Con questo folgorante esordio alla regia, Nino Manfredi riceve anche il più importante riconoscimento a livello internazionale della sua carriera. L’attore infatti si porta a casa nel 1971 sia il David di Donatello che il riconoscimento al Festival del Cinema di Cannes per la miglior opera prima dietro la macchina da presa.
Nel film, di cui egli stesso è protagonista, viene raccontata la storia di un uomo costantemente in bilico tra fede ed ateismo. Secondo quanto riportato dallo stesso Manfredi, questo film ha dei forti tratti autobiografici. L’attore fu infatti affetto da una forte tubercolosi da bambino cosa che lo portò a chiedersi se Dio effettivamente esistesse.
La storia ripercorre la vita di Benedetto, bambino eccessivamente vivace in un piccolo paesino dell’Italia rurale degli anni ’50 che, miracolosamente, sopravvive ad una terrificante caduta, risultando illeso. Per tutti è un autentico miracolo divino, cosa che porta il nostro protagonista a chiudersi in un convento di frati e vivere lì per 15 anni senza però conoscere davvero la vita al di fuori di quella mura.
Tutto il talento artistico di Nino Manfredi viene prepotentemente a galla, dimostrandosi in grado di parlare di argomenti delicati e difficili per l’epoca con dolcezza e acume.
La scelta del racconto tramite flashback ci conduce passo passo a conoscere quell’uomo che a inizio film vediamo in fin di vita e col quale non possiamo che immedesimarci. L’impronta cattolica e la formazione profondamente religiosa marchiano a fuoco la vita di Benedetto, cosa che non può che farci porre i quesiti che, evidentemente, lo stesso Manfredi si è posto per tutta la vita.
Un gioiello del nostro cinema che tutti dovremmo riscoprire. Vedere per credere.
Pane e Cioccolata di Franco Brusati, 1974
Passano solo 3 anni e Nino Manfredi torna a trionfare al David come Miglior Attore Protagonista, questa volta con Pane e Cioccolata, perla del nostro cinema dello scorso secolo e che racconta i molti volti dell’emigrazione italiana in Svizzera.
Giovanni detto Nino, il nostro protagonista, vive da 3 anni oramai in terra elvetica dove lavora come cameriere in attesa di avere una stabilità economica che gli permetta di far arrivare anche la sua famiglia dall’Italia. Tuttavia, per un futile screzio giuridico, perde il lavoro, cosa che lo porta a peregrinare per la Svizzera, avendo la tentazione diverse volte di tornare con la coda fra le gambe a casa.
Nino si trova inizialmente invischiato con un ricco uomo d’affari italiano che lo truffa prima di togliersi la vita; successivamente con un gruppo di minatori che rallegra cantando stornelli, in una delle sequenze più belle e significative del film. Dopo tenta la fortuna andando a lavorare in campagna da un gruppo di clandestini che vivono come animali dentro un pollaio, per poi tentare, schiarendosi i capelli, di entrare a far parte della società elvetica, finendo ovviamente cacciato di nuovo.
Pane e Cioccolata racconta in maniera dolce ma comunque spietata e senza fronzoli la vita complessa di un emigrante italiano che, sebbene abbia voglia di lavorare e faccia le sua mansioni con serietà e onesta, non trova il suo posto. Manfredi con la sua performance ci mostra perfettamente la trasformazione del suo Nino, il processo che lo porta dalla speranza iniziale alla disperazione finale, passando per una serie di momenti che, anche se a volte divertenti, mascherano sempre il velo di tristezza che accompagna un uomo che sente di aver fallito.
Quest’opera ci mostra un Manfredi in pieno possesso delle sue enormi capacità recitative con le quali regala uno spaccato dimenticato di una società che in pochi conoscono.