«Vi insegnerò una parte di storia americana che finora è stata tenuta nascosta»
Così nel 1992 Spike Lee presenta finalmente l’anteprima internazionale di Malcolm X al Festival del Cinema di Berlino. E in quel celebre discorso introduttivo, invita tutti gli afro-americani a scioperare, disertare la scuola, fermarsi a ricordare le parole del leader dell’“orgoglio nero”.
Malcolm X è il film che Spike Lee cercava di fare dal 1987, in pratica dall’inizio della sua carriera. Ispirato dalla sua Autobiografia, scritta con Alex Haxley, sarà un lungo, articolato affresco in grado di ripercorrere la presa di coscienza, il messaggio, la vita e l’assassinio di Malcolm X.
Quanto alla regia di Spike Lee, non tutta la critica apprezza la complessa struttura del film. Il regista ha infatti immaginato un’opera in tre parti. La prima ispirata a un musical, la seconda profondamente oscura, dedicata alla rinascita spirituale, l’ultima come una vera e propria esplosione di colori.
Malcolm X verrà co-finanziato direttamente da molti celebri “amici”:  Michael Jordan, Tracy Chapman, Michael Jackson e Janet Jackson. In compenso, anche molti attivisti della comunità nera criticheranno il film, accusando il regista di aver preso una deriva troppo commerciale.
Ma il suo scopo era che evidentemente che quel volto, quelle parole tornassero sulle prime pagine, che superassero i confini degli Stati Uniti e arrivassero al mondo. E, da questo punto di vista, pochi film come Malcolm X centrano il proprio obiettivo.
He got Game, 1998
Denzel Washington e Spike Lee metteranno a segno un altro colpo micidiale con un film ben più intimo, sofferto, privato: He got game. L’attore di Philadelphia interpreta questa volta un giocatore di Basket fallito.
O meglio, un uomo che ha fallito sotto ogni punto di vista. Dopo l’omicidio preterintenzionale di sua moglie è stato condannato a una vita in carcere. Un uomo a cui resta una sola consolazione: aver trasmesso a suo figlio la sua stessa devozione alla Pallacanestro.
Il film immagina quindi che questo ragazzo, Jesus, diventi la più incredibile promessa del Basket. Che venga conteso tra i più grandi College americani, circondato da procuratori, allenatori, fan, sciacalli che cercano di ottenere la sua firma, mentre intravedono il suo brillante futuro, e pretendono una fetta della torta.
E che a questo punto proprio suo padre, interpretato da Denzel Washington, venga incaricato dallo stesso direttore del carcere di riavvicinarlo, convincerlo a firmare una lettera d’intenti, che lo impegni a rinunciare ad offerte economicamente più allettanti, per scegliere la Big State di New York.
Il cuore pulsante del film sarà costruito insieme dal loser, il personaggio Denzel Washington, ed una vera star dell’NBA, Ray Allen. Jesus Shuttlesworth è infatti interpretato da un ragazzo considerato realmente tra i 3 migliori cestisti di sempre.
Il risultato è uno dei migliori film di Spike Lee, che non a caso è a sua volta un grandissimo conoscitore dell’NBA. Un film che mette a nudo l’avidità e le derive dell’industria, mentre esalta il gioco, il senso di liberazione e riscatto che, per la comunità afro-americana, è indissolubilmente legato al Basket.
Un film corale, capace di porre al centro due figure antitetiche. Il messaggio è chiaro e preciso. E anche Denzel Washington regala una delle migliori prove della sua carriera, restituendo tutto il senso di smarrimento, la desolazione di un “nigger che ha sprecato la sua vita”.
P.S. He got game è attualmente disponibile nel catalogo Disney Plus, insieme a svariati altri film di Spike Lee.