I due papi: la Recensione del film Netflix candidato agli Oscar

Tra gli outsider in corsa per gli Oscar 2019 ci sono anche I due papi. Nella parte di Ratzinger e Bergoglio, Anthony Hopkins e Jonathan Pryce non potevano che essere stupefacenti. Ma la vera sorpresa è lo script di Anthony McCarten, candidato come Migliore Sceneggiatura non originale.

I due papi
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Ratzinger: “E dove troviamo la verità se si muove di continuo?”
Bergoglio: “In movimento.”

Tra le novità più inaspettate e sferzanti di Gennaio 2020 c’è senza subbio The New Pope: la seconda stagione della serie che Paolo Sorrentino ha dedicato a quel bizzarro universo parallelo comunemente detto Città del Vaticano. Ma se la serie di Sorrentino è oltremodo provocatoria, quasi ipnotica nel suo assetto allegorico e allusivo, c’è un altro titolo che sfida ogni sorta di tabù, per rappresentare Joseph Ratzinger e Francisco Bergoglio nella loro disarmante umanità. Parliamo naturalmente de I due papi: il film diretto da Fernando Mirelles, che resta tra le proposte più interessanti nell’attuale offerta Netflix.

I due papi

Oltre l’aura dell’infallibilità papale, oltre il sistema complesso di tradizioni e rituali, I due papi si presenta così come una dramedy eclettica, immune da ogni retorica. Il suo realismo ironico e struggente ha già conquistato 3 nomination agli Oscar: Miglior Attore, Miglior Attore non protagonista, Miglior Sceneggiatura non originale.

I due papi ambisce a varcare un’intera serie di limiti consacrati, apparentemente invalicabili: l’aula del concilio vaticano, la stanza delle lacrime, la Cappella Sistina e perfino la tenuta di Castel Gandolfo, ovvero la più importante tra le Ville Pontificie, delegata a residenza papale nei periodi d’estate e di vacanza. E sarà proprio nella dimensione privata di Castel Gandolfo che I due papi racconta quell’incontro che ha cambiato la Storia.

Ovviamente, nessuno tranne Ratzinger e Bergoglio sa cosa sia effettivamente accaduto in quelle ore. Quali parole abbiano innescato quel cambiamento esplosivo, che si rivelerà come un passaggio cruciale per l’intero mondo cattolico.

Eppure, sappiamo che nel 2012 Papa Benedetto XVI ha invitato ufficialmente quell’uomo che, sulla carta, figurava come il suo critico più radicale. E poco dopo, ha annunciato quella che sembrava una scelta senza precedenti: rassegnare le dimissioni e riconfigurare il suo ruolo come Papa emerito, consapevole che Francisco Bergoglio sarebbe stato eletto per il soglio pontificio.

I due papi è un film illuminato da una serie di coincidenze anomale, forse irripetibili. Prima fra tutte: Ratzinger e Bergoglio avevano dei doppelganger, alter-ego dalla somiglianza quasi perfetta. E la sorte ha voluto che questi due stunt-double fossero tra i più grandi attori viventi, Anthony Hopkins e Jonathan Pryce.

La sola presenza, il carisma di questi due titani avrebbe prodotto automaticamente un film di rilievo. Ma è qui che finisce il banale favore della sorte, e subentra il lavoro di un grande team di professionisti, che non è rimasto immobile, folgorato dalla trasfigurazione.

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Da un lato, Anthony Hopkins e Jonathan Pryce hanno raccolto la sfida lavorando a un processo di mimesi destinato a fare scuola. Dall’accento alle sfumature della voce, dalla postura al gesto infinitesimale, Hopkins e Pryce non potevano che essere candidati all’Oscar come Ratzinger e Bergoglio.

Gli autori, così come la produzione, potevano tranquillamente vivere di luce riflessa, limitandosi a costruire una cornice in grado di esaltare queste incredibili performance attorniali. Ma al contrario, il regista Fernando Meireilles e lo sceneggiatore Anthony McCarten, data la disponibilità di una tale coppia di attori, hanno saputo costruire un film coraggioso, che moltiplica i piani del racconto, mentre convince su un duplice registro.

Irriverente e ironico, il film di Fernando Meirelles conserva realismo e mordente anche sul versante drammatico. La direzione dell’opera è chiara: immaginare cosa sia accaduto tra Ratzinger e Bergoglio. Ricostruire una parabola che inizia con due estranei, apparentemente agli antipodi, e finisce con due vecchi amici che guardano i Mondiali sul divano.

