Christian Bale è uno degli attori più influenti della sua generazione. Un interprete dai chiaroscuri estremi, anche più radicali delle trasformazioni fisiche, che pure l'hanno reso uno dei più controversi divi di Hollywood.
Tra i primi successi del giovane Christian Bale c’è Velvet Goldmine, film che celebra l’epopea del Glam Rock. Qui Bale si mostra suadente e sfrontato, in un ruolo che esalta la sua bellezza statuaria. Raramente, in questo eclettico percorso di ricerca attoriale, rivedremo il Nostro al massimo splendore, senza che quel volto e quel corpo si mostrino trasfigurati, perfino martoriati.
Bale ritroverà Todd Haynes, il regista di Velvet Goldmine, per Io non sono qui: insolito esemplare di cinema di poesia. Il film ripercorre la vita e l’opera di Bob Dylan, rappresentato attraverso 7 differenti alter-ego. Per interpretare il coacervo di queste identità parallele, Todd Haynes sceglie Cate Blanchett, Richard Gere, Heat Ledger e il nostro anti-eroe, che offrirà una delle migliori interpretazioni della sua carriera.
Il regista moltiplica i piani del racconto, cerca l’anima del cantastorie attraverso lo spazio e il tempo, dal lontano Far West alla Swinging London, passando per New York underground, la protesta, la controcultura . E se Cate Blanchett, con il personaggio di Jude Quinn rappresenta l’apice del successo, la svolta rock’n’roll, che sconcerta i fan più ortodossi, ma conquista il mondo intero, Bale rappresenta invece l’anima più radicale del folk-singer.
Todd Haynes affida a Christian Bale una doppia identità . La prima è quella di Jack Rollins: “cantautore tormentato che flagella la propria coscienza”. L’alter-ego racconta le origini di Bob Dylan, il cantastorie degli ultimi, capace di puntare il dito contro l’America e la sue ingiustizie, imporsi come volto simbolo della protesta giovanile.
Anche questa volta, Christian Bale stupisce per il lavoro sul corpo. Replica perfettamente gestualità e postura di Bob Dylan, la sua timidezza che diventa ardore sul palco, il suo modo di suonare l’armonica, imbracciare la chitarra. Quello di Bale è anche un lavoro sulla voce, che non cerca minimamente l’imitazione di Dylan, ma offre la sua personale interpretazione di classici come The Lonesome death of Hettie Carroll.
Quando Jack Rollins diventa il cantautore del momento, rifiuta il successo, sperimenta una profonda conversione spirituale e riparte ancora da zero. Bale diventa così Padre John, offrendo una memorabile esibizione gospel. Se cercate la più insolita tra le sue trasformazioni del Nostro, il Pastore glamour potrebbe davvero stupirvi.
Tra le recenti interpretazioni di Christian Bale, una menzione d’onore spetta al Capitano Joseph Blocker, protagonista di Hostiles – Ostili, superbo western contemporaneo firmato da Scott Cooper. Un personaggio che consente a Bale di esprimere tutta l’intensità devastante del suo talento drammatico.
Il film è ambientato nel 1892, eppure parla chiaramente al presente. Il Capitano Blocker riceve un ordine perentorio, che arriva diretto dal Presidente degli Stati Uniti: ricondurre alla Valle degli Orsi un anziano capo Cheyenne, Falco Giallo(Wes Studi), al quale va riconosciuto il diritto di morire nella propria terra. L’odio che il Capitano Blocker prova per quell’uomo è proporzionale agli anni che ha trascorso in guerra. Eppure esegue quell’ordine, che rappresenta un insulto alla sua intera esistenza.
L’epica Western, mito di fondazione del Cinema americano, si divide nettamente in 2 fasi. Nel western delle origini, gli indiani sono i feroci nemici di eroi bianchi, senza macchia e senza paura. Con il cosiddetto Western revisionista, da Nicholas Ray a Sam Peckinpah, da John Huston a Clint Eastwood, per la prima volta la prospettiva è rovesciata, gli indiani si mostrano vittime di uno sterminio brutale. Hostiles di Scott Cooper sceglie un nuovo punto di vista, contemporaneo e inedito: la brutalità delle due parti è speculare, orrenda e senza speranza. Il circuito dell’affronto e dalla vendetta è un circuito di morte, dove tutti sono vittime e carnefici.
In questa prospettiva, Christian Bale trova la perfetta quadratura tra l’aura dell’eroe e l’umanità di un reduce, che racconti l’atrocità di qualunque guerra. Il risultato è un personaggio dolente, indimenticabile, assediato da un dolore che non lascia scampo. Una delle migliori rappresentazioni cinematografiche della PTS: la Sindrome da stress post-traumatico.
8. The Fighter, David O. Russel, 2010
Come spesso accade, quando L’Academy sceglie finalmente di premiare un attore, il film in realtà non rappresenta l’apice della sua carriera.
È andata così anche per Christian Bale, che a 13 anni esordisce già da protagonista assoluto, ma vince l’Oscar solo nel 2010, come Miglior Attore Non Protagonista per The Fighter di David O. Russell.
In questo film, Christian Bale eclissa totalmente il povero Mark Wahlberg, replicando uno schema che appartiene in realtà a una storia vera: quella di Dicky Eklund e del suo fratellastro Micky Wand.
Legati da un rapporto tanto conflittuale quanto profondo, i 2 fratelli interpretati da Bale e Wahlberg sono cresciuti nell’estrema periferia di Lowell, Massachusetts. Dicky ha vissuto una brevissima stagione di successo come pugile. Poi è scivolato nella dipendenza da crack, bruciando rapidamente la sua carriera.
Nonostante le follie da crackhead, Dicky resta una sorta di attrazione locale. Leggenda vuole che abbia mandato al tappeto Sugar Ray Leonard. Ma in realtà , nessuno ha mai capito se il pugile sia semplicemente scivolato. Ora la sua esistenza è fatta solo di droga, risse, espedienti. Intanto, allena suo fratello Micky, proietta su di lui sogni, responsabilità e ambizioni.
Christian Bale e Melissa Leo, che interpreta la madre dei ragazzi, sono i veri protagonisti di un film costruito come un racconto corale. Questa bizzarra famiglia, che comprende Micky Dicky e 7 bionde sorelle, è un clan degno di un film di Scorsese. Ma quando Micky cerca di affermarsi come pugile, sottraendosi a quell’amore opprimente, malmostoso, la reazione sarà esplosiva.
Per interpretare Dicky Eklund, Christian Bale si sottopone ancora a un dimagrimento estremo. Ma anche stavolta, sono gli occhi a esprimere tutta la follia di un personaggio incontenibile, completamente fuori controllo. E la sua risata sguaiata, resta il trademark di un personaggio che rappresenta l’America dei margini, perennemente in cerca della svolta, di un riscatto che è forse un miraggio.