Eric Clapton: perché è così leggendario?

Riscopriamo ciò che si cela dietro alla leggenda di Eric Clapton

Eric Clapton
Credits: Eric Clapton / YouTube
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“Clapton is God”

Si sente spesso parlare di Jimi Hendrix come del “Maradona” della chitarra: sregolato, talentuoso, geniale. Beh, quando il suo manager lo pregò di volare a Londra dagli Stati Uniti, lui acconsentì ad un’unica condizione: quella di poter incontrare il dio della chitarra, Eric Clapton.

Quando parliamo di qualcuno che ha influenzato il mondo della chitarra elettrica, pochi hanno (o hanno avuto) la potenza e l’importanza di Eric Clapton. Nel corso di una carriera discografica iniziata nel 1964, ha sperimentato così tante combinazioni chitarra/amplificatore da aver dato il suo nome ad un particolare stile di vibrato: suo è il Woman Tone, come suoi sono i record di presenze nella Rock and Roll Hall of Fame.

Il suo percorso musicale comincia a 13 anni, per interrompersi bruscamente a 13 anni e mezzo.

“Non ero un granchè”, sentenzia nella sua autobiografia. Fu solo per un caso che, qualche tempo dopo, finì per imbracciare nuovamente la chitarra: questa volta, per non lasciarla mai più. Nel 1963 accompagnava la band R&B dei Roosters, macinando, tra una serata e l’altra, i dischi dei grandi del Delta Blues: Muddy Waters e l’immancabile Robert Johnson.

Ben presto gli fu chiesto di unirsi agli Yardbirds, dove iniziò a costruirsi una certa fama. All’inizio aveva così pochi soldi in tasca da suonare una Fender Telecaster rossa che non era nemmeno sua e che apparteneva al gruppo, perchè non poteva permettersela (e dopo che Eric lasciò la band, la chitarra passò al suo sostituto Jeff Beck).

In quegli anni il suo sound era acerbo, ruvido; gli assolo non erano perfettamente formulati e in parecchi punti le performance erano scadenti. Ma aveva il fuoco dentro: se normalmente il pubblico segue il cantante della band, negli Yardbirds seguiva il chitarrista.

Clapton non rimase a lungo con gli Yardbirds.

Eric cercava qualcosa che fosse più puro, e storceva il naso alla direzione “commerciale” intrapresa dal gruppo e sfociata nello psych-pop di For Your Love. Ahh, i principi incrollabili della giovinezza.

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Fu comunque una scelta vantaggiosa per ambo le parti. Con i nuovi arrivati ​​Jeff Beck (e poi Jimmy Page), gli Yardbirds sarebbero sbocciati in una grande band hard rock psichedelica. Clapton invece entrò nell’olimpo della musica dopo aver cercato conforto nel purismo dell’anziano blues britannico di John Mayall.

Questo fu il vero inizio della leggenda di Slowhand. Il tono di Clapton nel “Beano Album” è un punto di riferimento nella chitarra elettrica da oltre mezzo secolo e tutti i rocker blues sulla sua scia – da Peter Green a Joe Perry a Gary Moore a Joe Bonamassa – ne restarono ammaliati.

Nonostante Mayall fornisse a Clapton fama, incoraggiamento e accesso alla sua vasta collezione di dischi blues, l’allora chitarrista 21enne era ancora irrequieto. Come con gli Yardbirds, lasciò la band dopo un solo album. Sentiva il bisogno di raggiungere nuove terre musicali, ma il suo prossimo gruppo, i Cream, sarebbe stati una Ferrari difficile da guidare.

Chiamati Cream come “la crema” dei musicisti londinesi della metà degli anni ’60, il trio era composto dal miglior chitarrista, bassista e batterista al mondo del periodo.

Amavano suonare insieme, ma non potevano definirsi una vera e propria band. I Cream non erano che un insieme di accentratori che lottavano per avere i riflettori puntati su di sè. Chiariamoci: la loro unione fu qualcosa di sensazionale ed irripetibile. Ma finirono per inacidirsi dopo soli 30 mesi, in quello che più tardi venne definito come un “circo di diverse personalità”.

Al di là del successo ottenuto, la vera stranezza era un’altra: meno di tre anni prima, Clapton era un purista blues irriducibile; ora abbracciava pienamente la psichedelia. L’esperienza con i Cream non lo scoraggiò a suonare di nuovo con i grandi nomi del rock. All’inizio del 1969, stava suonando ancora una volta con Ginger Baker al fianco di Steve Winwood con i Blind Faith.

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Ma la musica dei Blind Faith era completamente diversa da quella dei Cream.

Si muoveva su sfumature di R&B e gli arrangiamenti più serrati delle canzoni erano in netto contrasto con la frenetica improvvisazione blues psichedelica dei Cream. Peccato che ebbero una vita ancora più breve di questi ultimi: dopo un album e un tour, la band si sciolse.

A quel punto Slowhand non potè far altro che concentrarsi sulla sua carriera da solista, in cui i caratteri blues o psichedelici sono andati via via scemando, restando confinati in qualche sporadico accenno nell’immensa produzione post-anni ’60.

Sì ma….perchè è il miglior chitarrista del mondo?

Sentenza audace, lo sappiamo bene. Come sappiamo che ci sono centinaia di adolescenti su YouTube che possono letteralmente distruggere molti dei big del passato per abilità e velocità di esecuzione. Allora, cosa rende una leggenda davvero tale?

Ci piace pensare al regno della musica come a un’entità eterea che si aggira per trovare la sua strada nei cuori e nelle menti degli ascoltatori: attrae alcune persone in determinati generi come jazz, classica o rock. Tuttavia, ogni tanto, nasce un musicista che ha il potere, che ha l’originalità di influenzare coloro che sono al di fuori del loro genere per crearne uno completamente nuovo.

Al di là delle sue indiscutibili capacità tecniche, è importante notare che Clapton aveva preso in prestito il suo sound da altri che, prima di lui, avevano dato voce ai propri demoni attraverso la musica. Ma la sua vera grandezza è ed è stata quella di trascendere genere e tempo, di influenzare la cultura e la musica nel suo complesso, anno dopo anno.

E al di là di ogni etichetta.