Uno dei più grandi successi di Akira Kurosawa, Ikiru ci mostra la straordinaria sensibilità del regista intento ad affermare la vita attraverso un’esplorazione della morte.
Takashi Shimura interpreta magnificamente Kanji Watanabe, un burocrate che dopo aver scoperto di avere un cancro, si dedica alla bonifica di una zona malarica accettando una richiesta ignorata da altri. Il regista mette in scena il bilancio esistenziale di un uomo che, con l’avvicinarsi della morte, scopre di non aver vissuto.
Presentato in una struttura a due elementi radicalmente concepito e girato con una sensibilità e un’occhio umano fuori da lcomune, Ikiru è un opera intensa, delicata e struggente. Un’immensa e profonda parabola sul senso e il significato della vita umana in rapporto alla morte, dove squarci di lirismo e parentesi realistiche si mescolano ad una struttura narrativa poetica, immersa in un affascinante fotografia in B/N.
I Sette Samurai (1954)
I Sette Samurai è una delle colonne portanti per chiunque ami il cinema. Un film allegorico nella sua essenza, che racconta di un’epoca ormai persa nel tempo e caratterizzata dalla violenza e dalla supremazia del più forte.
Akira Kurosawa innesta la tradizione dell’epica giapponese in quello che diventerà il capostipite di infiniti film western e d’avventura. L’ottima fotografia, la curatissima regia in grado di valorizzare le scene d’azione, la storia e la rivoluzione cinematografica in essa, fanno di quest’opera un vero e proprio capolavoro imperdibile per tutti gli appassionati del genere.
I Sette Samurai prende ed estrapola le figure del folklore giapponese, adattandole in un racconto epico, in grado di conferire vitalità e forza a tutto ciò che si muove al suo interno, attraverso una narrazione epica con forti sottolineature dei sentimenti umani.
Un’opera che tende in maniera indiretta ad iconizzare i personaggi che utilizza, senza però mai definirli in maniera netta e banale, ma delineandoli tra dramma, arti marziali e avventura. I Sette Samurai di Akira Kurosawa è un’odissea in un mondo medievale, una realtà ormai lontana da quella che oggi conosciamo e che viene resa come concetto attraverso una fotografia volutamente in bianco e nero visivamente impressionante, che conferisce maggior distacco tra lo spettatore e l’epoca a cui assiste.
Il trono di sangue (1957)
Akira Kurosawa ambienta il Macbeth nel Giappone del XVI secolo, unendo il senso classico della tragedia allo stile del teatro Nô per realizzare una delle migliori trasposizioni cinematografiche della tragedia di Shakespeare, intrisa nella cultura e nell’estetica Giapponese.
L’attore feticcio ToshiròMifune rende perfettamente il conflitto interiore del signore della guerra Washizu, spinto all’omicidio dalla perfida Asaji, una Lady MacBeth fredda, letale, con il volto impassibile di Isuzu Yamada, divorata dai suoi demoni. Il tutto avvolto in una nebbia insidiosa e carica di inquietanti presagi e fatalità, che prendono forma attraverso il bosco, il castello e le lande desolate in cui i guerrieri trascinano i loro complotti, in un continuo alternarsi di realtà e fantasia.
Uno sguardo penenetrante sul dolore, sull’ineluttabilità del Fato, sul tradimento e sul rapporto fra l’Uomo e la Natura.
La fortezza nascosta (1958)
Un’avventura straordinaria come solo il grande Akira Kurosawa potrebbe concepirne una, La fortezza nascosta vede ancora protagonista l’inimitabile Toshiro Mifune nei panni di un generale che assolda due poveri e avidi contadini, per far passare di nascosto nel territorio nemico una principessa e un tesoro.
Uno dei film più travolgenti di Akira Kurosawa, il quale ha avuto un’influenza primaria sulla saga di Star Wars diGeorge Lucas.
Dall’insuperata potenza visiva, ricchezza tematica, in continuo equilibrio fra dramma e comicità, ricostruzione d’epoca e azione mozzafiato, La fortezza nascosta è uno dei vertici della filmografia di Akira Kurosawa, che dirige una storia semplice ma incredibilmente efficace.