Con Soul,Pete Docter ha confezionato l’ennesimo gioiello targato Disney-Pixar. Il film si inserisce non solo nel solco della produzione recente, andando a completare un’ipotetica trilogia formata da Inside Out e Coco, ma rappresenta il compimento della poetica che Docter infonde nelle sue opere sin da Monsters & Co.
I suoi film sono da sempre racconti di mondi possibili, separati da confini quanto mai sottili e invisibili. Le porte che separano Mostropoli dalle camere dei bambini, la frontiera tra l’inconscio di Riley e la sua realtà quotidiana. Così in Soul avviene lo scontro tra la vita e la morte, il mondo e l’ante-mondo, il corpo e l’anima.
Queste dicotomie vengono rappresentate con una varietà di linguaggi audiovisivi, ciascuno capace di caratterizzare i mondi di Soul, secondo l’idea di Docter per la quale animazione significa drammaturgia.
La New York jazz-centrica e al limite del fotorealismo si contrappone quindi agli acquerelli dei mondi sospesi al di là della vita, musicati dagli evanescenti sintetizzatori del grande duo Trent Reznor-Atticus Ross. E se dal punto di vista tecnico Pixar conferma ogni volta la sua capacità di settare nuovi standard, con Soul è andata oltre il suo target di definizione, stratificando i significati e destinando i film allo spettatore più bambino così come a quello più adulto.
Quell’indagine profonda sull’umano, portata avanti sin da Up, si compie in un’opera che è profondamente esistenzialista. La vocazione e la sua ricerca si stagliano quindi sull’eterna domanda del senso della vita. E dando la sua risposta, Soul si impone come il grande capolavoro della maturità di Disney-Pixar: non siamo sulla Terra per uno scopo, ma con uno scopo. Se volete approfondire, troverete qui la nostra recensione.
Thomas Wake è il guardiano stagionale di un faro sperduto nel nulla, su un’isola battuta da venti e tempeste, nella Nuova Scozia di fine Ottocento; Ephraim Winslow è il suo giovane aiutante, propostosi volontario per le quattro settimane del turno.
L’accanirsi del maltempo costringerà i due uomini ad una lunga permanenza in solitudine e ad una convivenza forzata, che porterà in superficie demoni interiori, timori ancestrali e nuove, tormentate pulsioni, in un crescendo di follia e claustrofobia.
The Lighthouse è il nuovo grande film di Robert Eggers (The Witch) prodotto dalla società indipendente A24, sempre più presente e proficua nel panorama cinematografico. Nel 2020, è coraggioso concepire un horror primordiale, autoriale, certamente ambizioso come The Lightouse, prendendo strade completamente opposte al cinema horror odierno a cui ci hanno abituati, tra jump-scare e storie viste e riviste.
Il regista Eggers, assieme al fratello Max, tenta di adattare per il grande schermo un racconto incompiuto di Edgar Allan Poe, Il faro (The Light-House), finendo per riscriverne la sceneggiatura e trasformandola in una storia originale, che si nutre di miti e leggende e nella quale si percepisce l’odore di morte, di eiaculazione e sudore.
Girato in formato 1,19:1, intriso nel bianco e nero, con dialoghi in un inglese masticato e arcaico. Inoltre, si contano due soli attori, tralasciando i gabbiani, Robert Pattinson e Willem Dafoe, i quali recitano prevalentemente in ambienti interni; quando escono dal faro, all’esterno, li aspetta solo la pioggia, il fango e i propri deliri.
Le suggestioni suscitate man mano dalla visione del film confluiscono attraverso una forma raffinata di ogni scelta tecnica adottata: dal formato in 4:3 alla meravigliosa fotografia bagnata in un b/n di stampo espressionistico, impiegati per richiamare il cinema memorativo e d’essai delle prime pellicole del ‘900, fino alla colonna sonora da brividi composta da Mark Korven.
The Lighthouse è un’opera imperdibile di quest’anno, un film che non poteva mancare nella nostra classifica dei Migliori Film del 2020: un must assoluto per tutti gli amanti del genere. Per approfondire troverete qui la nostra recensione.
A cura di Tommaso Parapini
1) Sto pensando di finirla qui di Charlie Kaufman
In assenza di Un altro giro (Druk) di Thomas Vinterberg e Lovers Rock di Steve McQueen (secondo film della serie antologica Small Axe, presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e presto su Amazon Prime Video), il palcoscenico che (parliamo naturalmente di release italiane) avrebbe comodamente ospitato una “triade” resta tutto per Charlie Kaufman.
Sto pensando di finirla qui (I’m thinking of ending things), adattamento del romanzo omonimo di Ian Reid, vi attende tutt’ora sulla piattaforma Netflix. E se volessimo aggiungere una nota a margine, sottolineeremmo che nessuna Mayor avrebbe forse investito su un film del genere.
