I Tool hanno una canzoniere complesso da esplorare. Per tutti coloro che vogliono cimentarsi nell’impresa, ecco la nostra guida introduttiva.
Nonostante una discografia “scarna” a fronte dei quasi trent’anni di attività, riuscire a stilare una top 10 con le migliori opere dei Tool non è impresa di certo facile.
La band progressive metal americana, ormai in circolazione dal 1993, è di fatto nota per essere un baluardo del “poco ma buono”. Soli cinque album pubblicati dal loro esordio (Undertow) al loro più recente lavoro, Fear Inoculum. Cinque album che sono però bastati a fare di Keenan, Chancellor and co. dei “monoliti del genere”.
Sperando di non far “indispettire” nessun appartenente a una delle fanbase più accanite del panorama metal (e con giusta ragione) andiamo allora a vedere quali potrebbero essere, in ordine discendente, le dieci canzoni più emblematiche dei Tool.
Quelle opere in grado di riassumere la loro discografia, la loro offerta musicale e, soprattutto, il perché siano diventati un fenomeno di culto con davvero pochi eguali nella storia della musica.
10. Pneuma
La decima posizione di questa difficilissima top 10 porta con sé l’unica rappresentante dell’attesissima uscita del 2019: Fear Inoculum. Album la cui lunghissima attesa ha dato ragion d’esistere a tredici anni di pesci d’aprile, Fear Inoculum ha diviso e non poco critica e ascoltatori.
Ipnotica e trascendentale, intima e “catartica”, con Pneuma ci si getta all’inseguimento di sinuose figure ritmiche e controllatissime esplosioni. Gli strumenti si attorcigliano su sé stessi dando vita a quella “psichedelia” metal a cui i Tool ci avevano abituato e che, con Fear Inoculum, hanno ulteriormente approfondito (forse anche troppo).
9. 10.000 Days (Wings for Marie pt. 2)
Nella narrativa dei Tool 10.000 giorni sono quelli che separano la vita dalla morte. Il nuovo inizio (o fine) dell’evoluzione di un individuo verso i 29 anni o la morte di una madre che, 27 anni prima (10.000 giorni) era stata colpita da un aneurisma cerebrale.
Così in un album che porta nel titolo le chance di evoluzione dell’uomo (e la rivoluzione di Saturno), Maynard James Keenan dedica un’intera canzone alla madre Mary. Una dedica ipnotica, dolce nella sua più oscura malinconia. Un crescendo lento e costante che, proprio come la vita, non può fare a meno di concludersi in una poderosa esplosione di energia.
8. Jambi
Seconda traccia del precedentemente citato 10.000 Days, con il suo incedere pachidermico e costante, scandito da taglienti e staccatissime ritmiche di chitarra, Jambi è uno dei manifesti della “contenuta rabbia” musicale dei Tool.
Un pattern ritmico sfruttato ed esasperato fino allo stremo, consumato in tutte le sue possibilità esecutive, il tutto per estrapolare una “litania” metallica destinata a concludersi con un poderoso ed immancabile crescendo.
Non me ne vogliate, ma Parabol e Parabola non possono essere considerate pezzi separati. Un unicum intelligentemente studiato e necessario, il sole e la luna che si compensano a vicenda. Il leggero e quasi impercettibile canto di Parabol è l’intro perfetto per l’energica e slanciatissima Parabola.
Posizionate nel cuore pulsante di quell’opera enorme chiamata Lateralus, l’energia prorompente ed il carisma di Parabola la fissano a pieno diritto tra i pezzi più intensi ed emblematici della discografia dei Tool. Senza Parabol, però, non sarebbe assolutamente la stessa cosa.
6. Forty Six & 2
Uno di quei rarissimi casi di titolo che puoi ascoltare. Basta essere solo vagamente avvezzi al metal per essere incappati almeno una volta in uno dei giri di basso più emblematici della storia della musica. Con Forty Six & 2 i Tool presentano al pubblico una delle prime pietre miliari della loro discografia.
Quinta traccia di Aenima, secondo album della band pubblicato nel 1996, con Forty Six & 2 veniamo trascinati in un gorgo “isterico” scandito, da un lato, dall’ipnotico basso di Chancellor e, dall’altro, da improvvise e tracotanti esplosioni distorte. La formula perfetta dell’intensità musicale.