La La Land, la Spiegazione del musical di Damien Chazelle

La La Land è diventato famoso (anche) per la figuraccia ai premi Oscar: ma il film di Damien Chazelle è uno dei punti più alti della cinematografia degli ultimi anni. Ecco perché

La La Land
Emma Stone e Ryan Gosling in una scena di La La Land
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La La Land (stasera su Rai 4 alle 21.10) è il film di Damien Chazelle è un film che, sin dall’inizio, ha fatto parlare molto di sé.

Scelto come film d’apertura alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, La La Land è diventato famoso anche per essere stato protagonista, insieme a Moonlight, di una delle serate più imbarazzanti alla notte degli Oscar, quando venne annunciato il film sbagliato come vincitore.

Ma al di là dell’aneddotica, La La Land è un film che ha fatto parlare di sé per la sua capacità di spaccare il pubblico: il film di Chazelle, infatti, è una di quelle pellicole che o la si ama o la si odia.

In media, non esiste una posizione intermedia tra i due poli. Perciò sin dalla sua uscita al cinema e anche a ogni riproposizione televisiva, sembra riaccendersi la faida tra le due posizioni.

Senza voler entrare minimamente nella sfera dei gusti personali – che, per loro stessa accezione, sono personale e perciò intimi e soggettivi – ci sono degli aspetti su La La Land su cui bisognerebbe fare un po’ più di luce.

Scavando dunque nelle accuse più comuni che vengono mosse al film, abbiamo cercato di spiegare La La Land e perché, a dispetto di tutto, è un gran film e uno dei punti più alti della cinematografia contemporanea.

Attenzione, l’articolo contiene spoiler per chi non ha ancora visto il film.

Il postmodernismo di La La Land

La storia d’amore di Mia e Sebastian (Emma Stone e Ryan Gosling) è l’incontro tra due persone che stanno inseguendo i loro sogni sullo sfondo di una Los Angeles quasi magica.

Per raccontare questo percorso – che si concentra soprattutto su Mia – Damien Chazelle ha deciso di usare una formula personalissima di musical.

Una scelta che ha fatto storcere il naso ad alcuni dei puristi e ha messo La La Land nella posizione scomoda di trovarsi in una sorta di terreno di nessuno.

Un musical che non è proprio un musical: che fa arrabbiare i puristi e lamentare chi le pellicole musicali non riesce proprio a mandarle giù.

Nella sua struttura più basilare, La La Land presenta gli stilemi del genere: colori accesi, inquadrature divise tra i due protagonisti utilizzate in termini narrativi e, naturalmente, la musica. In La La Land i protagonisti, di punto in bianco, prendono e cominciano a cantare e/o ballare.

Tuttavia a Damien Chazelle non interessava realizzare un musical classico: La La Land è, di fatto, un film che rientra nel postmodernismo cinematografico.

Il regista mette in scena un vero e proprio artificio e lo fa senza nasconderlo: già dal titolo La La Land, suggerisce l’idea di qualcosa che non esiste, qualcosa di assimilabile al sogno e, perciò, finto. Non reale.

Sensazione, questa, che si evince anche nel pre-finale, quando Damien Chazelle si diverte a mandare indietro al sua storia e modificarla quel tanto che basta per mostrare un what if tra i due personaggi.

Il regista mette in evidenza tutti i meccanismi che usa per raccontare la sua bugia e da allo spettatore più di un livello di senso: in questo modo destruttura il musical classico e lo rende qualcosa di nuovo, quasi di ibrido. Lo rende un musical post-moderno.

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Inoltre La La Land – e questo è un fatto abbastanza noto – è pieno zeppo di citazioni: da Cantando sotto la pioggia a La Bella Addormentata, da Sweet Charity – Una ragazza che voleva essere amata a Cenerentola a Parigi.

Damien Chazelle costruisce così dei percorsi intertestuali, spingendo verso una blanda contaminazione di generi che, aiutata proprio da questo ricorso alla citazione, rende La La Land un prodotto pressoché unico nel suo genere.

Le accuse al finale

Sempre legata al discorso della volontà di creare un musical postmoderno, è la decisione di Damien Chazelle di portare il film verso un finale triste.

E questa è un’altra delle molte accuse “lanciate” da chi non ha apprezzato il film. Mia e Sebastian, alla fine del film, non stanno insieme.

Un finale pieno di sofferenza e di una struggente bellezza che di sicuro riempie gli occhi di lacrime, reso ancora più evidente dal prefinale di cui parlavamo prima.

