustelle che come loro stessi. Cosa che non è per nulla un male, dato che la sincerità e l’espressione di emozioni immediate porta all’ascoltatore molto più di ogni metafora intelligente. Che, comunque, è sempre presente, a partire dai titoli: Zombie al Carrefour dice già tutto in proposito.
Di buono c’è che gli arrangiamenti delle sette tracce sono belli concisi, ispirati e sempre concreti. I due viaggiano su di un rap leggero, introspettivo più che aggressivo, che si affida come un po’ già in HYPE AURA (2019) ad un’elettronica fumosa ed astratta, fatta di ritmi dal lento incedere che non possono non esporre la natura fortemente riflessiva dell’intero lavoro.
Detto questo, ogni canzone funziona alla perfezione. I Coma Cose mescolano ricordi del passato, paranoia del presente e ansia del (e per il) futuro in un insieme di immagini e suoni che vorrebbe recuperare un’emozione pura e autentica in un mondo sempre più spento. E tutto può farlo. Loro, come ben riassume Fiamme Negli Occhi, per esempio hanno l’un l’altra.
Al di là però del successo Sanremese, popolare oggi come subito dopo il Festival, le migliori tracce di questo breve disco si confermano le prime tre: Mille Tempeste, La Canzone dei Lupi e Discoteche Abbandonate. La seconda in particolare è forse una delle migliori mai scritte dal duo. In conclusione: un secondo lavoro attento, coinvolgente e fragile (in senso buono).