Rayman 2 non è solo il grande expolit nel platform di Ubisoft, ma anche uno dei migliori giochi del genere
Rayman: uno dei grandi protagonisti della quinta generazione di console e grande “outsider” rispetto alle mascotte dell’epoca: Mario, Sonic, Crash, Spyro. Lo strano personaggio, ideato da Michel Ancel nel 1995, è stato il portabandiera del successo di Ubisoft, ma anche uno degli esperimenti più bizzarri e riusciti del genere platform.
Inizia tutto appunto a metà anni ’90, quando la casa francese è ancora ben lontana dal concepire titoli superlativi quali i vari Assassin’s Creed, Far Cry e Watch Dogs. Esistendo come realtà minore, Ubisoft deve competere con un mercato già spietato e spesso dominato soprattutto da americani e giapponesi.
Ma è proprio Rayman a dargliene per primo l’opportunità. Il protagonista, una specie di essere senza braccia e gambe (ma con piedi e mani, separati dal corpo) è particolare, diverso dagli altri eroi videoludici dell’epoca. Così lo è anche il mondo in cui si muove, psichedelico e surreale. Ma ha subito successo.
Il primo gioco: Rayman, 1995
Non si può parlare di tutto quello che succede con Rayman se non si parla prima di questo titolo iniziale. Coloratissimo, fantasioso, con musiche incredibilmente riuscite, il gioco conquista un’intera generazione di gamer, quelli soprattutto non interessati a giochi “realistici” o a titoli per adulti.
La trama è fiabesca e fantasy: Mr. Dark, il villain di turno (già il nome tutto un programma) rapisce gli Electoons, esseri che decidono dell’equilibrio del mondo. Rayman li deve salvare, intraprendendo un lungo viaggi in mondi incredibili e indescrivibili, saltando e volando anche su pentagrammi, righelli giganti e torroni.
A questo titolo andrebbe dedicata una recensione a sé, ma basti dire che segue le regole del platform 2D dell’epoca: si salta, si attacca, si raccolgono oggetti, si cercano aree segrete, si giunge alla fine del percorso. Una struttura semplice ma accattivante, che segna nel suo piccolo la storia del platform.
1999: inizia la “grande fuga”
Passano alcuni anni. La Ubisoft si ingigantisce, dimostrandosi sempre più in grado di competere sul mercato estero sviluppando titoli per le console di punta, quali PlayStation e Nintendo 64. Si decide quindi di riprendere in mano Rayman per un secondo gioco, ma in una veste del tutto nuova.
Rayman 2: The Great Escape è irriconoscibile rispetto al precedente. Innanzitutto, ora non siamo più nel 2D, ma nel 3D. Secondo poi, le atsmofere colorate e cartoonistiche del primo gioco cedono il passo a un’ambientazione sempre surreale ma a tratti dark, cupa e opprimente, seppur ancora molto fantasiosa.
Rayman si muove in ambienti molto più realistici: non c’è più il “mondo della musica”, ma poco male perché l’ambizione della realizzazione di un gioco che sia per ragazzi ma comunque “serio” passa anche da qui. Sono anni nei quali in questo senso ancora si sperimenta molto e non ci sono confini definiti come oggi.
Rayman 2 riprende felicemente alcune dinamiche del primo gioco, come la necessità di combattere i nemici con i pugni (che qui diventano sfere di energia) o la possibilità di appendersi a degli anelli. Tutta una serie di nuovi comandi, naturalmente, sono studiati per creare parecchie possibilità di interazione con l’ambiente e i NPCs.
Oltre alla scenografia, all’aggiunta di diversi comprimari e alla mirata ricostruzione di precisi paesaggi, la componente più riuscita del gioco è sicuramente quella musicale. Spaziando dalla classica alla techno, le musiche infondono importanza e memorabilità ad ogni singolo momento di gioco.
Rayman 2 prevede elementi platform, action, puzzle e TPS, ma ci sono anche gare a tempo, corse a cavallo di piccoli razzi, intere aree da esplorare a nuoto o volando sfruttando i capelli del personaggio come “elicottero”. Fin dai primi livelli Rayman 2 si svela come un gioco ben più eclettico di quando ci si potrebbe aspettare.
