Sangue inquieto, Recensione del romanzo controverso di J.K. Rowling
Sangue Inquieto è il nuovo romanzo che J.K. Rowling ha scritto sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith e che è stato attaccato duramente per via delle posizioni transfobiche della scrittrice
A fine febbraio è arrivato in libreria Sangue Inquieto, il nuovo capitolo della saga letteraria dedicata all’investigatore Cormoran Strike che J.K. Rowling ha scritto sotto lo pseudonimo Robert Galbraith.
Un romanzo la cui uscita è stata accompagnata da molte polemiche, scaturite dalle posizioni transfobiche che la scrittrice ha palesato attraverso alcuni post su Twitter. La scrittrice ha poi pubblicato anche una lettera aperta in cui cercava di spiegare la sua posizione.
Le sue dichiarazioni hanno anche attirato le ire di alcuni degli interpreti dell’universo cinematografico di Harry Potter.Questo tuttavia non ha spinto l’autrice britannica a cambiare la propria posizione. Inoltre, la situazione è ulteriormente peggiorata quando in rete sono cominciati a rimbalzare i primi rumor secondo cui il villain di Sangue Inquieto sarebbe stato un uomo che ama vestirsi da donna.
Un’etichetta – che faceva pensare ancora una volta all’equazione transgender=cattivo – che ha spinto moltissimo lettori a lanciare richieste di boicottaggio del libro. Con la conseguenza che Sangue Inquieto è stato accolto (anche) da una lunga serie di pregiudizi.
Sangue inquieto, la trama
Nel quinto volume della saga dedicata al famoso investigatore privato, Cormoran Strike è alle prese con il primo cold case della sua agenzia.
L’ex veterano di guerra, infatti, viene avvicinato da una donna in lacrime che quasi lo implora di riprendere le fila del caso di scomparsa di cui è stata protagonista sua madre, sparita di punto in bianco più di quarant’anni prima.
Consapevole che il lasso di tempo è decisamente esteso e che sono poche le possibilità di trovare delle soluzioni diverse da quelle ottenute dalla polizia, Cormoran Strike è comunque intrigato dalla storia e accetta il caso.
Con l’aiuto della sua fedele – e ormai imprescindibile – collega Robin, che nel frattempo è alle prese con un divorzio non proprio facile, Strike comincerà a scavare nel passato. Si troverà di fronte a serial-killer che si vestivano da donne, poliziotti in preda all’esaurimento nervoso e prove che non sono state tenute in considerazione.
Tra indagini, ex fidanzati che si rifanno avanti nei momenti meno opportuni, crisi famigliari e personaggi secondari di dubbia moralità, Strike e Robin tenteranno ancora una volta di ottenere l’impossibile.
La questione transgender
All’annuncio dell’uscita di Sangue Inquieto si sono sollevate moltissime polemiche ai danni di J.K. Rowling, accusata di utilizzare il suo romanzo per dare una maggiore eco alle sue idee transfobiche.
Il centro della polemiche era incentrato sulla presenza di un villain caratterizzato non solo dalle sue azioni disumane in qualità di serial killer, ma anche per la propensione a vestirsi da donna.
Su questo argomento è necessario però fare due discorsi in qualche modo separati. Innanzitutto, l’importanza del personaggio specifico all’interno della narrazione è piuttosto trascurabile. Il villain, come vedremo in seguito, appare più come un riferimento, qualcosa da nominare di tanto in tanto, ma che non ha un vero e proprio peso.
Difficile, dunque, supportare l’idea di un boicottaggio a causa di un personaggio che rimane ai limiti del quadro e su cui la Rowling non emette alcun giudizio, se non quello che di solito si associa ai serial killer.
La presa di posizione del pubblico che ha scelto consapevolmente di non leggere il romanzo perché si aspettavano il villain principale come bersaglio della transfobia dell’autrice appare quindi un tantino forzata.
Tuttavia, sebbene non ci siano enunciazioni o giudizi, è indubbio che la scelta della Rowling di creare un serial killer che specificatamente viene descritto soprattuttoattraverso la sua tendenza a vestirsi da donna è un elemento che non può essere ignorato, perché torna in qualche modo a mettere la luce su pregiudizi preesistenti e che danneggiano la comunità transgender.
Esiste il rischio di creare un pericolosa associazione tra persone transgender e pericolosità: come se la disforia di genere fosse, di base, uno dei sintomi di un animo disturbato, sbagliato e, appunto, pericoloso. J.K. Rowling non insiste su questo punto, ma è indubbio che l’autrice si basi comunque su un pregiudizio errato.
Il lato umano delle indagini
Come è avvenuto anche nei precedenti volumi della saga dedicata a Cormoran Strike, il vero aspetto centrale del racconto non è tanto (o, comunque, non solo) il caso da risolvere, ma i rapporti umani che si instaurano tra i vari personaggi.
E naturalmente l’attenzione principale è dedicata ai due protagonisti. Sin dal primo romanzo hanno infatti dimostrato di avere una tale chimica da essere la vera forza motrice del romanzo.
Più che la risoluzione del caso – la classica detection del thriller – a interessare veramente è l’evoluzione dei legami che intercorrono tra Strike e Robin. Si tratta di due personaggi straordinariamente caratterizzati, con le loro zone d’ombra, i loro difetti e i loro punti deboli che, in questo romanzo, appaiono più evidente che mai.
Classico esempio di quello che viene definito lo slow burn (l’innamoramento lento), Strike e Robin in Sangue Inquieto diventano personaggi ancora più consapevoli dell’importanza della scelta delle parole adatte, o del bisogno di sentirsi riconoscere un merito molto spesso dato per scontato.
Entrambi combattono coi fantasmi del loro passato e, in questo romanzo, sulle loro spalle comincia a gravare anche una sorta di minaccia per il futuro, quella consapevolezza che non sempre il cambiamento porta a risultati rosei.
In Sangue Inquieto J.K. Rowling aka Robert Galbraith si concentra ancora di più sui suoi protagonisti. Li inonda del suo affetto creativo e li rende così affascinanti tanto da rendere meno interessante il caso principale.
L’attenzione del lettore è tutta posizionata sui dialoghi e gli scambi umani dei personaggi, facendo scivolare in secondo piano il cold case che invece dovrebbe tenere avvinta la curiosità di chi legge.
A vincere è dunque il lato umano, che sovrasta la trama legata all’indagine, che risente forse di una lunghezza un po’ eccessiva (si superano le mille pagine) e non sempre ritmata alla perfezione.
Piccoli difetti che – qualora non vi aspettiate il grande romanzo noir del ventunesimo secolo – non minano affatto l’esperienza di lettura, permettendo comunque a Sangue Inquieto di essere una lettura godibile, sorretta come sempre da uno stile di scrittura sontuoso.