I am Greta è il documentario sulla giovane attivista svedese Greta Thunberg, diretto da Nathan Grossman. Prodotto da Hulu, è stato presentato in anteprima fuori concorso alla 77esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Dal 3 gennaio è disponibile su Prime Video.
I am Greta: recensione
Greta Thunberg è ormai un simbolo, un personaggio della cultura di massa, un fenomeno di costume. Orde di sostenitori la spalleggiano in tutto il mondo, mentre più di un detrattore sminuisce il suo operato, limitandosi spesso a ridicoli epiteti e offese di cattivo gusto. Al netto dell’opinione pubblica, è sicuramente una delle personalità più note ed influenti che oggi decida di sfidare e provocare i potenti di fronte all’incombente morte del pianeta.
Il documentario I am Greta è innanzitutto, quindi, un documentario biografico. Ed è forse inedito, ed emblematico della potenza e della risonanza della sua campagna, che una grande produzione rivolga la sua attenzione alle gesta di una ragazzina. Dietro I am Greta c’è Hulu, che allineandosi alle ultime tendenze sta intensificando la sua presenza in festival e rassegne.
Se nella traversata dell’Oceano Pacifico su una barca a vela eco-sostenibile e il discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ritroviamo l’energia del personaggio pubblico, nella quotidianità della giovane scopriamo tutte le difficoltà di questo percorso.
Il regista la segue da vicino, dagli inizi alla consacrazione a paladina del clima, avendo intuito sin dalle prime skolstrejk for klimatet nel 2018 come il fenomeno sarebbe esploso di lì a poco, ma seguendo anche le fragilità e le debolezze di una ragazza che non ha mai nascosto di avere la sindrome di Asperger.
D’altronde, la storia di Greta Thunberg è una storia in formazione. Un racconto vivo di una crociata che è solo agli inizi, che non è solo pubblica, ma anche personale. Greta cerca di trasformare l’Asperger in un punto di forza, misurandosi con i suoi critici che spesso fanno leva sul suo disturbo per screditarla. La sua voce fuori campo è quindi un commentario indispensabile in un’opera che a suo modo racconta anche questo aspetto della sua vita.
È necessario poi aprire una debita parentesi. I am Greta attraversa un ampio spettro di aspect ratio, adeguando di volta in volta il formato ad una diversa immagine di repertorio o ripresa. In questa malleabilità trova spazio anche materiale inusuale come storie da Instagram, o registrazioni di videochiamate.
Viene affermata così non solo la loro validità quali testimonianze, ma la loro dignità linguistica. Nell’innesto di una storia Instagram, nel suo tipico formato verticale, non potremo non riconoscere l’avverarsi di una sorta di profezia, che da Unsane di Steven Sodebergh, girato con il solo iPhone, si era ormai già compiuta con The Stunt Double di Damien Chazelle.
Il lavoro di Nathan Grossman è quindi un’opera di assoluto pregio, nata dalla fortuna di aver percepito prima di tutti l’urgenza comunicativa della giovane Greta. Questo gli ha permesso di avere ore e ore di girato da poter utilizzare, e di fornire quindi alla Storia la prima grande testimonianza di una storia straordinaria.