Negli oltre 150 minuti che compongono quest’opera cinematografica troverete un collage dadaista, un nuovo folgorante pezzo di Teatro dell’Assurdo, le più svariate citazioni dalla serie A alla Z: Musical, Samuel Beckett, Eugene Ionesco, William Wordsworth, il senso stesso della vita.
Del tutto casualmente, i primi due film scritti e prodotti da Charlie Kauffman per Spike Jonze e Michel Gondry si intitolano Essere John Malkovich (1999) e Human Nature (2001). L’impossibile chiusura del cerchio porta nel 2020 un titolo vagamente suicidale. Eppure, ogni domanda troverà risposta e ogni domanda resterà aperta.
Questo magnifico pastiche, che resta un “Film parlato”, ordinato come uno Sceneggiato d’altri tempi, potrà essere percorso in ogni direzione. Prima ancora che il viaggio inizi sappiamo già che la strada è perduta, Lucy non ha intenzione di restare insieme a Jake.
Eppure Lucy cambierà una moltitudine di nomi, Jake e i suoi genitori muteranno età e forma, le domande gireranno insistentemente a vuoto. È davvero possibile conoscere qualcuno? Qual è il senso della condizione umana, se la vita non è altro che “una veloce corsa verso l’inferno”?
L’orrore del decadimento fisico, la malattia la morte, e pure la morte dell’amore, accadrà di fronte ai nostri occhi. Eppure resterà sempre ambivalente, tra la bugia e la menzogna. in bilico fra una realtà dolorosa e la meraviglia del Cinematografo, la più grande invenzione dell’ingegno umano.
Certo, se vi spaventa avventurarvi in una visione tanto multiforme, lo comprendiamo: c’è di che essere terrorizzati. Ma quest’Horror Thriller contiene almeno un’allusione a tutti i “generi cinematografici” più classici. E in fondo alla strada, sotto la neve, in mezzo alla tormenta, vi aspetta un film incredibile.
Un’opera che è un’esperienza destabilizzante, che guarda pur guardando indietro, ha rinunciato all’ineffabile Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Ma se il sole che risplende è andato, resta il cinema di Charlie Kaufmann. Lo scrittore e Ladro d’orchidee, che verosimilmente ora è anche uno dei più grandi registi del mondo. Un primo posto meritato nella nostra classifica dei Migliori Film del 2020. Per approfondire, troverete qui la nostra recensione.
Se poi volete poi volete addentrarvi nelle differenze fra libro e lungometraggio, vi consigliamo di recuperarvi il nostro approfondimento a tema.
A cura di Marta Zoe Poretti
I Migliori Film del 2020 – Menzioni Speciali
I film protagonisti dell’anno che verrà
Come già abbiamo detto, gli eventi che hanno segnato quest’anno, non ci hanno consentito di vivere appieno la magia della sala. I rinvii, costanti e improvvisi, ovviamente soggetti al drammatico diffondersi del virus, non ci hanno consentito di godere di alcune opere ai Festival ma non in sala.
Nella nostra classifica dei Migliori Film del 2020, vogliamo dunque anche ricavarci un piccolo spazio per citare queste opere. Siamo sicuri, saranno grandi protagoniste del 2021. Tenetele d’occhio!
– Un Altro giro (Druk) di Thomas Vinterberg (Miglior Film Europeo EFA2020 – Festa del Cinema di Roma, ancora inedito). Presentato in anteprima al BFI – London Film Festival è arrivato in Italia grazie alla Festa del Cinema di Roma, il film di Vintenberg. Se volete avere una piccola anteprima di quello che ci aspetta, potrete trovare qui la conferenza stampa con il regista.
– Lovers Rock (Seconda Parte della serie antologica di film firmata da Steve McQueen per BBC One / Prossimamente su Amazon Prime Video “Small Axe”).
– Yummy (di Lars Damoiseaux, presentato in anteprima italiana al Trieste Science + Fiction Festival). Uno zombie movie veramente sorprendente, di cui potete leggere qui la nostra recensione in anteprima.
– Mortal (di André Ovredal, presentato in anteprima italiana al Trieste Science + Fiction Festival). Segnatevelo, perché questa singolare origin story sarà sicuramente in classifica il prossimo anno. Per approfondire, trovate qui la nostra recensione in anteprima.
Film italiani da ricordare
– Volevo Nascondermi di Giorgio Diritti e con un grande Elio Germano, vincitore del premio come miglior attore al Festival di Berlino 2020. Per approfondire, troverete qui la nostra recensione.
– I Predatori di Pietro Castellitto, presentato alla 77esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un esordio folgorante che potete approfondire attraverso la nostra recensione.
Siete d’accordo con la nostra classifica dei Migliori Film del 2020? Fateci sapere cosa ne pensate e continuate a seguirci su LaScimmiaPensa.com per altre classifiche e approfondimenti!