Ma che La La Land non sarebbe finito bene lo si capisce dall’inizio della pellicola, quando sullo schermo appare Another Day of Sun. Nella canzone vengono recitate queste parole:

‘Cause maybe in that sleepy town
He’ll sit one day, the lights are down
He’ll see my face and think of how
He used to know me

Se si guarda la scena finale, quando Mia entra nel locale di Sebastian e si guardano con tristezza e malinconia tra le luci abbassate, ci si rende conto che Another Day of Sun ha “spoilerato” il finale.

Ma al di là di questo, proprio per il suo carattere post-moderno, La La Land punta a voler destrutturare il classico musical dell’epoca d’oro di Hollywood e per farlo decide di colpire una delle certezze del genere: il lieto fine.

Proprio perché il film “finisce male”, La La Land conferma la sua determinazione a voler essere altro e, d’altra parte, è un finale in qualche modo giusto.

La La Land è il film di Mia

Sebbene venga presentato – e molto spesso fruito – “solo” come una grande storia d’amore, La La Land racconta, soprattutto, il percorso di Mia.

Il lieto fine, dunque, non va ricercato nella possibilità della coppia di restare insieme, ma in quello di Mia di raggiungere il suo sogno.

Lo dimostra il fatto che, anche nel prefinale, il percorso di Mia rimane pressoché invariato. Fa le stesse scelte e ottiene lo stesso risultato. L’unica differenza sta nel fatto che nel finale alternativo, Sebastian cambia tutto.

Non segue il personaggio interpretato da John Legend e, al contrario, decide di seguire Mia a Parigi, di modo che la loro storia non sia costretta a finire.

Il percorso di Mia è sempre chiaro ed è quello il punto centrale della narrazione: Mia deve realizzare il suo sogno ed è la cosa più importante.

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Questa centralità di Mia la si evince anche dal modo in cui Damien Chazelle ha deciso di girare il suo film.

Se, nel musical classico, i protagonisti avevano uno stesso numero di inquadrature e la possibilità di cimentarsi in dei numeri da solista, in La La Land questo non avviene quasi mai.

Ad esempio, in Lovely Night Emma Stone è quasi sempre presente. È l’unica che ha un piano dedicato solo a lei, mentre Ryan Gosling non ce l’ha mai.

L’ago della bilancia, dunque, punta sempre verso Mia: è lei che ha il numero maggiore di inquadrature, è lei che ha un numero (Audition) da solita in cui Sebastian è lasciato fuori dalla porta.

Al contrario, il theme principale di Sebastian, City of Stars, viene poi contaminato nella reprise, quando anche Mia la canta insieme a lui.

La cattiva disposizione delle canzoni

Infine, arriviamo a una delle lamentele ascoltate più spesso: che La La Land è un film disequilibrato, dal momento che nella prima parte è piena di canzoni e poi, man mano, si “asciuga”.

Questo, ancora una volta, ci porta a sottolineare come La La Land sia, di fatto, la storia di Mia.

La presenza delle canzoni, in La La Land, serve in qualche modo a rappresentare il La La Mood della protagonista, la felicità che prova.

Tutta la prima parte, infatti, che racconta anche i mesi più caldi dell’anno, è il racconto dell’incontro dei due personaggi, i loro innamoramento e il loro sognare insieme.

Man mano che la situazione tra i due si complica, però, le canzoni vengono meno. La musica non è più il mezzo per esprimersi dei sentimenti, ma un mero esercizio, la messa in atto di un mestiere.

Quando tra Mia e Sebastian le cose si mettono male, l’unica musica che si sente è quella dei concerti di John Legend, proprio perché la musica ha perso la sua anima, il suo valore. È diventata un meccanicismo.

In qualche modo i protagonisti si svegliano dal loro sognare ad occhi aperti e tornano con i piedi a terra: questo porta via canzoni e musiche. Il momento in cui la musica torna ad avere importanza è in Audition.

Emma Stone sta facendo un’audizione per un ruolo: dopo aver rischiato di abbandonare il suo sogno, è tornata a combattere per esso. La felicità sta tornando nella sua vita e perciò la musica riprende.

Sebastian non è il punto di arrivo di Mia: ma è un passaggio necessario di cui la ragazza aveva bisogno per decidere di andare avanti, di continuare a far parte di quei sognatori che non si sono mai arresi, nemmeno davanti al fallimento.

E, allo stesso tempo, La La Land è proprio un film che riflette su questo: sull’idea di fallire, sull’idea di accettare di poter fallire e che la vita non può e non deve essere necessariamente un sogno a occhi aperti per essere degna di essere vissuta.