Ecco quali sono i significati dei cinque quadri presentati da Achille Lauro a Sanremo 2021
Achille Lauro. In molti saranno stufi di udire questo nome. Altri, specie quelli che hanno seguito Sanremo 2021, invece non vedono l’ora di sentire e vedere ancora le sue opere sempre più complesse e concettuali. Lauro De Marinis ha conquistato Sanremo in tre edizioni consecutive e ne è diventato paradossalmente quasi il simbolo.
Immaginate di tornare indietro nel tempo, ai tempi di Rolls Royce, nel 2019. Immaginate di dire ai voi stessi del passato: “Tra due anni Achille Lauro sarà un artista rispettato a livello nazionale”. Ci avreste creduto? No, vero? Eppure, è proprio quello che è successo. Può piacere o non piacere, ma il suo impegno artistico ormai non si può più mettere in discussione.
Quest’anno, come è noto anche a chi vive nelle caverne, Achille nazionale ha presentato a Sanremo cinque quadri (uno per serata), finemente strutturati, per indagare le varie sfaccettature dell’individuo moderno. Una complessa riflessione ontologica ed esistenziale, che è passata attraverso suoni, immagini, colori, costumi, video e danza.
Tra citazioni, omaggi e trasgressioni, Achille Lauro e i suoi ospiti, differenti di volta in volta, hanno letteralmente “dipinto” scene a Sanremo mai viste, accompagnate da riflessioni social espresse da lui stesso. Il culmine è stato, ancora una volta, la “morte” sul palco dell’artista e la rinascita con l’annuncio del suo nuovo album, LAURO. Esploriamo tutto quanto.
Lauro interpreta una sorta di angelo. In quanto tale come dice lui stesso, è: “Sessualmente tutto. Genericamente niente”. Non pansessualità , ma superamento del concetto stesso di sesso. E fragilità , che infatti emerge da ogni nota del suo ultimo singolo, cantato per l’occasione. Ciliegina sulla torta: la blasfemia del riferimento religioso, con le lacrime di sangue tanto discusse.
Secondo Quadro [Rock and Roll] – Bam Bam Twist
Proseguiamo con il secondo quadro, nel quale l’artista fragile del glam lascia posto alla prorompenza del rock and roll, inteso nel suo senso più universale. Qui la sessualità è concretamente presente, volutamente ambigua e potentemente anti-perbenista. Siamo negli anni ’50 o giù di lì, l’epoca in cui il genere, nella sua forma più primitiva, era davvero rivoluzione.
Achille interpreta e omaggia Mina, mentre sulle note di Bam Bam Twist due ospiti d’eccezione, Claudio Santamaria e Francesca Barra, ballano come John Travolta e Uma Thurman in Pulp Fiction. Qui la musica è pura corporeità , rappresentata dal ballo, laddove nel glam era invece puro “spirito” angelico. Due aspetti contrapposti ma complementari.
Terzo Quadro [Pop] – Penelope
Il terzo quadro, quello di mezzo, è Penelope. Come la perduta moglie di Ulisse, che aspetta con pazienza il suo amato perduto in mare. Penelope è il pop, la musica più bistrattata e odiata, a causa della propria natura superficiale e leggera. Eppure, dice Lauro, il genere è “Condannato ad una lettura disattenta”. C’è molto di più, sotto la superficie.
Quarto Quadro [Punk Rock] – Me Ne Frego / Rolls Royce
Il quarto quadro è una pura esplosione di energia, trasgressione non tanto sessuale quanto comportamentale. Insofferenza per le regole della società e bisogno spasmodico di anti-conformismo, a cominciare dal bacio gay con Boss Doms. Questo è il quadro più vivido, dall’inno italiano suonato su chitarra elettrica con una citazione di Delacroix, a Fiorello in versione black metal.
Achille unisce la sua famosa Me Ne Frego, inno di un amore colpevolmente autolesionista, a Rolls Royce, celebrazione di tutti i miti del rock e di tutto ciò che di estremo e “diverso” si ritrova nella musica. “Sono l’estetica del rifiuto. Il rifiuto dell’appartenenza ad ogni ideologia”, dice Lauro, invocando indirettamente il dogma nichilista “No Future” dei Sex Pistols.
Quinto Quadro – C’est La Vie
Il quinto e ultimo quadro non rappresenta un genere, ma la fine di tutti i generi. Dopo aver sanguinato, con la sua simbolica morte Lauro riporta l’individuo alla propria essenza più pura, prescindendo dalle quattro sfaccettature sopra descritte. “Tutti con la stessa carne debole. La stessa rosa che ci trafigge il petto”. Nessuno di noi si salva.
Da quattro tentativi di definizione ne risulta uno che annulla ogni preconcetto, ogni opinione, sotto la grande limitazione naturale che ci unisce: possiamo fare rock, fare sesso, trasgredire, piangere; ma alla fine siamo “solo” esseri umani. Lauro, colpito a morte dalle parole al vetriolo contro di lui, si sacrifica per ispirare un nuovo sprazzo di umanità in chi lo guarda.