John Dolmayan ritiene che le sue posizioni vicine alla destra repubblicana gli abbiano portato gravi svantaggi
John Dolmayan ritiene di essere vittima di una censura paragonabile al Maccartismo di inizio anni ’50. Il batterista dei System of a Down sostiene infatti che le sue convinzioni in linea con la destra conservatrice americana (e con Donald Trump), espresse in più occasioni nel corso del 2020, lo abbiano portato all’interno di una sorta di “lista nera”.
Ne parla nel podcast Cancelled with Rob Rosen and Desma Simon, che si focalizza su persone “censurate”, appunto, consentendo idealmente loro di raccontare la propria versione della storia. Ma aspettate di sentire il resto. Lo sfogo di Dolmayan riguarda qualcosa di specifico e cioè la sua serie a fumetti Ascensia.
Secondo il batterista, il fumetto: “Sarebbe potuto diventare facilmente uno show televisivo o un film e avevo un’agenzia che lavorava con me su questo. E quell’agenzia ha dovuto fare un passo indietro“. Detto così, sembra quasi che qualcuno sia ricorso a delle minacce per impedire l’adattamento del fumetto in questione.
Ma sarà davvero così? Non può essere che l’agenzia di cui si parla, per esempio, si sia ritirata perché non più interessata? No, Dolmayan sembra convinto che si tratti di un azione ai suoi danni perpetrata unicamente per punire le sue convinzioni politiche. Come negli anni ’50, dice.
E, quasi incalzato, nel resto dell’intervista nel podcast non si risparmia: “Non credo nel comunismo. Non credo nel socialismo. Credo nei programmi sociali. Ma non condannerei qualcuno, non metterei nessuno in prigione per le sue idee”. Non pago, il batterista ne ha anche per il movimento Black Lives Matter, che definisce “strumento di raccolta fondi per l’agenda comunista”.
“Non mi piace l’organizzazione Black Lives Matter” afferma “Molti dei fondatori sono comunisti dichiarati. Penso che non gliene freghi niente delle vite di colore. Penso siano uno strumento democratico di raccolta fondi per un’agenda comunista. E se davvero gli importasse delle vite nere, penserebbero alla violenza nera nelle nostre città”.