Paul McCartney non ha dubbi su che posizione tenere nella controversia sulle mascherine
Paul McCartney è reduce dalla pubblicazione del suo ultimo album, McCartney III, accolto con interesse e favore dai critici. Il disco è, come si può intuire dal titolo, il terzo di una trilogia: iniziata con McCartney, il suo primo album in assoluto, del 1970, proseguita con McCartney II nel 1980 e conclusasi oggi.
Anche se, bisogna dirlo, nessuno può escludere che non arrivino un giorno un McCartney IV, V, VI… naturalmente al Macca, oggi settantottenne, lo auguriamo. Nel frattempo, il leggendario musicista ha parlato un po’ del processo di realizzazione di questo ultimo lavoro.
E naturalmente nel farlo non ha potuto non riferirsi a ciò che tutti quanti stiamo vivendo, cioè la pandemia. Ha collegato il processo di creazione del disco al cosiddetto “rockdown”, cioè allo stop obbligatorio alla musica e alla necessità di lavorare da casa, con minori contatti possibili con altri.
“Quello che gli altri hanno fatto [in quarantena] è stato pulire i loro armadi, quindi questo è un po’ ciò che McCartney III è stato. Quali canzoni dell’ultimo anno ho iniziato e non ho mai finito? Diamoci un’occhiata, finiamole”. Anche il suo, quindi, si può considerare un “disco da quarantena”.
Come negli altri album intitolati McCartney, il musicista ha asserito di aver suonato tutti gli strumenti o quasi da solo; ovviamente, in questo caso c’è stata la necessità di non lavorare con altri per difendersi dal virus. “Non voglio trasmetterlo a nessuno e non voglio prenderlo” ha detto con semplicità il cantante.
Non si è risparmiato, poi, sui no-mask e sui negazionisti: “Quando la gente dice: ‘Indossare le mascherine viola le mie libertà civili’, io dico: ‘No, non ha senso’“. Una posizione ben distante da quella di altri colleghi, come Eric Clapton, Van Morrison, Ian Brown, Steven Morrissey e Noel Gallagher.