Quell’immagine esiste realmente. Appartiene alla finale dei mondiali del 2014, che vedeva fatalmente opporsi proprio Argentina e Germania. Dal lato della tifoseria tedesca, sul divano siede l’ormai Papa Emerito Ratzinger, che indossa ancora la tonaca bianca, un sacrale piumino dalle candide impunture. Per l’Argentina c’è invece Bergoglio, o meglio Papa Francesco, provvisto di sciarpa e della sua proverbiale disinvoltura.

Nella sceneggiatura di Anthony McCarten quell’immagine simbolica, composta di abiti, finimenti e personalità così diverse e distanti, riflette una visione della Chiesa diametralmente opposta, che ritrova unità nell’incontro di due esseri umani.

In principio non sono che le famigerate scarpe rosse di Ratzinger, confezionate dagli artigiani di Prada, contro le scarpe logore di Bergoglio, indossate come una dichiarazione d’accusa alla derive del potere, la decadenza dei vescovi e del Vaticano. Ma il film immagina che i due cardinali s’incontrino all’apice delle rispettive crisi spirituali.

È il 2012 quando Bergoglio si rivolge al Papa per dimettersi e tornare un semplice curato di campagna. Con immensa sorpresa, scoprirà che Benedetto XVI intende avvalersi di un’opzione in disuso dal lontano 1294. Ovvero, da quando Celestino V scelse di rinunciare al soglio pontificio. La normalità consolidata dalla Storia era che il papa restasse tale fino alla morte. Eppure, la via d’uscita dal labirinto esiste, e passerà attraverso la condivisione del tempo, delle piccole attività quotidiane.

Sono evidentemente due uomini, i protagonisti de I due papi. La fitta rete dei loro scambi di battute tesse una trama d’impianto smaccatamente teologico. Ma per conciliare due visioni tanto irriducibili, servirà una scintilla d’affetto, e della più sofferta comprensione umana.

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Mutazione e cambiamento, relativismo e dogma, espiazione, perdono e colpa. Anthony McCarten ha sviluppato lo script come una riflessione filosofica a due voci, prima in forma teatrale. Poi, dopo il successo di The Pope nel 2017, ha iniziato a lavorare a questa versione cinematografica: un magnifico conflitto dialettico, che non trova sintesi se non nella dolcezza umana.

Per altro, McCarten ha già incontrato controversie e successo internazionale come sceneggiatore de La teoria del tutto, L’ora più buia e Bohemian Rhapsody. Non sappiamo se per gli Oscar 2020 abbia effettivamente delle chance, già che tra i competitor troviamo la sceneggiatura di The Irishman, del Joker, l’adattamento di Piccole Donne e il grande outsider Jojo Rabbit.

Certo, il film convince grazie a una struttura e un sistema di dialoghi impeccabili, trova in Anthony Hopkins e Jonathan Pryce dei protagonisti d’elezione, e chiude il cerchio grazie a Fernando Meirelles, in grado d’imporsi come un grande direttore d’orchestra.

La vera forza del film è rompere gli schemi dello script e perfino della classica “interpretazione da Oscar”. Il regista ha saputo imprimere un punto di vista personale, insolito e volitivo anche in un’opera essenzialmente incentrata sul messaggio. La forma non è convenzionale né prevedibile. Al contrario, Fernando Meirelles affida alla colonna sonora i passaggi più provocatori, sottili e dirompenti del film.

Un esempio su tutti? Quando I due papi raggiungeranno in elicottero il Vaticano, saranno accompagnati dal più imprevedibile contrappunto musicale. Una variazione che non solo ha le parole e il suono del canto partigiano, Bella Ciao. Ma una Bella Ciao accompagnata da un certo coro femminile: chiara citazione della colonna sonora di The Opening of Misty Beethoven (1976), insuperato classico del porno d’autore.

E così Jonathan Pryce, ovvero il Don Chisciotte di Terry Gilliam, nonché l’Alto Passero de Il Trono di Spade, ha completato la naturale trasformazione in Papa Francesco. Così come Ratzinger, nonostante l’innegabile somiglianza con Palpatine, ha scampato il lato oscuro di Star Wars e trovato gli occhi stanchi e gentili di Sir Anthony Hopkins.

Se pure i nostri eroi non vinceranno la corsa all’Oscar, non possiamo che consigliarvi di passare da Netflix e concedere una chance a I due papi. Per tutti gli aggiornamenti, continuate a seguirci su LaScimmiaPensa.Com!