Pirati robot, lum magici e maschere nascoste
In Rayman 2 il mondo dei protagonisti viene invaso da una masnada di malvagi pirati robotici guidati dal perfido ammiraglio Razorbeard. All’inizio, Rayman e il fidato amico Globox (classica spalla comica) debbono fuggire da una nave prigione nella quale sono rinchiusi. Da lì, inizierà un movimento di resistenza.
Per sconfiggere Razorbeard, Rayman dovrà viaggiare tra paludi, luoghi sperduti e spesso terrificanti e santuari abbandonati, per recuperare le quattro maschere in grado di risvegliare Polokus, lo spirito del mondo. Nel fare questo dovrà anche recuperare 1000 lum, in sostanza un’altra versione degli Electoons del primo gioco.
Pur mantenendo l’idea del platform come base, Rayman 2 si sposta molto verso il gioco d’avventura, prevedendo elementi d’esplorazione che lo associano alla serie di Tomb Raider così come un riuscito sistema di combattimento che non lo allontana troppo da un regolare TPS. Ma è solo l’inizio.
Ragni giganti, fate nascoste e spiriti antichi
Rayman 2 gioca moltissimo su componenti diverse, che ne caratterizzano l’atmosfera unica. Temi esoterici che rimandano a miti e leggende si uniscono ad ambientazioni horror e a derive steampunk, creando un insieme coeso e unico. Dalla lotta contro i pirati alle prove puzzle game dei santuari, l’esperienza di gioco è più che mai varia.
La missione di Rayman procede attraverso regolari “livelli” e così fa, di pari passo, la storia. Ma a quel punto, nel 1999, nel mondo platform non si è mai visto un gioco tanto coerente e preciso nel costruire un universo e il percorso di un personaggio. Il mondo di Rayman qui è davvero grottesco e lo è, in qualche modo, sempre.
I ragni giganti che l’eroe deve affrontare sono solo la punta di diamante di una serie di esperienze che lo conducono in luoghi terribili, da antiche tombe a presidi pirata. Il tutto senza mai scordare la caratterizzazione lugubre di ogni singola area o di ogni singolo nemico. Potrà essere un platform, insomma, ma non ne ha per niente l’aria.
Un esempio eclatante: La caverna dei brutti sogni
Se si dovesse spiegare perché Rayman 2 è così eccezionale, basterebbe mostrare un gameplay di questo livello. La caverna dei brutti sogni è un luogo che sembra letteralmente uscito da un incubo. Più di tutti gli altri livelli, questo ambiente è ciò che stupisce profondamente i gamer dell’epoca.
Rayman vi si deve recare per recuperare un “elisir della vita” allo scopo di curare l’amico ferito Clark. Dopo innumerevoli sforzi, giunge di fronte all’orribile “guardiano” della caverna, che cerca di ucciderlo letteralmente inseguendolo su di uno scivolo muschioso e “mangiandolo”.
Dopo averlo sconfitto, il guardiano offre a Rayman un immenso tesoro, ma l’eroe buono scarta qualunque ricompensa asserendo di essere giunto fin lì solo per aiutare un amico. Un messaggio oggi forse un po’ banale, ma che in una scena del genere, per un platform dell’epoca, è più o meno rivoluzionario.
Da Rayman 2 non si torna indietro
Completando il gioco al 100% si può accedere ad un livello bonus, che mostra una fase precedente dello sviuppo del gioco, ancora in 2D e chiaramente “sovrapposta” alle strutture del precedente. Da lì, si sono fatti ovviamente dei passi da gigante. E altri ancora se ne faranno.
Rayman 3, il seguito del 2003, sarà ancora più ambizioso, anche se perderà tutta “l’oscurità” tipica degli anni ’90. Ma va bene così perché è proprio Rayman 2 a stabilire (soprattutto nella versione Nintendo 64, ben più completa e curata) lo standard qualitativo del platform per diversi anni.
Un prodotto che, date le sue varie componenti e l’interazione fluida tra di esse, si può dire ancora oggi davvero originale, alternativo e per certi versi “ground-breaking”. Tutti i giochi platform a cavallo dei due millenni dovranno, in qualche modo, confrontarsi con questo piccolo gioiello. E il mondo videoludico ne trarrà immenso beneficio.