La recensione di Prey, meraviglioso immersive sim di Arkane Studios e uno dei titoli più sottovalutati di questa generazione.
La recensione di Prey, necessita di una premessa doverosa. Sia che decidiate di leggere l’articolo per intero o semplicemente controllare le stelle in fondo alla pagina, bisogna sottolineare subito un aspetto fondamentale. Prey non è un fps. Anche se nel trailer vedete spezzoni di gameplay in cui si usa il fucile a pompa. Prey è un immersive sim, un genere che dà tantissima libertà al giocatore su come affrontare ogni singola situazione di gioco. Spinge la sua invettiva e la sua creatività al massimo, per cavarsela anche nelle situazioni che sembrano irrisolvibili. Spesso anche andando oltre quanto gli sviluppatori hanno progettato. E, nel titolo Arkane ed erede spirituale di System Shock, tutto questo viene enfatizzato in maniera straordinaria.
Qualora decidiate quindi di recuperare il titolo acquistandolo o perché disponibile su Xbox Game Pass, sappiate che non giocherete Doom Eternal. Naturalmente il prodotto mischia sapientemente la componente di shooting, quella RPG, survival e stealth ma non va frainteso per qualcosa che non è: uno sparatutto in prima persona. Letta questa importantissima introduzione, possiamo finalmente consegnarvi il biglietto per entrare nella stazione spaziale di Talos I.
Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?
Buongiorno, Morgan Yu
2034, Talos I è la stazione spaziale in cui si svilupperà la sofisticata trama di Prey. Il protagonista, Morgan Yu, si sveglia nella sua stanza e si dirige nell’area test della stazione, dove incontrerà suo fratello, Alex. Quest’ultimo ci spiega che il nostro alter ego virtuale (potremo scegliere se uomo o donna all’inizio del gioco) è stato scelto per prender parte a dei semplici test per conto della società TranStar. Durante queste prove, un Typhoon, la razza aliena studiata nella stazione, attacca un dottore supervisore. La situazione precipita inesorabilmente e Morgan perde i sensi. Li riacquisterà nella sua stanza, con una forte amnesia e scoprirà che il suo letto, il suo frigo e la sua balconata, altro non sono che un’area di simulazione e che Talos I è infestata dagli alieni. Anno del risveglio? 2035.
Il prologo di Prey è straordinario. Prende il giocatore, totalmente spaesato, munito solo di chiave inglese e cannone Gloo e lo trascina in un’atmosfera carica di tensione e paura. Pone le fondamenta per quella che sarà una grande storia, nonostante una fase centrale non all’altezza di quella iniziale e che lascia molto più spazio al puro aspetto ludico. In ogni caso, comprenderemo subito i due temi principali che saranno il leitmotiv di tutta l’opera. Noi saremo sempre vittime e prede. Vittime del gameplay, perché quando lo assorbiremo, non faremo altro che pensare a come sbloccare quella porta o come trovare la combinazione di quella cassaforte. Prede dei Typhoon, perché diventeranno il nostro incubo peggiore. Scopriremo ben presto anche l’importanza delle Neuromod, strumenti che modificano il nostro cervello incrementando le nostre abilità o addirittura replicare quelle aliene.
Vittime del gameplay
Durante la campagna potremo decidere se seguire la storia principale oppure occuparci di diversi incarichi secondari. Nel secondo caso andremo ad approfondire le storyline dei diversi NPC che incontreremo all’interno di Talos I. Alcuni di essi, saranno molto importanti per il finale del gioco e l’invito è quello di completarne il più possibile. Essi non solo garantiranno ulteriore immersione nella narrazione, ma mostreranno anche la cura con cui Chris Avellone e Raphael Colantonio hanno scritto ogni pezzo di puzzle. Qualsiasi strada decidiate di intraprendere, vi saranno numerosi modi con cui completare ogni obiettivo. Prey è infatti un prodotto per persone pensanti e spiegarne il gameplay in poche parole e senza scendere nei dettagli è impossibile. Il game design messo in atto da Arkane è incredibile e una volta assimilato, alzerà notevolmente l’asticella dell’engagement. Cercheremo quindi di partire da una situazione di gioco, per poi sviscerare ogni singolo elemento.
Girovagando all’interno di Talos I conosceremo molto preso il principale nemico del gioco: i Typhoon. Essi saranno molto più forti di noi ed affrontarli a viso aperto spesso si rivelerà una scelta fatale. Tra le diverse specie che andremo ad incontrare vi saranno i Mimic, piccoli ragnetti che possono anche assumere la forma degli oggetti sparsi per la mappa. Potremo quindi scegliere se utilizzare la combinazione Cannone Gloo (un cannone sparacolla che può immobilizzare alcuni MOB e che sfrutteremo anche per creare percorsi alternativi generando delle piccole scale) e chiave inglese. Oppure ascoltare il suono che emettono mentre sono trasformati, identificarli e anticipare l’attacco. Tutto questo, senza utilizzare le armi che ad eccezione delle due citate e la pistola, troveremo molto presto o molto tardi a seconda della nostra curiosità.
Prendete i mimic e tutte le altre specie che scorrazzano libere e inseritele all’interno di un’area di gioco.
