Harem è il primo EP completamente strumentale di Met Fish: un vero trionfo di eclettismo
Met Fish trova la sua perfetta dimensione sonora nelle cinque tracce che compongono l’EP intitolato Harem, un disco fatto per esplorare e per non lasciare nulla di intentato. Dalla premessa iniziale di creare dei beat perfetti per l’hip-hop contemporaneo (quello più “serio”) si arriva alla creazione di un microcosmo musicale fitto di idee.
Ognuna delle cinque canzoni segue un’immagine di base che viene sviluppata con coerenza, competenza tecnica e compositiva e una capacità di visione che va ben oltre la misura della scena rap e di ciò che essa richiede per essere à la page. Risulta subito chiaro che il musicista conosce ben più di beat e campionamenti.
Già la prima traccia, Jeff the Killer, è del tutto aliena all’ambiente rap nel quale l’artista si è fatto le ossa, ma non per questo meno vivida e palpitante. Una lunga composizione pianistica dai toni classicheggianti (e con una sensatissima citazione di Sweet Dreams degli Eurythmics) racconta la storia di Jeff the Killer, uno dei più celebri creepypasta.
Si procede coerentemente con Baphomet, una deità dell’occulto la cui immagine si potrebbe facilmente ritrovare in un film horror italiano degli anni ’70. E infatti, la canzone sfrutta la colonna sonora di un film di Mario Bava. Contiene la voce di un documentario sulla stessa figura sabbatica, ma si presta molto più anche a un ritmo hip-hop old school.
Tanto hip-hop, tanta musica mescolata, un insieme che funziona
La terza traccia, Brainstorm, propone un soul rallentato dal forte sapore vaporwave inizio anni ’10. Un’atmosfera rilassante ma anche riflessiva, che suggerisce memorie dei cLOUDDEAD e setta allo stesso tempo un mood perfettamente incisivo nella sua vaghezza. Un pezzo che potrebbe stare nelle cuffie della “Study Girl” di YouTube.
Nella quarta traccia si cambia completamente genere, con il rock degli Aerosmith che viene subito richiamato da un sample della loro classica Dream On (1973). Lo fece già Eminem nella sua canzone Sing for the Moment (2002) ma qui il discorso è molto diverso: una chitarra solista accompagna tutto l’incedere, con accenti metal chiari e voluti.
Per concludere c’è Melanconia, un pezzo che lo stesso Met Fish definisce “la puntata finale di una serie tv”. Uno strumentale dai toni urban e che si affida all’808. Una scena fumosa di abbandono e solitudine, che potrebbe facilmente fare da colonna sonora ad un noir moderno. Per Met Fish non c’è un finale definito, ma solo domande su come “la serie” continuerà.
In sostanza Harem è un EP che non si può non dire completamente competente, sotto tutti gli aspetti. Se da una parte può soddisfare ogni musicofilo nella sua ricerca e alternanza di toni e stili tanto differenti, dall’altra spiace quasi che questi beat non siano colorati da versi e liriche. In ogni caso, il prodotto finale è sicuramente molto valido e da ascoltare più volte. Potete scaricare gratuitamente tutte le tracce direttamente a questo link.