“Ho visto il Film!”, Storie di Libri al Cinema | Lolita, o dell’ossessione
Libri al Cinema: Lolita. Il capolavoro di Vladimir Nabokov ha affascinato da sempre la settima arte ed è protagonista della seconda puntata della nostra rubrica
Sui titoli di coda del film, penso che sia stata una gran cosa che la moglie di Vladimir Nabokov sia riuscita a sottrarre dalle fiamme il manoscritto originale di Lolita. Che perdita disastrosa sarebbe stata se il fuoco avesse arso i nomi di Humbert e Lo, di quale incipit incredibile non avremmo potuto godere nella storia della letteratura?
E non avremmo avuto il volto esterrefatto dell’iconico Jeremy Irons, che di Humbert Humbert ha preso le sembianze in un film-capolavoro, uno di quei pochi — nella letteratura delle trasposizioni cinematografiche — che forse rende davvero giustizia al romanzo.
Lolita: da Nabokov al Cinema
Rifiutato da ben quattro editori americani, il racconto di Lolita destò scalpore alla sua pubblicazione nel 1955. Cosa potrebbe sembrare la storia di una ragazzina amata da un uomo più grande se non la scabrosa vicenda di un pedofilo ossessionato dalle ninfette (come le chiama Nabokov)? Eppure.
Eppure è abbastanza chiaro che non bisogna cadere nell’errore di un giudizio superficiale di una lettura aerea che non si ravvede delle radici che lo scrittore russo porta alla luce. Questa storia è una presa di posizione nei confronti dello stile letterario, della complessità degli esseri umani, trafitti dal dolore ossessivo dell’amore. Quello di Humbert non è solo il malessere furioso dell’amante, accecato dalla morbosità di un eros malato, ma anche del padre che viene scalzato nella sua figura di essere supremo, estremo giudice di tutte le cose, misura delle vite altrui. Lolita, e l’ossessione del protagonista per la giovane, è conseguenza di una mancanza, quella raccontata a inizio libro e film, causata dalla morte della prima amante di Humbert.
Ecco la radice suprema del dolore: la perdita. Basterebbe soltanto questo archetipo narrativo per comprendere la scrittura di questo Nabokov, del narratore voluttuoso e non volgare, dell’architetto baroccheggiante in grado di gestire con arguzia una trama semplicemente perfetta nei suoi pieni e vuoti, nelle scene silenziose come quelle urlate e violente.
Il film di Adrian Lyne(senza dimenticare Kubrick)
E il film? Il lungometraggio del 1997, diretto da Adrian Lyne e corredato dalle musiche del maestro Morricone, mostra un plot di tensione, in cui il climax narrativo viene continuamente abbellito dai primissimi piani sui dettagli dei corpi, sulle labbra di Lo, sugli sguardi erotici e stupefatti di Humbert.
Il film esalta il libro, lo spoglia della descrizione tediosa dei territori americani (seppur necessaria) di cui Nabokov si serve per descrivere i viaggi dei due protagonisti in giro per gli Stati Uniti d’America. Lyne è conciso e diretto, perché ciò che ci interessa di questa storia è il dolore vivo dell’essere umano quando ha urgenza d’esser visto, compreso e accettato, senza alcun giudizio di sorta.
E Stanley Kubrick?
Il bianco e nero su pellicola del 1962 nasce dalla penna dello stesso scrittore russo, che ne scrisse la sceneggiatura. Fu Kubricka mettersi sui passi di Vladimir nel 1959, quando propose allo scrittore di scrivere la sceneggiatura del futuro film basato sul suo romanzo, avendone acquistato, insieme a James B. Harris, il diritti cinematografici. Nabokov fu anche coinvolto nella scelta del cast della trasposizione di Kubrick, consegnando al futuro il volto della prima Lolita cinematografica della storia, ovvero quello di Sue Lyon.
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