Dobbiamo entrare in una stanza ed accedere ad un terminale. L’accesso però è bloccato da una tessera magnetica che ancora non abbiamo trovato. Cosa fare? Vogliamo liberare l’area e trovare una soluzione con più calma. Decidiamo di procedere in stealth perché gli alieni ci sovrastano in numero. Troviamo all’improvviso una torretta automatica. La posizioniamo strategicamente e lasciamo che l’intelligenza artificiale del gioco faccia terra bruciata. Senza chiave però non possiamo aprire la porta. A questo punto, un ventaglio di opzioni si apre davanti a noi. Proviamo a creare una scala con il Cannone Gloo, saliamo sopra la stanza e vediamo se c’è un buco per entrare. Oppure notiamo una minuscola apertura nella vetrata infrangibile. Attraverso di essa spariamo un dardo con la nostra balestra all’interruttore ed apriamo la porta. Infine ci accorgiamo di una tazza nella stanza, ci trasformiamo in essa sfruttando il potere dei Mimic ed entriamo.
Ora si comprende meglio perché a inizio recensione si parlava di Prey come un immersive sim profondo e stratificato. Serve del tempo per abituarsi alle sue meccaniche, ma quando lo avrete fatto, il fattore soddisfazione è garantito. Naturalmente la situazione descritta è solo un piccolo assaggio della libertà che avremo a disposizione. Il gameplay che si evolve con la nostra esperienza e con le ore che passiamo con il controller in mano. Un esempio di level design costruito ad opera d’arte, in cui ogni stanza è interconnessa e che possiamo sfruttare a piacimento per districarci in una Talos I piena di insidie. Potremo anche uscire nello spazio, raggiungendo così una divisione della stazione precedentemente esplorata ed evitare così un fastidioso backtracking.
Prede dei Typhoon
Il gun play di Prey, è una delle problematiche principali. Il feeling con le armi non è dei migliori e in generale il sistema di shooting risulterà piuttosto legnoso. Non sarebbe naturalmente un grosso problema se non fosse che i Typhoon, come già accennato, sono superiori a Morgan Yu. Il danno che infliggono è molto alto e all’inizio, il rischio di venir shottati in due colpi sarà il pane quotidiano. La nostra capacità di difenderci inoltre, è inficiata sia dalla scarsa mobilità del protagonista che dai pattern alieni non sempre immediatamente comprensibili. Se a questo aggiungiamo anche la difficile reperibilità delle munizioni, la situazione diventa spesso insostenibile. Ed è per questo che, specialmente durante il prologo, lo scontro frontale con i nemici dovrebbe di base essere la nostra quarta o quinta opzione offensiva.
La situazione migliorerà con il proseguire delle ore. Identificare il proprio stile di gioco, permetterà di spendere le neuromod a nostro vantaggio. Potremo incrementare la nostra vita, l’abilità di hacking se vogliamo avere un lasciapassare per ogni cassaforte o stanza chiusa che incontreremo o addirittura assorbire i poteri dei Typhoon. Occhio per occhio, dente per dente ma ad una condizione però. Tutti gli operatori tecnici, le torrette ci vedranno come nemico e inevitabilmente ci attaccheranno. Questi strumenti, potranno inoltre permetterci di utilizzare i kit balistici per le armi. Miglioreremo la loro stabilità, la gittata e incrementare così la godibilità dello shooting.
Riciclare e Assemblare
Le neuromod, potranno anche essere fabbricate, così come le munizioni per le armi e tanti altri oggetti utilizzabili in combattimento. Il loot system infatti è molto articolato. La sua “complessità” di base è un altro elemento di gameplay che impareremo a conoscere nel tempo. Esso si articola in tre fasi: raccogliere pressoché ogni cosa che troveremo nei cestini e nei cadaveri; depositare il tutto all’interno del riciclatore che genererà materiali minerali, esotici ed altro ancora; prendere i materiali, portarli all’assemblatore più vicino e creare così ciò di cui abbiamo più bisogno. Sistema che non farà altro che aumentare quel senso onnipresente di esser prede indifese e impotenti. Spesso infatti capiterà che il giocatore a corto di cartucce per lo shotgun, cercherà di trovare i macchinari più vicini. Il problema…sarà raggiungerli.
Conclusioni
Sebbene l’aspetto grafico di Prey abbia un peso irrisorio sia nella recensione che dinanzi all’immensità del gameplay, un paio di righe sono necessarie. Il titolo Arkane è un esempio molto gradevole di art deco che cattura l’occhio dell’utente e fa tirare il fiato tra un attacco di ansia ed un altro. Il problema principale del comparto tecnico sono i caricamenti, molto lunghi e che nelle fasi di backtracking più marcate rompono il ritmo in maniera eccessiva.
Prey è grande, gigantesco e immenso. Un gioco adulto, magari non adatto a tutti. Si evolve e cresce con voi. È libertà applicata al videogioco. Arrivare alla conclusione dell’avventura seguendo le proprie scelte, le proprie idee vi regalerà una delle più grandi soddisfazioni della vostra carriera videoludica. Morgan Yu plasma il gameplay. Avviare la partita sarà come spararsi una neuromod nel cervello. Non uscirà più dalla vostra testa e vi tormenterà fino a che non sarete arrivati ai titoli di coda.