Shigeru Miyamoto: perché i giochi Nintendo non affrontano il dolore

I giochi Nintendo evitano di proposito di mostrare sofferenza: vi siete mai chiesti il perché?

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Credits: GameXplain / YouTube
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Parla Shigeru Miyamoto, storico nome di Nintendo da decenni

Non è un segreto che i giochi Nintendo, da sempre, cerchino in qualche modo di evitare le caratterizzazioni estremamente realistiche dei titoli Sony o Microsoft. Questo perché la casa giapponese si è sempre rivolta principalmente alle famiglie, ma ci sono anche altri motivi.

Ce li spiega Shigeru Miyamoto, storico deisigner e produttore, ideatore di due delle saghe videoludiche più importanti di sempre: quella di Super Mario e quella di Zelda. Proprio parlando di questi giochi, Miyamoto spiega come si è sempre posto nella trattazione di temi delicati non adatti a un pubblico meno “adulto”.

“I videogame sono un medium attivo. In questo senso, non richiedono emozioni complesse da parte del disegnatore. Sono i giocatori che prendono quello che diamo loro e rispondono a loro modo. Le emozioni complesse sono difficili da trattare nei media interattivi”.

“Con Nintendo, l’appeal dei nostri personaggi è quello di riunire le famiglie insieme. I nostri giochi sono disegnati per dare una sensazione di calore, tutti possono gustare il loro tempo giocando o guardando”. Si tratta quindi più di una scelta specifica che di una “inabilità” ad incanalare determinate emozioni nei giochi Nintendo.

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Anche se, pur non raggiungendo mai i livelli di un The Last of Us 2, parecchi titoli della console non si esimono del tutto dal mostrare sofferenza, tristezza, dolore. Non è il caso della saga di Super Mario, forse, ma già in diversi dei giochi di Zelda molti momenti commoventi e più per adulti che per bambini non mancano.

In ogni caso, il motivo per il quale Nintendo è competitiva sul mercato oggi come ieri è sempre quello: “Quando giocavo con mio nipote di recente, tutta la famiglia era attorno alla televisione. Io e lui eravamo concentrati su quello che succedeva sullo schermo, ma mia moglie e gli altri guardavano il bambino. Gustavano lui che si gustava il gioco“.

Fonte: The New Yorker

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