10 band alla scoperta del progressive metal

I più significativi nomi di un genere per molti ancora tutto da esplorare

Progressive Metal
Credits: japanin poika / YouTube
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Introduzione: il progressive metal negli anni

Anche se spesso lontano dai riflettori delle grandi industrie discografiche il metal, negli ultimi vent’anni, è rimasto uno dei generi più amati e, soprattutto, più floridi del panorama discografico. Una fioritura giunta in particolare grazie alle numerose “nicchie” che affollano il palcoscenico mondiale. Tra di esse senza ombra di dubbi quella progressive metal riveste un ruolo fondamentale.

Genere la cui data di nascita ci riporta agli albori degli anni ’90, mentre nel primo ventennio del 2000 il progressive metal ha vissuto uno slancio tale da renderlo vera e propria fucina del “mondo metallico”. Un mondo musicale che, per definizione privo di paletti, ha visto nascere in sé i più disparati stili e generi, regalando musica dalle infinite tinte e sfumature.

Un genere che vede nella varietà la sua sola regola fondamentale. Che sia la brutale durezza di una chitarra a otto corde, l’innovazione di un’elettronica ben calibrata, la fusione con le scuole del Jazz o il percorrere “rischioso” di derive più avanguardistiche, il progressive metal ospita nel suo grembo tutto ciò che la fantasia di un’artista ha la capacità di produrre. Come si suol dire, tutto ciò che è pensabile è anche realizzabile. Una frase che, in poche parole, riassume la più pura definizione di “progressive”.

Andiamo allora a scoprire alcune delle band più emblematiche del genere. Una “compilation” di “vecchi mastodonti” e “nuovo che avanza” in grado di scalfire solo la superficie portando a galla alcuni dei colori più vividi di cui la musica prog si è tinta negli ultimi anni.

1. Dream Theater

Che possano piacere o meno quando si pensa al progressive è impossibile non pensare ai loro padri spirituali: i Dream Theater. Band in grado di lasciare il segno nella morfologia dell’intero panorama metal contemporaneo, Petrucci and co. sono sicuramente l’irrinunciabile “how to basic” dell’universo progressivo.

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Con Images and Words (1992) abbiamo il birthing pod di un genere che nell’armonica fusione delle antitesi vede la sua genesi. Da li in poi per il quintetto americano sarà una sequela di lavori di fattura rimarchevole anche se non privi di scivoloni (vedasi il post-Mangini).

Insomma, chiunque voglia approcciarsi al genere non può fare a meno di rivolgere il suo sguardo a coloro che hanno posto le colonne fondamentali che, tutt’oggi, ne influenzano l’aspetto. Che piacciano o meno i padri del progressive metal sono e saranno sempre i Dream Theater.

2. TOOL

Altro complesso americano che ha visto la sua nascita negli early nineties, con gli “arnesi” ci ritroviamo di fronte ad un gruppo mastodontico e dallo stile così singolare da riuscire a fare genere a sé continuando, comunque, a influenzare le generazioni a seguire.

Il basso di Justin Chancellor e le ritmiche tribaleggianti di Danny Carey rientrano direttamente tra i notabili marker temporali storici assieme a robe come la scoperta dell’America o la caduta del muro di Berlino. La voce di Maynard James Keenan è tra le più emblematiche del metal come, del resto, anche le “grezze” chitarre del servizievole Adam Jones.

Con i Tool si entra in un mondo di psichedelie metalliche e viaggi onirici dal sapore sanguineo. Lateralus (2001) è il blocco granitico di una discografia scarna ma di pregevolissima fattura (salvo il debolissimo tredici anni atteso Fear Inoculum). L’orma in calce di un gruppo che ha reso la sua spiccatissima personalità musicale uno dei soggetti di culto più seguiti solo dopo, probabilmente, la fede cristiana e l’islam.

3. Haken

Con un salto in lungo degno del Mike Powell delle Olimpiadi di Tokio 1991 ci stacchiamo dagli anni novanta fiondandoci direttamente nella seconda decade del 2000. Con i Dream Theater agli albori di un fisiologico calo il mondo progressive inizia ad evolvere, osare e scommettere di più.

In un momento storico in cui ancora molto vi era da scoprire e la tavolozza musicale offriva migliaia di misture di colore inutilizzate nascono dei nuovi Picasso e portano il nome degli Haken. Una band che, parlando di tavolozze, di sicuro non ha mai lesinato in quanto a colori e sfumature.

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Diretti successori del teatro dei sogni, gli Haken sono stati in grado di dare al progressive una nuova marcia osservandolo da nuovi punti di vista senza, però, perdere d’occhio i grandi del passato. Ne nasce così un gruppo dalla discografia complessa e variegata che, di album in album, si è sempre rinnovato.

Spaziando da sonorità circensi, fantasy e goliardiche a raffinatissime commistioni tra il metal più avanguardistico, il jazz e l’elettronica, se pensiamo al progressive nel 2000 il visionario Zang Tumb Tumb degli Haken non può non essere considerato tra gli emblemi più scintillanti del genere.

4. Between The Buried and Me

Ogni capitolo storico che si rispetti ha bisogno di un “mad scientist” ed i Between the Buried and Me ne sono la perfetta trasposizione musicale. Persi tra ampolle di tempi composti e beute di intricati tecnicismi chitarristici, il gruppo americano in attività dal 2002 ha reso la sua logorroica discografia un laboratorio di complessità.

Laddove, la loro musica si trasforma in incomprensibili operazioni matematiche disposte secondo un chiaro senso logico (il loro, ovviamente) su di una incasinatissima lavagna. Probabilmente è più facile studiare per un esame di analisi 1 che provare a mettere mano su una delle loro canzoni.


Così nella loro folle e spregiudicata equazione rientrano le basi del math, del death metal e del core dando vita ad un prodotto progressive avanguardistico unico nel suo genere. Musica estrema per menti estreme, una soluzione esplosiva che, entrata in circolo, non potrà non cambiare il vostro modo di “ascoltare” le cose. Se la teoria della relatività fosse musica, probabilmente si tramuterebbe nei Between the Buried and Me.