Da Achille Lauro ai Måneskin: ecco come è cambiato il Festival di Sanremo

Cosa sta succedendo con il Festival di Sanremo? In tanti se lo chiedono

Sanremo
Credits: Rai
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La silenziosa ma inesorabile mutazione di un Sanremo che deve stare al passo coi tempi

Non riusciamo a immaginarci le reazioni di uno spettatore medio del Festival di Sanremo “com’era una volta” di fronte a ciò che è successo quest’anno. E forse neanche servirebbe, perché nei giorni della kermesse le persone appartenenti alla categoria in questione ci hanno tenuto a far sapere che loro “non seguivano”.

Prima notizia: Sanremo si segue anche solo quando se ne parla, pure male che sia. Si tratta di un evento culturale troppo grande, che riunisce in sé, piaccia o meno, tensioni culturali ed artistiche di ogni tipo. Il Festival è uno specchio, distorto ma anche molto lucido, dei mutamenti della società italiana.

Ed è questo il motivo per cui, seconda notizia, quello che vi accade è importante. Se per esempio un genere musicale “sfonda” definitivamente il mainstream in Italia, a Sanremo lo si sente. Basta che riascoltiate l’808 nella canzone di Orietta Berti (!) per rendervene conto. E se non sapete cos’è l’808, forse il problema siete voi e non il Festival.

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Madame – Voce

Il fatto è che per chi è attento alla musica e a ciò che succede, ai nuovi artisti e alle nuove tendenze, a Sanremo non c’è stato veramente nulla di nuovo, quest’anno come l’anno scorso e quello prima. Questo è ciò che metà dei detrattori della kermesse dicono: già visto. L’altra metà, invece, è quella alla quale sembra di trovarsi in un mondo alieno.

Eppure, Sanremo è un passaggio obbligato perché certe cose nel nostro paese vengano accettate; e non parliamo solo di musica. Pensiamo a come, nel 1978, Anna Oxa suscitò un enorme scalpore con il suo stile “punk”, laddove il genere in Regno Unito era già andato e venuto. Da noi si arriva sempre dopo e Sanremo è la porta da cui passare.

Questo è valso, nel 2020 ma ancora più quest’anno, per le istanze LGBTQ+, per i diritti delle donne, ma anche per le tematiche legate alla pandemia, alla chiusura degli esercizi e alle difficoltà del mondo dello spettacolo. Tutte tensioni di questi anni che, per forza di cose, trovano espressione in musiche sempre spesso altrettanto “nuove”.

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Måneskin – Zitti e Buoni

Laddove nuove, d’accordo, in molti casi significa “vecchie”, ma di un vecchio riletto dalle nuove generazioni. Così Achille Lauro, vera nave rompighiaccio (riferimento voluto) in questo contesto, rivede ormai da anni la storia della nostra musica e di quella internazionale sfruttandone il vasto immaginario per i suoi complessi panorami artistici.

A Sanremo ’21 Lauro è andato da Mina a Delacroix e dall’arte greca classica (un po’ vapor, a dire il vero) a Pulp Fiction. Se c’è una parola che bisogna usare quando c’è lui sul palco, è cultura. E il suo stesso stile provocatorio è esasperato solo ai fini dell’impatto: altrimenti, il messaggio non passerebbe.

Lo stesso, anche se in una maniera meno intricata, vale per il rock dei Måneskin: chi conosce questo genere sa di non aver sentito nulla di originale nella loro canzone, Zitti e Buoni. Eppure, in tantissimi in queste ore si dicono sdegnati della loro vittoria, scettici sulla loro autenticità, incapaci di apprezzare la semplice energia di un buon brano rock.

Colapesce e Dimartino – Musica Leggera

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