Adriano Celentano – Prisencolinensinainciusol: significato della canzone

Indaghiamo il senso del più famoso testo/non-testo della musica italiana, scaturito dalla fantasia irrefrenabile di Adriano Celentano

Adriano Celentano
Credits: indignata1987 / YouTube
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Inoltriamoci nel testo più criptico e chiacchierato mai sfornato da Adriano Celentano

Prisencolinensinainciusol: cosa significa? Una domanda che tutti quanti si pongono, fan di Adriano Celentano e non, dal 1972. E che non ha ancora trovato una risposta definitiva, perché a quanto pare una risposta non c’è. Il mitico singolo è sempre stato al centro dell’attenzione di critici e musicologi anche per questa ragione.

Andiamo con ordine. All’inizio degli anni ’70 Celentano emerge da una decade di grandi successi, che lo hanno visto imporsi come grande figura della musica pop italiana. Emancipato sia dal circuito dei cantautori che dalla scena degli sperimentatori prog, il cantante si pone come figura profondamente rock, nel senso più stretto.

Quasi sempre a lui, infatti, viene attribuita l’introduzione e la popolarizzazione in Italia del genere, anche se le sue musiche, come sappiamo, spaziano volentieri dal folk al soul per includere molti altri stili. Il suo è in ogni caso un rock sempre popolare, come dimostrano canzone quali Il ragazzo della Via Gluck.

Celentano propone una musica per tutti, che lo rende un personaggio popolarissimo ma anche inviso agli ambienti dei “capelloni”, che gli imputano di non sposare cause e di proporre canzoni fin troppo innocue e apolitiche. Ma a lui importa poco: parla di crisi d’amore e dilemmi quotidiani, conquistando tutti.

Adriano Celentano ne La Dolce Vita di Federico Fellini, 1960

L’interprete del pop moderno in Italia

Gli anni ’60 sono anni di grande trasformazione per la musica italiana, un contesto nel quale Celentano si pone come interprete fondamentale, nonché “traduttore”, di molto di ciò che viene dall’estero. In questo, va molto più in là di molti colleghi cantautori “impegnati”.

All’inizio degli anni ’70 si fa notare per brani e canzoni particolarmente impegnati, da tematiche ambientaliste ed ecologiste a commenti sociali e politici. Il suo disco I mali del secolo, del 1972, dice tutto al riguardo già dal titolo. Sembrano passati i giorni spensierati de La coppia più bella del mondo e Chi non lavora, non fa l’amore.

Tutto cambia bruscamente quando all’improvviso, il 2 novembre 1972, il molleggiato pubblica appunto Prisencolinensinainciusol, in un quarantacinque giri che include la canzone Disc Jockey come lato b. Il successo è immediato, ma non in Italia: bensì negli Stati Uniti, dove il brano entra in classifica alla posizione numero settanta.

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Il singolo ottiene un buon successo internazionale, piazzandosi in classifica anche in Belgio, nei Paesi Bassi, in Francia e in Germania. La popolarità è dovuta senza dubbio al sound azzeccato d’ispirazione alla James Brown e, soprattutto, alla natura “poliglotta” del testo. Quello stesso testo su cui tutti ancora si interrogano.

Adriano Celentano – Prisencolinensinainciusol, 1972

Il significato del testo

Vediamo di capirci qualcosa: il testo è formato da parole volutamente nonsense, descritte come un grammelot (lingua formata da suoni confusi) con svariate tracce di inglese “maccheronico”. Ossia, quell’interpretazione propria di Celentano dei testi anglofoni, riproposti con pronuncia approssimata ma stile ineguagliabile.

Così è come, per inciso, il rock arriva da noi all’inizio: lo si può vedere nella scena de La Dolce Vita qui sopra, nella quale Celentano interpreta un pezzo rock d’oltreoceano a stento riconoscibile. Da lì si giunge, dieci anni dopo e poco più, alla liberissima interpretazione di Prisencolinensinainciusol.

La natura inizialmente anglofona del testo emerge infatti nell’unico verso riconoscibile, ripetuto di tanto in tanto: “All right”. Il resto è solo un mucchio di suoni che il cantante, abilmente, stende con precisione su un ritmo memorabile e che coinvolge subito tutti quanti.

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Ma no, un senso vero e proprio non c’è. Celentano parla di una “ribellione dalle convenzioni, anche musicali”. Una sorta di esperimento neo-dada, quindi, che vuole abbattere le barriere linguistiche per sfogarsi in un inno all’assurdo e all’incomprensibile, elementi che lo rendono paradossalmente universale.

Jovanotti – Gimme Five, 1988

La nascita del rap italiano?

Facciamo un salto a qualche anno dopo, giungendo negli anni ’90. Sono passate due decadi e il panorama musicale del paese si è trasformato ancora, arrivando ad includere ogni forma di suono pop dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. Ci sono punk, metal, elettronica e, naturalmente, rap.

Proprio quest’ultimo, genere in forte crescita in quel decennio, è lo stile che Celentano sostiene, col senno di poi, di aver inventato ed anticipato con la sua performance di Prisencolinensinainciusol. Chiaro che non si riferisce tanto all’ispirazione stilistica, quanto alla tecnica stessa del “rapping”.

L’hip-hop italiano anni ’90 ha, di fatto, poco a che vedere con quel vecchio successo di Celentano. Il panorama è dominato dalle posse, politicizzate e aggressive, da produzioni underground di artisti che emergeranno solo un decennio più tardi, e da pochi nomi di successo come quello degli Articolo 31.

C’è però un artista che, almeno all’inizio, sembra in effetti subire la chiara influenza di Prisencolinensinainciusol. Si tratta di Lorenzo Jovanotti: il suo primo singolo, Gimme Five, strizza l’occhio all’hip-hop disimpegnato americano, con basi funky alla James Brown e un flow libero e spensierato. C’è tutto Celentano dentro? Il confronto non è così assurdo.

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