L’ennesimo progetto-Oscar naufragato del povero Matthew McCounaghey è anche, quasi sicuramente, il crime più sottovalutato della scorsa stagione. E’ ormai da Interstellar che l’attore non sembra più azzeccare un copione, bloccato tra una corsa all’Academy macchiata da scelte infami (La Foresta dei Sogni, Gold, Free State of Jones) e un’inedita ossessione indie. White Boy Rick sembra però il film meno adatto di tutti a rincorrere l’agognata consacrazione critico-commerciale (che infatti non è arrivata).
Dietro l’apparente racconto di ascesa-declino gangsteristico tipico del sottogenere, quello del francese Yann Demange è infatti un film d’impegno durissimo, feroce e lucido come pochi nell’inquadrare la dimensione esplicitamente politica dell’infernale war on drugs americana tanto celebrata da mille parenti cinematografici. Cinema civile nerissimo, iperrealista, anti-divistico e agghiacciante come pochi polizieschi mainstream USA hanno osato: assolutamente da recuperare.
In realtà , ma è una constatazione che arriva solo a visione ultimata, l’esordio di D’Agostini non è esattamente un film sul calcio (quasi sicuramente la disciplina più difficile da organizzare e riprendere – e che infatti appare pochissimo in scena). Sulla scia ovvia di Van Sant, Il Campione è piuttosto un classico racconto di formazione, centrato sull’archetipica dinamica genio ribelle-maestro saggio, in cui lo sport rappresenta, più che mezzo di affermazione, un’ostacolo alla maturazione personale del protagonista. Un film anti-sportivo, volendo: ma anche per questo interessantissimo.