Dopo l’anteprima internazionale della Mostra del Cinema di Venezia e dopo l’ottima accoglienza del Toronto Film Festival, il 31 Marzo è arrivato in esclusiva su Mio Cinema la curiosa opera prima di Christos Nikou, Apples.
Storico collaboratore di Yorgos Lanthimos, Nikou si muove evidentemente sulle tracce del maestro, scegliendo la Distopia, la distorsione allegorica del reale. Eppure, allo stesso tempo lavora sottotraccia, muta il punto di vista, trovando una sua personale, distinta cifra stilistica.
Fin dalla prima sequenza gli estimatori di Lanthimos avranno la sensazione di conoscere le atmosfere, forse perfino il volto del protagonista di Apples. Ma questo non significa che assisteremo a una sbiadita replica di Dogtooth, The Lobster, Il sacrificio del cervo sacro o La favorita.
La lente impietosa della deformazione grottesca resta proprietà esclusiva del cinema di Lanthimos. E se il filmaker greco resta tra gli autori più radicali, innovativi e dirompenti del panorama cinematografico contemporaneo, anche Christos Nikou cerca ora il suo posto al sole.
O forse sarebbe meglio dire il suo personale cono d’ombra, già che Apples, il suo primo lungometraggio, si rivelerà un melanconico, amaro affresco sospeso tra lo spazio e il tempo.
Il regista aveva scritto la sceneggiatura di Apples 10 anni fa, dopo la morte di suo padre. Fatalmente aveva immaginato una città colpita da una misteriosa pandemia, un virus che causa l’immediata e totale perdita della memoria.
L’idea di un virus senza nome, senza cura e senza spiegazione si lega allora indissolubilmente al tema della memoria. E il risultato è un film che non racconta un futuro distopico, ma un allegorico passato, che sembra ancora scrutarci in cerca di risposte.
Apples: la Trama
Una inspiegabile epidemia ha colpito la città. Le persone perdono improvvisamente, definitivamente la memoria. Possono trovarsi su un autobus o magari alla guida della loro auto, ma senza alcun preavviso, si accorgeranno di non sapere più chi sono.
La malattia, di cui non si conosce né causa né cura, colpisce anche il protagonista, interpretato da Aris Servetalis. Nonostante il ricovero in ospedale e l’inizio di una terapia sperimentale, non sembra ricordare nulla del suo passato.
La cura proseguirà allora con una sorta di rieducazione alla “normalità” e le sue abitudini quotidiane. Quando aderisce al programma, il protagonista conosce anche una giovane donna, che sembra sperimentare le sue stesse identiche difficoltà.
Se solo il protagonista volesse, tra di loro potrebbe nascere qualcosa, qualcosa che somigli perfino al ritorno alla vita.
Apples: Recensione del film
Nella seconda primavera di pandemia, la seconda senza cinema, che ritarda ancora la riapertura delle sale, Apples di Christos Nikou potrebbe essere il più bel film in circolazione.
Tra le moltissime novità di Marzo e di Aprile a disposizione sulle piattaforme streaming, questo film è tra i pochissimi a infrangere la norma, rifiutare le definizioni di genere, ma soprattutto la dittatura dell’intrattenimento domestico, presentandosi anzi come un pungolo.
L’idea di Chritos Nikou, l’abbiamo già accennato, rimanda a una diversa visione del Cinema e del linguaggio audiovisivo. E quest’idea di cinema minimale, allusiva, metaforica, sembra interrogare direttamente la coscienza dello spettatore.
Rispetto alla lezione di Yorgos Lanthimos, Christos Nikou opera un significativo rovesciamento di prospettiva. Tecnicamente, infatti, non assisteremo ad una nuova variazione sul tema della tragedia contemporanea, ambientata nel proverbiale futuro distopico.
Quello illustrato da Apples è piuttosto un passato distopico. E in questo passaggio infinitesimale, giocato sul limite tra la Fantascienza, uno scenario post-apocalittico e la nostalgia di un mondo irrimediabilmente andato, si trova probabilmente il cuore del film.
I registratori a cassette, le Polaroid denunciano l’appartenenza di Apples a un tempo remoto, prima dell’Internet, il GPRS e gli Smartphone. Se pure la città, le persone, le abitudini e i gesti sembrino del tutto simili ai nostri, quel passato è ormai così lontano che somiglia a un altro mondo.
Quella rappresentata infatti è l’umanità prima della rivoluzione. L’umanità che conosce ancora l’anonimato e il silenzio di un’esistenza off-line. Non che il regista intenda proporci un film moralista, né una sofferta riflessione sulla società contemporanea, le sue derive, le aberrazioni della nuova età della comunicazione.
Il film ci scruta piuttosto con lo stesso sguardo smarrito del protagonista, Aris Servetalis. La sua è un’apocalisse individuale. Eppure, nonostante il film sia stato scritto ben prima del Covid-19, di questa surreale congiuntura storica, la sua tragedia privata parla direttamente al presente.
I temi della memoria e dell’elaborazione del lutto si intrecciano indissolubilmente in un film che guarda a Lanthimos, ma anche all’idea di alienazione nel cinema di Michelangelo Antonioni. E il risultato resta un’opera fortemente contemporanea, ma soprattutto fortemente personale.
Rispetto all’abnorme e l’assurdo, essenziale punto di riferimento del cinema secondo Lanthimos, Nikou sceglie di non distorcere il reale, anzi il suo sguardo indietro, costruendo un film fuori dal tempo, fatto di silenzi, sensazioni, parole non dette e sentimenti rimossi.
In un panorama decisamente arido, disseminato di graziosi film senz’anima, Apples è la cosa più diversa che troverete in streaming. Un oggetto deliberatamente non identificato, che ci costringe a interrogarci su cosa sia la fantomatica “normalità”, e se mai la riavremo indietro.