Capite dov’è il problema? Questo tipo di trasformazioni, o spasmi artistici esagitati, servono a fare il punto della cultura italiana in un contesto nel quale tutti possano comprendere. La parte conservatrice, che nel 2021 ancora non vuole vedere un bacio gay. E la parte radicale, che ancora aspetta la rivoluzione comunista dal 1978.
Sanremo in questo senso è un grande livellatore, tanto più che quest’anno tutti i partecipanti si sono sentiti investiti dell’importanza insita nel prendere parte ad un evento che, per la prima volta in settantuno anni, si sarebbe potuto non tenere. E allora perché in tanti continuano ad attaccare la kermesse? Perché il rock ancora e sempre non va bene, o il rap, o Lo Stato Sociale?
Nella maggior parte dei casi, è perché da sempre Sanremo è il perfetto contenuto di cui lamentarsi: canzoni lente, commerciali, melense. E anche se si è rinnovato, di qualcosa bisogna pure sparlare, no?. Ma non siamo più nel 1954 e neanche nel 2000 o nel 2010. Le cose sono cambiate perché è cambiato il mondo. E il Festival di conseguenza.
E certo, ci sono volute le tenure di Baglioni prima e di Amadeus poi per dare un bello “scossone” ad un evento fin troppo invecchiato e impolverato. Chiaro quindi che, per togliere via tutte le ragnatele, bisognava scuotere in maniera notevole. Ecco, questo è quello che è successo.
Lo stesso sta accadendo anche nella cultura italiana, così come per certi versi in quella mondiale. Se ci sembra che si insista su un particolare tema è perché in passato c’è stata una forte spinta in direzione contraria e forse c’è anche adesso. Il bacio tra Achille Lauro e Boss Doms, per esempio, ha tutta la ragione di esistere almeno finché schiere di utenti se ne lamentano sui social.
Ma non è solo questo. Amadeus, in particolare, quest’anno è stato in grado di realizzare un acquerello variegato che per una volta riunisse davvero ogni angolo della scena musicale nostrana. Dagli artisti storici come Max Gazzé ai talenti indipendenti come Madame, dal rap alternativo di Willie Peyote all’esperienza talent di Gaia. Lo vedete che c’è proprio tutto?
E non è finita, perché nella serata delle cover ci si è spinti ancora più in là. I Måneskin e Manuel Agnelli hanno interpretato i CCCP – Fedeli alla Linea. Rileggete la frase precedente. Ancora. Lo hanno fatto su Rai Uno, in mezzo a cover di Lucio Dalla, Jovanotti, Luigi Tenco e Neffa; 883, Franco Battiato, Adriano Celentano e Sergio Endrigo.
Il tutto filtrato attraverso il mondo dei social e dei meme, al quale con Amadeus (e Fiorello) Sanremo è ora molto più attento che in passato. I meme aiutano ad approfondire i contenuti del Festival, ad apprezzarli e anche ad amarli. Ecco perché con Sanremo c’è oggi molto più hype di quanto ce ne potesse essere prima del 2016 o del 2017.
Detto questo, non c’è nulla di complicato da capire in quello che sta succedendo. La storia va avanti e alcune battaglie sono già perdute, altre già vinte. Semplicemente, Sanremo si è rimodernato e lo ha fatto bene, grazie a scelte impopolari ma alla lunga lungimiranti. Chi non lo può e non lo vuole vedere, vive già in un mondo che non esiste più.